Ci sono poeti a cui siamo particolarmente legati, per diversi motivi. Di alcuni condividiamo le scelte stilistiche, il modo concreto di fare poesia; di altri i temi, gli argomenti, le immagini. Esiste poi anche un’altra categoria di poeti a cui pensiamo spesso e che sono quelli che abitano – o hanno abitato, penso a Vincenzo Cardarelli, come sempre – i nostri stessi luoghi, i percorsi, le città. La fortuna v’è quando con questi poeti – che prima di tutto sono persone, e belle – si può parlare, ci si può confrontare, si può imparare da loro.
Parlo di Lorena Paris, poetessa di Viterbo, che da oltre dieci anni si occupa di poesia con dedizione e passione, dando grande spazio ai giovani scrittori, leggendo e diffondendo le loro opere, come tutti del resto dovrebbero fare. Da pochi mesi è stata pubblicata la sua ultima raccolta, Il mio Cuore è Blu (Edizioni Archeoares, 2021) e per quanto appaia visivamente un libricino – in una deliziosa edizione 15cm x 10,5cm di circa 70 pagine – all’interno un cuore poetico vive e pulsa con energia prendendo di volta in volta le più varie forme: poesie, haiku, prose poetiche.
Tra le parole del libro scorre il tempo. Il tempo, che è uno dei temi cardine della poesia di Paris e che abbraccia altri temi-affluenti: l’alternarsi delle stagioni, l’attesa, la lontananza, il ricordo, gli affetti. Nei versi sono presenti tutte le declinazioni di un tempo che a volte è attesa (“e tu vicino alla finestra / ad aspettare”, pag. 5), altre è perdita, ché ad aspettare qualcosa i giorni passano e non tornano più (“Hai perso un altro giorno / velo di luna / sottomesso al cielo”, pag. 10). È in questa perdita durante l’attesa lo scarto tra l’umano e la natura – altro elemento presente nella raccolta:
giorno di pioggia –
Da Il mio Cuore è Blu
il mondo sembra fermo
ma trema un fiore
La natura detta le pause umane – ci relega in casa, davanti a una finestra, ad aspettare che la pioggia finisca – ma lei no, non si ferma, anche quando a noi sembra il contrario. L’immagine che ci resta con questo haiku è quella di un’umanità spesso inadeguata che, allontanatasi dalla natura, di cui teoricamente farebbe parte, fatica a stare dietro ai suoi tempi, ai suoi cambiamenti. Non è questo un caso isolato: ogni componimento di Lorena Paris, dietro alla compostezza della forma, alla delicatezza e alla semplicità dei termini usati, smuove zolle e crea uragani di senso.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, l’umano ha bisogno di fermarsi – per riflettere, metabolizzare, fare il punto – per poi sorprendersi (“Ecco, mi fermo ancora / a soppesare / il tempo e mi sorprendo”, pag. 26) di quel tempo che scorre e le cui dinamiche rimangono un eterno mistero: “accosto l’orecchio / al mio tempo, enigma / di questo presente” (pag. 24):
di nuovo sera
Da Il mio Cuore è Blu
è caduta una foglia –
un’altra ancora
I giorni dell’umano persi ad aspettare non sono mai paragonabili alle foglie che cadono, una dopo l’altra, ancora e ancora; quello che ci distingue dalla natura è la sua ciclicità, scarto notevole su cui sempre ritornano i versi della poetessa. “Decide il tempo. / Il tempo passeggero” (pag. 20) per noi che senza poter fare nulla restiamo a guardare le stagioni che si susseguono.
“Il mondo è un attimo” scrive Paris nel suo ultimo verso (pag. 56) e non lascia spazio a repliche: tempus fugit, inevitabilmente, e le nostre mani non sono abili a trattenere le foglie che cadono a terra, ormai morte. Eppure qualcosa possiamo che la natura non può; la poetessa ce lo dice e sta lì il segreto per arginare la perdita: ricordare, anche se fa male. Nella poesia di Lorena Paris, infatti, il ricordo è quasi sempre collegato al pianto: “Mi sono fermata / in un luogo del mondo / seguito le note / di un canto / una strada di rose / il ricordo del pianto” (pag. 25).
Il ricordo mette in pausa la fabula esistenziale e permette una retrospezione altrimenti impossibile: “Il mio ricordo cigola e io riposo il tempo” (pag. 31) scrive Paris in una prosa poetica del libro. Per una volta, forse la prima, il tempo non scorre e, soprattutto, non decide. E il gesto di ribellione non è espresso solamente nel contenuto ma è condensato anche nella forma attraverso l’uso transitivo del verbo che rende epigrafica la frase. Il tempo è ri-posato, riposto, messo in un angolo, e quindi fatto calmare.
“Non sono mai sola. Ho accanto un ricordo” (pag. 40) scrive ancora in un’altra prosa poetica. Il tempo, fermatosi, non solo non è più passeggero bensì si fa compagno, strumento grazie al quale è meno difficile sopportare momenti di solitudine. E anche se il ricordo pesa come la neve (“ho il cuore forte – / pesa come la neve / ogni ricordo”, pag. 12) un cuore forte riesce a sopportarlo, soprattutto se quel cuore appartiene a chi ha “l’abitudine al sorriso” (pag. 49) e “l’animo che sa / di terra buona” (pag. 23).
Con questo assaggio di temi, non ho trasmesso nemmeno una minima parte della ricchezza della poesia di Lorena Paris, poesia delicata e gentile e contemporaneamente forte e intensa; una poesia musicale che nasce dal buon uso delle figure di suono e che ha come fine l’armonia tra la forma e il contenuto, come nei versi seguenti:
ho mani come foglie
Da Il mio Cuore è Blu
lanceolate, le dita affusolate
che sanno il movimento
e il lento andare
Un lento andare, che sia un augurio contro il cadere troppo veloce delle foglie in autunno.
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