La pandemia ha inferto un duro colpo a tutte le realtà grandi e piccole che popolavano l’universo della musica live ma anche del panorama culturale alternativo di questo paese. Il club 33 giri in provincia di Caserta è una di quelle realtà che ha dovuto chiudere, temporaneamente, i battenti.
Da qualche giorno sono tornati organizzando il Why Nut. Una manifestazione che sulla falsariga di altri eventi come lo Sponz Fest cercano di inglobare al loro interno varie forme d’arte cercando una coesistenza non invasiva anche con il territorio. Abbiamo incontrato gli organizzatori per farci raccontare com’è nata la prima edizione del Why Nut.
La prima domanda che forse tutti vi farebbero è: dove si trova il coraggio e la forza di riprendere a organizzare eventi live?
Mi verrebbe da dirti che il coraggio si trova nell’incoscienza…perché le condizioni non sono certo delle migliori. Le direttive in fatto di eventi impongono tantissimi paletti, molti di più che per tutti gli altri settori dello “svago”. È giusto, perché bisogna agire sempre per il bene e la sicurezza del pubblico. Certo è che le difficoltà in questo momento sono davvero tantissime. La forza l’abbiamo trovata nella voglia di tornare ad incontrarci, a stare insieme, a progettare con lo sguardo rivolto al futuro, cosa che ci ha era mancata tantissimo in questi quasi due anni.
Quali sono state le sensazioni che avete provato durante lo stop forzato dell’attività durante la pandemia?
La sensazione era di impotenza e di scoramento. La cosa più brutta era sicuramente l’impossibilità di guardare in prospettiva, la mancanza di progettualità. Dato che le condizioni continuano a cambiare molto velocemente non si riesce mai a fare un programma certamente realizzabile. Si lavora per ipotesi, si naviga a vista.
Come si ripensa uno scenario di condivisione fatto di fisicità quale quello dei concerti?
Secondo me bisogna pensare ai concerti e più in generale al mondo degli eventi come a tutti gli altri ambiti. Attuare le stesse regole che si attuano per tutto il resto. Attualmente andare ad un concerto o a teatro è probabilmente la cosa più “sicura” che si possa fare. Le capienze sono super ridotte, le sedute super distanziate. Una risposta giusta a questa domanda sinceramente non ce l’ho. Certo è che bisognerebbe un attimo ripensare alle normative, come si sta già facendo all’estero, perché attualmente le condizioni per portare avanti gli eventi sono davvero proibitive.
Da dove viene il nome del nuovo festival?
Dato che la nocciola è il prodotto di punta dell’azienda agricola che ci ospita, la bellissima Agricola Rufrae di Presenzano, cercavamo un nome che avesse la parola “nocciola” dentro in qualche modo, “Nut”. E poi ci è venuto in mente questo gioco di parole che esprime a pieno il nostro mood rispetto alla proposta di organizzare questo evento. Perché no?! Why Nut?!
Con che criterio avete scelto i musicisti, voi che avete sempre fatto uno scouting molto lungimirante?
Abbiamo scelto musica che ci piaceva, questo è stato l’unico criterio sempre. Abbiamo scelto un artista che conosciamo bene e abbiamo già ospitato a cui siamo molto affezionati che è Emanuele Colandrea, due band che non abbiamo ospitato ma che ci incuriosiscono tantissimo dal punto di vista del live: Bagarija Orkestar che siamo certi faranno divertire e The Tangram, una band abruzzese davvero molto promettente che siamo certi stupirà il pubblico. Poi ci sarà Alessandro Pascolo, già ospite sulla nostra pagina facebook per una diretta durante il lockdown, un viaggio bellissimo! Infine Junior V che aprirà, un giovane cantautore pugliese!
Accanto all’aspetto musicale in questa edizione del Why Nut ci sono anche artisti che prescindono dalla musica, ce li potete presentare?
Ci saranno tantissime attività pomeridiane! Abbiamo voluto creare un programma che spaziasse a 360 gradi. Ci saranno laboratori di Yoga del suono, di disegno, passeggiate guidate nella natura, performance teatrali proposte dalla Compagnia Mutamenti del Teatro Civico 14, la presentazione del nuovo libro di redattori di Lercio “Mock ‘n’ troll”, ci saranno come sempre mostre fotografiche e pittoriche: i dipinti di Vincenzo Petrone, le incisioni di Fiorita Ragozzino, le fotografie di Imma Di Lillo. Siamo felicissimi che tutti questi artisti abbiano accettato di partecipare con gioia ed entusiasmo a questo evento.
L’impressione è che il festival sia un’esperienza a 360 gradi che coinvolge anche il cibo, ci sbagliamo?
Non vi sbagliate! Ci sarà uno showcooking dedicato a piatti realizzati con la nocciola e una degustazione guidata con la presentazione del libro “Enciclopedia della nocciola”.
C’è qualche aneddoto legato all’organizzazione di questo evento che ci volete raccontare?
Aneddoti non ne abbiamo perché abbiamo messi in piedi tutto in due mesi, l’unica curiosità che mi viene da dirti è questa. Però un episodio molto bello da raccontare è il nostro primo incontro con la location. Quando siamo stati ad Agricola Rufrae ci siamo innamorati del posto, un luogo magico immerso nella natura, con abetaie, noccioleti, lavanda, tigli. Quella è stata la spinta necessaria per andare avanti in questa avventura.
Avete una prospettiva anche legata al periodo invernale?
Non saprei dirti al momento, vediamo cosa succederà e ci adatteremo… Sicuramente l’intenzione è di continuare ad organizzare concerti.
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