Stan Lee, l’inventore di Spiderman, Hulk, X-Man, Fantastici Quattro e colleghi ci ha lasciati esattamente un anno fa. Il fumettista che ha fatto la fortuna della Marvel, padre adottivo della società, si è spento alla veneranda età di 95 anni.
Ore 20.02 di esattamente dodici mesi fa, squillo del cellulare: “é morto Stan Lee, per un po’ non sarò reperibile!”. Una frase abbastanza tranchant letta nella sua immediatezza. No se a inviarla è un nerd, ad un’altra nerd. Perchè c’è poco da discutere, ma le anime affini si riconoscono nella folla. Saremo pure 7,53 miliardi di persone su questo pianeta, ma tutto si riconduce al connubio delle stesse passioni, e alla chimica, ma questa è un’altra storia, una sorta di “c’era una volta una nerd…”.
Ma se il destino è beffardo quando ti fa saltare dal divano mentre stai cercando di defaticarti da una giornata lunghissima, lo è ancor di più se questo messaggio arriva nel momento in cui stai per approcciarti alla visione della trilogia di Batman in streaming (ah, Nolan, ogni tanto ho bisogno di ricongiungermi a te!).
Insomma, Stan Lee è morto, e con lui un pezzo di storia, quella di almeno quattro generazioni.
È TMZ a riportare per primo la notizia della scomparsa del padre adottivo della Marvel. Lee è morto a 95 anni. La figlia racconta che un’ambulanza è stata chiamata presso l’abitazione del padre a Hollywood Hills nella mattinata di lunedì. Dopodiché è stato portato d’urgenza al Cedars-Sinai Medical Center, purtroppo è proprio qui che Stan è venuto a mancare. L’uomo soffriva da oltre un anno di diverse malattie gravi come una seria polmonite e problemi legati alla vista. Infatti si vociferava che non sarebbe più apparso negli ultimi film MCU in uscita nel 2019, come Captain Marvel, Avengers Endgame, Spiderman: Far from Home e il tanto discusso Guardiani della Galassia 3.
Fatta la doverosa anamnesi della vicenda di cronaca, con annesso manifesto necrologico, adesso lo spazio è solo per le menzioni d’onore. Avevo circa sette anni quando finì tra le mie mani un fumetto dell’Uomo Ragno. Non avevo assolutamente idea di cosa fosse quell’essere rosso blu, ma – ultima (prima dell’arrivo tardivo di mio fratello e poi di una serie di nipoti) di dodici cugini rigorosamente maschi, figlia unica, abbastanza solitaria – quel fumetto mi sembrava l’unica via d’accesso per l’accettazione nella tribù degli “adulti”. Così lo rubai ad uno di loro, lo lessi fino a consumarlo, e pregai i miei genitori di recuperare gli arretrati, solo per il gusto di avere “qualcosa di cui parlare” con coloro i quali dovevano includermi. Una missione, la mia, che non potevo immaginare diventasse l’inizio di una dipendenza. Intanto crescevo e Peter Parker era sempre un ragazzino con la forfora e i tormenti amorosi, schiacciato dal peso delle responsabilità e preda di nevrotici conflitti interiori, esattamente come me.
Ma per ogni fase c’è un tormento, finita l’adolescenza – implementata dalla scoperta di Deadpool, chiacchierone come me, cinefilo, amante della musica e assolutamente citazionista, indubbiamente il mio miglior ritratto eseguito dalla Marvel – inizia il liceo, anni di sperimentazioni chimiche e ambientali. In un mondo di eroi, io ero spesso l’antieroe. Quella che alle feste in discoteca del sabato sera preferiva la sua X-Box, i suoi libri, e – finalmente – i suoi film. Film che sono arrivati al cinema con la “rivoluzione del 2000” quando tutto cambia, e anche se i diritti cinematografici sono divisi e non appartengono tutti alla Marvel, le sue creature arrivano al cinema con effetti speciali state-of-the-art, storie ben scritte e attori di serie A.
In uno dei miei pomeriggi di svago tra le sfide a “Super Mario” con la Play o il “Saboteur” da tavola con i miei soliti alleati, quando in palio c’era la coca cola ghiacciata comprata dalla nostra nonna, la mia passione per la scienza venne fuori imperante, quando proposi di disinnescare una mina cambiando l’ordine dei fili (banalità direte voi, avevo dodici anni ribatto io) e da lì la passione per i poteri mistici del Dottor Strange.
