Intervista ai Malevera: “Vogliamo arrivare ovunque”

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I Malevera hanno da poco presentato il loro primo EP dal titolo lato B. Abbiamo incontrato la formazione casertana, che col suo sound sta dando nuovo slancio al filone folk in Campania, per fargli alcune domande.

Prima di tutto, come nascono i Malevera e da chi sono composti?

Malevera è un’ idea nata diverso tempo fa, circa 5 anni, è nata per caso è nata per gioco. È un’ idea nata d’estate sotto un porticato, l’esigenza e fa burdell’, l’esigenza di comunicare e di essere capiti. La voglia di urlare di notte ad un mondo superficiale, che spesso va troppo di corsa. Da subito è stato un fatto da condividere, esperienze e pensieri da vivere insieme; poi sono arrivate le canzoni. Attualmente Malevera è composta da:

Angelo Giaquinto testi,voce e chitarra, Giovanni Parillo fiati, tastiere e fisarmonica, Rossella Scialla percussioni e cori e, ultimo ma non meno importante Armando Vitale chitarra e bouzouki.

Il vostro nome mi riporta ad una delle mie canzoni preferite dei 24 Grana, ci ho preso o l’avete scelto partendo da altro?

A malincuore ti dobbiamo dire di no, il nome è saltato fuori per caso una sera in macchina, ci è piaciuto subito, ci sentivamo rappresentati da questa erbaccia. Riflettendoci poi, la “Malevera” riassumeva a pieno la voglia di arrivare dovunque, il desiderio di germogliare in qualsiasi situazione, che era ed è il nostro augurio per la nostra musica e il nostro messaggio, arrivare quanto più lontano possibile. Inutile negare che inconsciamente i 24 Grana ci abbiano in qualche modo guidato in questa scelta.

Quali sono i vostri riferimenti musicali, nella vostra musica ho trovato tanti nomi del folk campano vecchio ma anche nuovo.

In realtà con il passare del tempo tendiamo sempre più ad identificarci con un contesto più ampio, ovvero quello della world music. Ci piace attingere da più realtà, tenendo certamente ben a mente quali sono le nostre origini. D’altronde è su di esse che si fonda l’intero disco, un richiamo a quella che è la nostra tradizione, partendo dalla musica popolare, passando per gli anni ’70 di una Napoli ruggente fino ad arrivare alla nuova ondata di Newpolitan power, di cui ci sentiamo parte.

Allo stesso tempo, nelle tracce del disco è possibile riconoscere melodie appartenenti ad un registro musicale che attraversa il confine regionale e nazionale. Insomma, ci piace attingere da più fonti, la lista dei riferimenti sarebbe davvero troppo lunga!

Malevera

Liberato ha riportato la lingua napoletana alla ribalta nazionale, voi reputate il dialetto un limite per uscire dai confini regionali o un’arma in più?

Hai detto bene, ha “riportato” alla ribalta. È in questi momenti che è giusto ricordare il peso che ha avuto in passato la lingua napoletana e la sua trasposizione in musica. I testi in napoletano, forse prima più di ora, erano considerati al pari di quelli in italiano. È indubbio quanto valga la legge del più forte, non tutti riescono a superare i confini regionali e di conseguenza linguistici. È quindi sì un’arma, ma a doppio taglio.

Ovviamente non possiamo non dirti che speriamo di riuscire ad attrarre più gente possibile, in modo tale che la lingua utilizzata non sia considerata ostacolo bensì valore aggiunto.

Lato B è il titolo del vostro primo EP oltre ad essere anche la prima canzone, come mai la scelta di questo nome?

A dire il vero la stessa copertina dell’album si collega alla canzone ed al titolo dell’opera. Il titolo Lato B nasce dalla prima idea musicale per il brano, si partiva da una chitarra Dub, da qui l’idea Lato B, il lato del vinile dove venivano incise le tracce Dub dei dischi Reggae, ma rappresenta anche il lato celato di ognuno di noi; il fronte della copertina è il lato principale del luogo che fa sfondo alle vicende raccontate nella canzone Lato B e non è un caso che nel retro sia rappresentato nel suo momento di chiusura. È questo il motivo dominante, il volto che mostriamo e quello intimo, lontano dall’occhio della società.

Infine, come si coniuga l’amore per la tradizione ed il sound folk con l’epoca della musica social?

L’epoca della musica social può sembrare totalmente staccata dalla tradizione e dalle radici, ma secondo noi non è così, usiamo, per spiegarci, il già citato Liberato, vero e proprio fenomeno social, che nel suo disco di musica social non ha nascosto la sua forte appartenenza ad un territorio, innovazione e tradizione nella sua musica si fondono e arrivano alla gente. Per quanto riguarda noi, abbiamo una matrice strumentalmente folk che ci caratterizza, ma la ricerca di influenze nuove e di sonorità diverse ci appassiona, quindi anche per noi innovazione e tradizione si mescolano per raccontare qualcosa di attuale alla parte che ascolta del mondo social.

Raffaele Calvanese
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