Giuseppe Veneziano: l’atemporalità del furto

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A Bologna è stata inaugurata il 16 giugno scorso la mostra dedicata a Giuseppe Veneziano, uno degli esponenti di maggior spicco della New Pop.  Ma partiamo dalle basi: che cos’è un opera d’arte? Come si differenzia l’opera, dalla massa indistinta mainstream?

Parlare di arte contemporanea nel 2022 implica necessariamente il paradigma secondo cui tutto è arte ma anche nulla è arte. Se cento anni fa Marcel Duchamp con il suo famosissimo ordinatorio ha rovesciato il significato di arte, contribuendo a ridefinire il concetto stesso di arte,  bisogna dargli oggi una nuova definizione.

Angelo Crespi affronta questo dilemma nel suo saggio Ars Attack. Il bluff del contemporaneo dando la definizione di parte di queste nuove opere come SGUNZ.

“Dal punto di vista ontologico, lo “sgunz” è un oggetto ma anche no, essendo sufficiente una rappresentazione o una performance. Dal punto di vista estetico questo (non) oggetto o rappresentazione deve ignorare il più possibile l’idea di bellezza, di ornamento, di funzione. Dal punto di vista gnoseologico, possibilmente non deve avere significati certi, venendo meno il rapporto tra forma e contenuto, semmai significati ulteriori, non univoci, e difformi rispetto alla forma utilizzata quand’anche si possa in via residuale parlare di forma. Lo “sgunz” in sostanza è (o non è) un oggetto, deve massimamente tendere all’orripilante, all’informe, all’insensato (meglio se tutto insieme), deve essere il più nuovo possibile (questo è imprescindibile), deve autodefinirsi come “arte”, e avere un pubblico che pur non capendone la portata ne sostiene entusiasta il valore.”[1]

Se il fine ultimo dell’arte è quello di creare un discorso critico all’interno della società diventa chiaro come l’arte di Giuseppe Veneziano sia perfettamente inserita nello Sgunz.  

<strong>Giuseppe Veneziano: l’atemporalità del furto</strong> 1

Lo scopo dell’arte è di veicolare contenuti. Se la pietà di Michelangelo presentava il corpo morto del Cristo al suo spettatore, con la Vergine Maria così giovane completamente inserita in un contesto di atemporalità, l’unica atemporalità che si trova in Veneziano è il furto delle forme che richiamano il genio toscano – quello di Michelangelo.

Nulla toglie che ci siano dei lavori interessanti: Lenin dietro un insegna del McDonald’s, Il San Sebastiano anziché le frecce, simbolo del suo martirio, con delle piccole rappresentazioni grafiche del virus da covid 19. Tuttavia il resto si incasella nel puro citazionismo spurio di qualsivoglia significato.

Il problema non è nel fatto dell’arte contemporanea. L’arte contemporanea è sublime perché scardinata dalle forme figurative per librarsi nei concetti più disparati, dalla fisica alle teorie postmoderne.  Vero è che questo tipo di arte di cui parlo può essere tacciata di non parlare al pubblico e di non comunicare nulla anch’essa, ma quello è compito dei curatori.

giuseppe veneziano bologna mostra

La mostra su Veneziano è comunicata in maniera chiara e semplice che arriva dritto al pubblico, il compito dei curatori è stato svolto egregiamente. Si pone l’attenzione sulla critica che fa l’artista rispetto ai temi così complessi della contemporaneità in cui viviamo. Tuttavia, dietro la maschera della critica, si rileva un animo reazionario, schiavo di quei meccanismi impliciti nel sistema economico dell’arte. Le opere esposte non sono altro che lo specchio dell’edonismo capitalista contemporaneo, nient’altro che una vacuità della società del web 2.0. Andarci è importante per riflettere proprio sul concetto stesso di arte, e cosa ci lascia alla fine della giornata.

La mostra sarà disponibile dal fino al 18 settembre 2022 presso Palazzo Pallavicini (zona pratello)  con ingresso dal venerdì alla domenica nei seguenti orari 11- 13 e dalle 16 alle 21 (con ultimo ingresso alle ore 20), al costo di 11 euro.


Martina Trocano
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