Saudade, il documentario di Pietro Falcone | Recensione

| |

Presentato in concorso al FESCAAAL – Festival del Cinema Africano, Asia e America Latina di Milano, nella sezione EXTR’A, Saudade è l’opera prima Pietro Falcone, un documentario che parla di vita, straordinaria e imprevedibile. Prodotto da IFA Scuola di Cinema nell’ambito del progetto IFA Glocal Film, il giovane regista ha raccontato una storia d’amore nella sua forma più umana e irrazionale, quella che muove e sconvolge ogni cosa.

Saudade, il documentario di Pietro Falcone | Recensione

Quanti sono i film che raccontano il meraviglioso e contraddittorio rapporto tra genitori e figli? I registi di tutto il mondo sentono da sempre l’urgenza di parlarne, la voglia di indagarlo e il bisogno di raccontarlo, affrontando e scandagliando via via momenti di vita emblematici e irripetibili. Saudade non fa eccezione, un viaggio emotivo e privato tra passato e presento, in cui il regista ha voluto portare sul grande una storia personale.

Un racconto diviso in quattro parti 

Saudade è l’emblema dell’anima portoghese, una “parola intraducibile”, un sentimento complesso che unisce malinconia, nostalgia e speranza. Saudade è la presenza dell’assenza, è un misto di gioia e dolore. Ed è proprio questo il riassunto della storia di Nilde, capace di amare senza limiti, di resistere e rinascere col tempo.

L’incontro più bello è il titolo della prima parte: le immagini ci accompagnano tra le bellezze naturali del Brasile, dove una giovane Nilde incontra e s’innamora di Marco, un ragazzo italiano. È per lui che, a soli vent’anni, decide di lasciare la sua famiglia e trasferirsi in Italia. Fragile solo in apparenza, Nilde diventa una sorta di eroina in grado di prendere in mano la propria vita e ricominciare da capo, tra nuovi inizi e quella nostalgia di casa che prende irrimediabilmente il sopravvento.

Saudade, il documentario di Pietro Falcone | Recensione

È proprio Casa il titolo che Falcone sceglie per il secondo capitolo del documentario, in cui riaffiorano non solo i ricordi, ma anche la necessità d’indipendenza economica: Nilde non lavora, è rimasta a casa a prendersi cura di nonna Esterina, la madre anziana di Marco, dove la quotidianità assume la forma infinita di giorni soffocanti, spesso uguali tra loro. La “saudade” è presente nelle conversazioni, negli stati d’animo e nella colonna sonora.

Il terzo e quarto capitolo del documentario sono una sorta di collante tra ieri, oggi e domani: Ti ricordi e Alzati alla vita sono le due parti più forti dell’intero lavoro di Falcone. In questo sfondo emotivo denso di avvenimenti si rispecchia l’esistenza del rapporto madre-figlio e delle differenze tra due famiglie che si sono trovate e ritrovate. Il tempo vissuto da Nilde, tra rimorsi e sensi di colpa, la spingono verso una forma di rinascita personale che si compie sul finale. 

Il documentario si traduce quindi a una sola, complessa domanda: cosa si è disposti a fare per amore? A dir la verità, non c’è una risposta giusta o sbagliata. Ma il vissuto agrodolce di Nilde parla chiaro, l’amore fa bene e male, come la vita, ma il rischio non deve essere una scusa per non viverlo.

Saudade è un’opera compiuta e riuscita, un recupero della memoria che vive e prende forma in una contemporaneità sempre più affollata di pensieri.

Isabella Insolia
Previous

David di Donatello 2024: Io Capitano miglior film, Paola Cortellesi migliore attrice

Baustelle live a Napoli – Photogallery e Live Report

Next

Lascia un commento

Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial