Ammetto che mi era sempre mancato il coraggio di intraprenderne la lettura de Il Signore degli Anelli, così come di altri totem della letteratura mondiale (il prossimo scoglio da superare è Infinite Jest del compianto D.F. Wallace).
Perché, aprire certi libri, significa immergersi completamente sott’acqua, soffrire l’iniziale mancanza d’ossigeno e, poi, lentamente, trasformarsi, sviluppando una respirazione branchiale (si, come in Harry Potter e il calice di fuoco).
Soprattutto dopo aver visto e rivisto decine di volte la premiatissima trasposizione cinematografica che, tra il 2001 e il 2003, ha fatto incetta di Oscar e incassi da urlo, la trilogia di Tolkien de Il Signore degli Anelli (che trilogia non è) ti spiazza, ti sorprende, ti stravolge; che è, più o meno, ciò che deve essere avvenuto, a parti invertite, ai fans della versione cartacea dopo aver visto il lavoro di Peter Jackson.
IO NON SONO QUI PER GIUDICARE!!!
Anzi, in questa sede, tenterò, semmai ci fosse ancora qualcuno che non conosce le Gesta di Frodo e della Compagnia, protagonisti indiscussi de Il Signore degli Anelli, di non spoilerare alcun dettaglio.
Il Signore degli Anelli è unanimemente riconosciuta come la sua opera più importante
Considerata dall’autore come un unico libro e non una trilogia, venne pubblicata per ragioni economiche in tre volumi distinti tra il 1954 e il 1955.
È indiscutibilmente, non lo si può negar, un bel mattoncino!
Uno di quei bei mattoni, grossi, coi quali si potrebbe costruire una parete, una casa, un grattacielo.
E fondamentalmente, col tempo e giustamente, il Signore degli Anelli è diventato uno dei masterpiece del genere fantasy e non; uno dei capolavori della letteratura britannica del ‘900.
Perchè sotto le vesti del semplice romanzo di finzione, si cela il racconto di una società divisa nell’eterna lotta tra il bene ed il male, tra la bramosia di potere e successo e chi soccombe, tra il potente e il povero, e chissà quante altre ed inesplorate interpretazioni.
C’è da dire che Tolkien deve molto alla chanson de geste, al ciclo carolingio, alla chanson de Roland, agli Orlando di Ariosto e Boiardo.
Chi ha avuto modo di comparare libro e films, si sarà reso conto di quanto differiscano le due diegesi, di come sia più lento, ma ricco di dettagli e di personaggi, assenti nella trilogia di Jackson, il romanzo. Tom Bombadil tra tutti.
Sebbene i tagli (necessari) e le modifiche (non catastrofiche) il regista neozelandese ha fatto un buon lavoro, e a Los Angeles, devo dire, se ne sono accorti.
La scoperta di talune discrepanze, per me che giungevo dalla versione cinematografica, è stata stupefacente, stimolante e incredibilmente inaspettata.
Quindi, amici lettori di SWM, visto?
Non ho detto niente!
Vi ho raccontato solo un mucchio di frottole.
Ma, semmai tra voi ci fosse ancora qualcuno che non ha visto né letto, iniziate subito.
Ne vale davvero la pena.