La donna alla finestra è il nuovo film Netflix con una straordinaria interpretazione di Amy Adams che rende godibile l’opera, nonostante l’esecuzione banalizza una trama che, tutto sommato, poteva essere interessante, ma non basta.
La donna alla finestra è un adattamento cinematografico del best seller del 2018 di Daniel Mallory – A.J. Finn. Un’opera chiassosa, a tratti snervante, salvata solo da un cast che ha avuto il merito di rendere gradevole un film i cui colpi di scena sembrano più ridicoli che credibili. Nonostante gli sforzi, il regista Joe Wright non è riuscito a dare peso e sostanza ad una trama che aveva tutte le carte in regola per essere un ottimo thriller.
La storia segue le vicende di Anna Fox (Amy Adams), una psicologa che soffre di agorafobia acuta e ansia cronica a causa di un trauma che ha subito dieci mesi prima e che sarà svelato nelle sequenze successive. La paura dei luoghi esterni hanno portato la donna a rinchiudersi all’interno delle mura di casa situata in uno dei quartieri storici di Harlem, a curare il suo disturbo con pillole e calici di vino rosso e a spiare, ossessionatamene, i suoi vicini di casa.
Il suo psichiatra (Tracy Letts che firma la sceneggiatura), conscio del disagio di Anna, le fa delle visite a domicilio, mentre il marito Ed (Anthony Mackie) è separato da lei e ha la custodia della figlia, Olivia (Mariah Bozeman). Tuttavia, in pochissimo tempo, la solitudine della donna viene interrotta dall’arrivo di alcune persone che, in un modo o nell’altro, sono legate a lei. Tra tutti ci sono il suo inquilino al piano di sotto (Wyatt Russell) e i membri della famiglia appena trasferita dall’altra parte della strada.
Presto, infatti, la quotidianità di Anna viene sconvolta dall’arrivo di Ethan (Fred Hechinger), il travagliato figlio adolescente della coppia di fronte: una donna (Julianne Moore), che le viene in suo soccorso dopo un attacco di panico, e il patriarca della famiglia Alistair (Gary Oldman). La convinzione di aver assistito ad un omicidio, spingono i detective (Brian Tyree Henry e Jeanine Serralles) a recarsi a casa di Anna per scoprire che cosa ha davvero visto la notte in cui ha chiamato la polizia.
La donna alla finestra prova ad omaggiare uno dei più grandi registi del cinema mondiale, ma invece che richiamare Hitchcock, sembra più uno scopiazzamento uscito male.
La regia di Joe Wright è confusionaria, svalorizzando quasi del tutto la sceneggiatura ad opera di Tracy Oldman. L’unico elemento davvero thriller e inquietante ci viene regalata dalla colonna sonora di Danny Elfman, lavorata in maniera impeccabile. Anche la scenografia è niente male: la casa in cui è ambientato il film rende l’idea claustrofobica, poi ottima la scelta scegliere vecchi film da trasmettere alla TV di Anna, richiamando una quotidianità apparente. Meravigliosa anche la fotografia, dove le stanze palleggiano tra il rosa acceso e il blu gelido, riflettendo lo status emotivo di Anna.
Ma il vero punto forte di La donna dietro la finestra è rappresentato dal cast che, diciamocela tutta, è l’unica cosa buona del film che si fa guardare solo per una performance stoica di Amy Adams che porta sulle spalle l’intera opera e che rimane al centro della scena per tutta la durata del film. Sensazionale nelle sue scene da sola, dove a parlare sono i suoi passi trascinati, i movimenti goffi e la scelta di un abbigliamento trasandato, con camicie oversize per nascondere un malessere non solo mentale, ma anche fisico.
La cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa è il fatto di avere a che fare con dei professionisti del mestiere. Insomma, stiamo parlando di Joe Wright e Tracy Oldman, mica due qualunque. E invece mi ritrovo davanti un’opera inerte, senza idee.
Eppure la trama ha tutte le caratteristiche che servono per essere un ottimo thriller intricato e accattivante, uno di quelli che incollano allo schermo dal primo all’ultimo minuto:
Abbiamo una donna in difficoltà, intrappolata all’interno della sua casa per una ragione ben specifica, ha bisogna di aiuto costante perché sta perdendo lucidità e il controllo della realtà. Ma nonostante questo, guardiamo gli eventi attraverso i suoi occhi, i suoi pensieri, le sue paure. E ci fidiamo di lei.
Alla fine della fiera, La donna alla finestra ti lascia l’amaro in bocca per quello che poteva essere, ma non è stato. Un thriller che banalizza il genere, una storia stravagante dove nemmeno un’ottima squadra – tra attori e staff – è riuscita a capire l’oro che avevano tra le mani, ma che non sono stati in grado di sfruttare.
In fondo, ma proprio in fondo, La donna alla finestra è uno specchio della (non) realtà che stiamo vivendo: un intrattenimento domestico nell’era della pandemia che non riesce a coinvolgere più di tanto.
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