Vincitore del Grolsch Global People’s Choice Award al Toronto International Film Festival, Jojo Rabbit è la creazione più recente del regista Taika Waititi, che tra l’altro ha un ruolo nel film stesso.
La pellicola, che trae ispirazione dal libro Caging Skies di Christine Leunens, è una commedia nera ambientata nell’ultimo periodo della Seconda Guerra mondiale.
La prospettiva è quella del protagonista Jojo Betzler, un bambino cresciuto nella Germania nazista del ’45 educato al tipico rigorismo di stampo nazionalsocialista che non lasciava scampo nemmeno ai più giovani. Jojo ha un amico immaginario con il quale intrattiene spesso conversazioni; l’identità di quest’ultimo è peculiare, dal momento che si tratta di Hitler – interpretato da Taika Waititi –. Specialmente all’inizio, Hitler è una sorta di motivatore personale per Jojo; lo supporta anche in un momento dove il bambino è preso in giro da alcuni soldati nazisti per essersi rifiutato di uccidere un coniglio (da qui il soprannome “Rabbit”). Se gli altri danno a Jojo del codardo per non essere riuscito a disfarsi della bestia, il Führer gli consiglia di essere proprio come il coniglio: agile, coraggioso e forte.
“I’ll let you in on a little secret. The rabbit is no coward. The humble little bunny faces a dangerous world everyday, hunting carrots for his family, for his country. My empire will be full of all animals, lions, giraffes, zebras, rhinoceroses, octopuses, rhineoctopuses, even the mighty rabbit.”
Jojo cova una vera e propria adulazione nei confronti di Hitler. Quando una granata gli esplode di fianco e gli lascia una cicatrice sul viso, la sua prima preoccupazione è quella di non riuscire a diventare la guardia personale del capo nazista. Un’altra persona che Jojo venera è suo padre, che non compare mai dal momento che è impegnato in Italia per la guerra. Il bambino lo difende a spada tratta quando gli altri nazisti danno al suo genitore del codardo per essere sparito in un altro paese e non aver dato più notizie, dandogli del disertore.
ATTENZIONE SPOILER per Jojo Rabbit!
La situazione generale viene scombussolata dal ritrovamento di Elsa, ragazzina ebrea, da parte di Jojo. La giovane è nascosta dalla madre di Jojo in casa loro, al fine di evitarle la cattura.
Tornando a casa un giorno qualsiasi, Jojo si accorge di un listello di legno fuori posto su un muro; dopo aver preso il proprio coltello per rimuovere il pezzo rotto ed entrare all’interno della parete, si spaventa alla vista del “fantasma”, come chiamerà più volte Elsa nel corso della storia. Jojo apprende da subito lo status di ebrea della ragazzina e tra i due, almeno inizialmente, non c’è simpatia reciproca. Dopo essere venuto a conoscenza da alcuni soldati nazisti la barbarie della pena spettante a chi nasconde un ebreo, Jojo capisce l’importanza di imboscare Elsa anche per il bene di sua madre che sta, per l’appunto, proteggendo la ragazzina dai nazisti proprio in casa loro. Il fervore nazionalista di Jojo non proviene dunque da Rosie – la mamma –. Quest’ultima dichiara di amare il suo paese, tanto da desiderare la fine della guerra. Un amore per la propria patria diametralmente opposto a quello malsano e totalizzante dei nazisti; un amore che comprende quanto il genocidio ebreo non abbia nulla a che fare con la fierezza di essere tedeschi.
Pian piano si crea un rapporto di amicizia tra Elsa e Jojo. Elsa vede la vera essenza di quest’ultimo; capisce che lui non è uno di loro. Certamente punta ad esserlo, ma più per spirito d’emulazione che per reale adesione all’ideale nazionalista. Il peggio per Elsa viene sfiorato, poi, quando alcuni agenti della Gestapo eseguono un’ispezione di routine, bussando anche a casa Betzler. La giovane è da subito sospetta, in particolare perché ha con sé il coltello appartenente a Jojo. La tensione sale in particolar modo quando lei mostra la propria carta d’identità ai poliziotti, per poi stemperarsi quando si accorgono che il documento è in regola e nuovamente risalire quando scoprono un libricino di disegni fatti da Elsa che ritraggono degli abbozzi riguardanti gli ebrei. Nonostante i vari pericoli, Elsa riesce a farla franca. La stessa cosa non avviene però per la povera Rosie che, rea di aver nascosto in casa proprio un’ebrea, viene impiccata pubblicamente. Jojo apprende la morte della madre in una maniera brutale, proprio nel momento in cui vede il suo corpo penzolante in una piazza. Inutile dire che il bambino soffre terribilmente per la morte della sua mamma che, soprattutto in assenza del padre, rappresentava il suo unico punto di riferimento.
Jojo Rabbit si conclude con la fine della guerra e la sconfitta della Germania, eventi che portano automaticamente alla libertà di Elsa. In tutto ciò Jojo abbandona il suo amico immaginario, che lo rimprovera di aver distolto l’attenzione da lui e dal nazismo a causa di Elsa. Con un “Fuck off, Hitler”, Jojo tira un calcio alla figura fittizia del Führer e lo lancia fuori dalla finestra – e, metaforicamente, anche dai suoi pensieri.
Jojo Rabbit: punti di forza
Una rivisitazione in chiave ironica di un fatto cruento come la Seconda Guerra mondiale è funzionale a diversi elementi, partendo dalla messa in evidenza del servilismo patetico dei gerarchi nazisti e della ridicolezza delle mentalità omologate, figlie del nazionalismo. Jojo è il tipico esempio di innocenza infantile bisognoso di una guida, sventurato abbastanza da nascere in un luogo e in un’epoca che non gli lasciano altra scelta che obbedire agli ordini assurdi dell’autorità più disfunzionale possibile.
Tramite battute spiritose e personalità caricaturali, la gioventù hitleriana e coloro che la capitanarono sono immaginati e riprodotti da Waititi in una vena comica che però non è totalizzante; diversi sono gli elementi macabri, a partire dal contesto stesso in cui si svolge l’intera storia. Un mix rischioso e non troppo convenzionale che andrebbe tentato solo da mani abbastanza esperte; nel caso di Jojo Rabbit, non si può dire che Waititi non abbia sapientemente centrato l’obiettivo.
Jojo Rabbit sarà nelle sale italiane dal 23 Gennaio
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