Anche se il Giacomo Leopardi dei tempi moderni è costretto ad una vita di reclusione, nulla può impedirgli di salvare un castello di carta in preda alle fiamme di un drago.
Nel libro “Achille piè veloce” di Stefano Benni e pubblicato dalla Feltrinelli, la principessa in questione si chiama Ulisse e il castello da salvare è la casa editrice per la quale lavora. In tutte le fiabe, sono le principesse che aspettano l’arrivo del prode cavaliere di turno. Ma che cosa succede se il cavaliere non può muoversi perché condannato ad una vita di reclusione? La principessa va dal cavaliere!
Anche se Ulisse è un eccellente scrittore, non riesce a dar vita alla propria penna e cerca in altre menti un eventuale salvatore. Era abbastanza disperato perché i romanzi che gli mandavano degli aspiranti “cavalieri” non erano sufficientemente originali per poter sconfiggere il fuoco della banca rotta. Ma un giorno ricevette una strana lettera con un indirizzo e la principessa raggiunse il suo cavaliere.
Il cavaliere non è il classico principe azzurro alto e possente, dalla folta chioma dorata e dal sorriso affascinante. Al contrario, era un piccolo uomo prigioniero delle crudeltà della vita
Achille ha il corpo bloccato nel buio della sua stanza e anche se la sua mente è costretta alla reclusione del proprio corpo, a causa di una malattia neurodegenerativa deformante, riesce a viaggiare con l’anima e a vivere esperienze fantastiche. Ma poiché non ha mai potuto essere protagonista di una vita al di fuori della propria casa, necessita di Ulisse per nutrire le proprie fantasie di parole vere e vissute. Tra Achille e Ulisse si instaura una strana amicizia e mentre “la principessa” racconta della quotidianità della propria vita, il cavaliere scrive l’arma che riuscirà a salvare il castello di carta dal fuoco della bancarotta.
In “Achille piè veloce” viene messo in forte contrasto la differente quotidianità e monotonia delle vite di entrambi i personaggi paragonando il concetto di normalità tra una vita libera e una vita costretta a reclusione.
Attraverso le parole del romanzo che verrà scritto a quattro mani e le parole dei manoscritti che Achille si porta sempre con sé, il lettore verrà indirizzato nel chiedersi “qual è la differenza tra rimanere rinchiusi in una casa, tra l’essere bloccati nelle proprie abitudini e attendere in reclusione dentro una borsa?”. I prigionieri parlanti della storia non sono solo Ulisse e Achille, ma anche i manoscritti che il vecchio scrittore deve ancora leggere. I libri, infatti, parlano e fanno dispetti ad Ulisse per cercare di attirare la sua attenzione ed essere letti.
Sono personaggi che sono stanchi di rimanere ad ammuffire in una borsa appiccicati gli uni con gli altri. Bibliografie, racconti horror e di altro genere prendono vita con la speranza di uscire da quella reclusione che non si aspettavano e sognano di poter far prendere il volo alle parole che contengono.
Quindi, tutti i personaggi descritti manifestano un desiderio smodato di libertà e l’unico che la possiede, grazie alla strana trama della sorte, non la sfrutta.
Tutti vivono in un mondo fittizio che ha come sbarre la propria reclusione e, paradossalmente, l’unico personaggio che riesce a rompere questo sistema di prigionia è Achille. La sua malattia, la sua casa e la costante lotta per evitare di andare in una clinica sono deboli fili d’erba in confronto al potente macchina del suo genio creativo. Il suo desiderio di evadere diventa esso stesso la sua libertà che lo differenzia dagli altri prigionieri, perché grazie ad esso riesce a vincere le barriere e a dar vita ad un capolavoro che profuma di successo.
Non viene posto l’accento sulla vittoria economica, ma sul successo personale di esser riuscito a realizzare quello che gli altri, anche se avevano tutte le loro comodità e fortune, non volevano raggiungere perché prigionieri dalla pigrizia propria o altrui.
Grazie alla reclusione Achille ha potuto apprezzare tutto quello che altre persone intorno a lui hanno dimenticato: il gusto delle parole
I libri presenti nella sua camera sono stai letti, riletti, osannati e gustati. Ogni parola ha un particolare sapore e profumo con la quale Achille ha nutrito le proprie giornate nel corso della sua vita trasformandole in essenza della sua stessa vita. Lui sa quale parola utilizzare al momento giusto ed è perfettamente conscio di quale parola può far scaturire meglio un emozione, ma molte per lui sono prive di vita poiché accennano a cose che non ha mai visto e provato. Per questo motivo ricerca l’amicizia di Ulisse, per dare una vita alle parole che lui tanto ama.
Quando chiede ad Ulisse di parlare della propria fidanzata, non vuole sapere del sentimento amoroso, la sua libreria è piena di storie d’amore dalle varie sfaccettatura. Achille chiede quali sono i colori del corpo di Penelope, che cosa le piace a letto, come balla e che musica le piace. Inoltre chiede anche all’amico di portargli una lista di “grandi dolori da niente” ovvero quei piccoli avvenimenti per Ulisse quotidiani, per Achille totalmente estranei, che provocano in lui gran rabbia.
In una vita adorna di tutte le libertà fisiche, emozionali e sessuali le persone dimenticano la meraviglia dei piccoli gesti.
Achille, un vecchio scrittore, ha dimenticato che cosa significa scrivere. Ulisse, darebbe qualsiasi cosa per scrivere con le proprie mani “Ma se ci provo non so cosa succede, mi agito, mi blocco, tremo, buco il foglio e mi ferisco con la penna”. Tutti noi dobbiamo imparare da Achille e in un momento di reclusione generale possiamo utilizzare al meglio il nostro tempo piantando un seme prezioso: riscoprire le capacità del nostro genio creativo.
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