Anni passati immersa negli studi scientifici, quando – tra un esperimento in laboratorio ed un esame teorico da preparare – le evasioni erano i miei fumetti o i miei mercoledì al cinema, così giunse l’età adulta e il tempo di bilanci. Ma se la strada maestra non è mai stata nelle mie corde, alla fine di un percorso scientifico è sopraggiunta un’altra passione, quella più vera e radicata, la scrittura. E in questa fase ho conosciuto quella che si può definire “gavetta”, ed è quella di cui Stan Lee può essere definito un esempio. Figlio di immigrati romeni in America, cominciò a lavorare come addetto alle copie per Martin Goodman presso la Timely Comics, azienda che più in là sarebbe diventata la Marvel Comics. Il suo primo lavoro, una pagina di testo firmata con lo pseudonimo di Stan Lee, fu pubblicato come riempitivo su un numero di Capitan America del 1941. Fu presto promosso dal ruolo di scrittore di riempitivi a quello di sceneggiatore di fumetti completi, diventando così il più giovane editor nel campo, all’età di 17 anni. Alla fine degli anni cinquanta gli fu proposto di creare un suo movimento supereroistico ed insieme al fedele Jack Kirby idearono “i Fantastici Quattro”. L’immediato successo di questa testata portò Lee e gli illustratori della Marvel a cavalcare l’onda, producendo in pochi anni immediatamente successivi una moltitudine di nuovi titoli: nacquero Hulk (1962), Thor (1962), Iron Man (1963) e gli X-Men(1963) dalla collaborazione con Kirby, Devil (nell’originale Daredevil, 1964) con Bill Everett e il Dottor Strange (1963) con Steve Ditko, dalla cui collaborazione era nato anche il personaggio Marvel di maggior successo, l’Uomo Ragno, nel 1962. Da addetto alle copie a padre della Marvel, ecco Stan Lee. I suoi personaggi non sono mai stati perfetti, come lo era Batman prima del suo arrivo e del suo editing, un cavaliere ricco e senza macchia; i personaggi di Lee erano l’elogio delle imperfezioni, delle rogne della quotidianità, dotati di anime e sentimenti, con dubbi shakesperiani annessi.
Ma gli incroci del destino non finiscono qua. Se la carta stampata è in crisi e i film non stanno salvando i fumetti, bensì li stanno rimpiazzando, a novembre è partito anche un nuovo progetto Marvel, il debutto italiano di “Fresh Start” (in Italia “Un nuovo inizio Marvel”), il nuovo punto d’inizio della Casa delle Idee, che azzera nuovamente la numerazione delle sue testate a fumetti. L’8 Novembre è stato il giorno in cui Panini Comics ha rilanciato la prima tranche del suo comparto di testate supereroistiche da edicola, da fumetteria e da libreria, introducendo una serie di cambiamenti strutturali molto importanti al suo piano editoriale. Ogni albo avrà infatti una doppia numerazione, con il numero della serie rilanciata, affiancato al numero Legacy, ovvero quello effettivo della testata che avrete tra le mani. “Gli editori fanno sì i fumetti, ma per i nati prima del 1982. Per i più giovani c’è il cinecomic!”, questa frase me la sono sentita ripetere più volte durante le sei edizioni del Comicon di Napoli e quella di Lucca nel 2014. Forse sono una mosca bianca, nata dopo l’82, ma anche Stan Lee sembrava sposare bene l’etica dei film la cui sceneggiatura è la storia di un fumetto, ma facente leva sulla trama finita e non sulla “continuity” alla base di un’albo fumettistico. E così la sua presenza la possiamo ritrovare in tutti i film della Marvel, finanche in Venom ed Endgame, usciti nelle sale rispettivamente solo un mese prima della sua scomparsa e sei mesi dopo. Camei sempre molto rapidi:
“Non sono io a scrivere la mia parte, altrimenti mi scriverei una scena di mezz’ora. Lo scrivono loro, e mi danno poco tempo perché hanno paura che eclissi le star con la mia performance.”
In una nicchia del Pantheon che racchiude le persone che hanno fatto della loro immaginazione un dono all’umanità, resterà per sempre inciso anche il nome del “sorridente” Stanley Martin Lieber, in arte Stan Lee, a cui dobbiamo la nostra riconoscenza, fosse per altro che per averci fatto conoscere altri mondi. “C’era una volta una nerd… e continuerà ad esserci, anche con il cuore disorientato questa notte!”
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