Il più celebre romanzo di Khaled Hosseini, “Il cacciatore di Aquiloni” è la rivincita del bambino interiore contornata dalla struggente ed appassionante storia di unione spirituale tra Amir e Hassan durante la guerra in Afganistan.
Il romanzo, pubblicato nel 2004 da Edizioni Piemme e nel 2007 diventato una trasposizione cinematografica, ha come fulcro la maturazione caratteriale di Amir e soprattutto la consapevolezza del perdono di sé.
Spesso e volentieri il bambino viene definito come un essere puro e senza macchia. Non c’è nulla di più sbagliato.
Non conoscendo i meccanismi del mondo e ignorando completamente la morale e il concetto di giustizia, non sono né buoni né cattivi e tantomeno né puri né peccatori. Amir stesso viene definito da Hosseini, e si autodefinisce, un bambino cattivo e soltanto da adulto, mentre combatte per salvare la vita di un’innocente orfano di guerra, riesce a capire che un bambino non ha la stessa morale di un adulto, anzi non ha alcuna morale se un grande non gliela spiega.
D’altronde come può un piccolo individuo ignorante, nel senso vero del termine in quanto ignora, delle complesse elucubrazioni riguardanti concetti astratti come la morale e la giustizia essere onesto e buono con la società che lo circonda? Il bambino non è un piccolo adulto. Anche se ha una capacità di apprendimento che un adulto può solo sognare, ha una differente capacità di comprensione di quello che legge, vede e ascolta.
Convincere un bambino è semplicissimo, si fida dell’adulto in quanto lo vede, più o meno consciamente, come un maestro. Assef è stato vittima del profondo lavaggio mentale effettuato dai seguaci di Hitler e quindi ha fatto proprie quelle ideologie razziste e anti-umane. Hassan è stato cresciuto come schiavo ed è stato convinto che quello era l’atteggiamento giusto nei confronti della società; mentre Amir è stato convinto di essere una persona cattiva, quando in realtà era soltanto un bambino circondato da adulti che da lui pretendevano soltanto il successo senza ascoltare i suoi sentimenti.
Ogni adulto è la diretta conseguenza di quello che ha vissuto nella propria infanzia.
Nel libro di Hosseini, Amir è il figlio legittimo di Baba e Hassan è il figlio di Alì, il loro servitore. I quattro vivono nella villa di Baba e l’uomo dedica cure e attenzioni ad entrambi i bambini a tal punto da pagare a proprie spese l’operazione per il labbro leporino di Hassan. Amir non comprende il perché il padre distribuisca le attenzioni equamente ad entrambi i bambini e vorrebbe averle tutte per sé.
Un comportamento tipico di qualsiasi non-adulto ed accentuato dal fatto che il dialogo è pressoché assente. Baba, infatti, dedica attenzioni soltanto al livello economico e poche volte a livello affettivo, provocando un vuoto che l’Amir bambino non comprende, ma che verrà compreso dall’Amir adulto dopo che scopre l’intera realtà e vita passata di Baba.
Al tempo stesso Hassan adora Amir quasi da venerarlo, anche questo un comportamento tipico di qualsiasi bambino.
Da Amir tutti pretendono tutto, da Hassan, figlio di un umile servitore, nessuno si aspetta nulla dato che è già tanto se sono al corrente della sua esistenza. Sembrerebbe che la diversa condizione sociale spinga Hassan a provare profonda stima per il suo padroncino, ma in realtà qui entra in gioco la vera essenza della fanciullezza, che poi si perderà per dare spazio al concetto di giustizia e morale: parlare cuore a cuore.
Hassan, senza le pressioni sociali a cui Amir è sottoposto, può essere libero di essere un bambino, mentre Amir deve essere un piccolo adulto. Paradossalmente in questo modo Hassan manifesta una morale ed una consapevolezza più adulta rispetto ad Amir.
Nonostante gli ostacoli messi in ballo dalla gelosia e da piccoli dispetti, che Amir vedeva come cattiverie di cui provare rimorso, Hassan come scherzi di cui ridere contento, i due diventeranno amici e insieme combatteranno con gli aquiloni.
La battaglia degli Aquiloni era una vera e propria competizione sportiva e un grande festival per tutta la città in cui Amir e Hassan fanno squadra: Amir abbatte l’ultimo aquilone rimasto in gara, garantendosi la vittoria, e Hassan corre come un fedele segugio a prendere l’aquilone abbattuto, vero trofeo della sfida.
Purtroppo la vittoria sarebbe dovuta essere un motivo di grande gioia e un’occasione di unione per i due fanciulli, ma succede l’esatto opposto. Hassan ha trovato l’aquilone nemico e lo sta per portare ad Amir, quando subisce una cruenta violenza sessuale da Assef ed da altri due ragazzi. Il tutto sotto gli occhi di Amir che era sulle tracce dell’amico per gioire insieme del trionfo, ma assiste alla scena bloccato dal terrore e per tutta la vita rimpiangerà la sua codardia.
A causa della guerra Amir fugge in America, pensando di essersi lasciato il passato e quello stigma di “bambino cattivo” alle spalle, ma una lettera cambia tutto: il figlio di Hassan è diventato un orfano di guerra e necessita di una famiglia che lo salvi.
Amir non ci pensa due volte e incomincia una vera e propria odissea per salvare il bambino dalla guerra, dagli abusi degli invasori. Con questo gesto non ha solo salvato Sohrab, ma anche quel bambino interiore rimasto per troppo tempo inascoltato.
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