L’ultimo libro di Marcello Sacco racconta una Lisbona e un Portogallo che non troverete in nessuna guida turistica. Semplicemente perché non è un libro per turisti, ma per sradicati in lotta per la sopravvivenza in un Paese mutato con estrema velocità.
Pochi scrittori riescono a farti respirare l’aria di una terra senza doversi schiodare dalla poltrona di casa. Marcello Sacco è uno di loro. Nel suo ultimo libro Mille per una notte e altri racconti da Lisbona, edito da Tuga nel 2020, ci presenta un’immagine della città che è una “sfilata antropologica”.
Perdonate questa espressione inusuale, ma proprio non sapremmo definire meglio quel viavai di gente che attraversa i suoi racconti, lasciando, a tratti, un certo sconcerto irrisolto. Sacco, più che le facciate dei palazzi, più che i simboli della città, fa parlare le persone, i loro gesti, le loro manie, le loro storie talmente assurde da far credere che siano frutto di un sogno o di un’allucinazione. In ciò sta la visione “antropologica” di questa sfilata stralunata. E ci perdonino, stavolta, gli antropologi di professione, quelli che avrebbero mille e più ragioni per metterci in guardia dall’utilizzare il termine con eccessiva leggerezza. Ci perdonino, ma abbiano la compiacenza di leggerlo, questo libro, o di seguirci nel nostro ragionamento. Troveranno materiale che, in fondo, non offende l’antropologia sociale.
Il libro di Sacco altro non è che una raccolta di racconti, sei per l’esattezza, con l’ultimo, Mille per una notte, ad occupare la parte più sostanziosa del libro. Si inizia con L’uomo della sua vita, un thriller consumato nei locali angusti di una casa per studenti a Lisbona. Qui un’apparente cenetta romantica tra due semisconosciuti al primo appuntamento si trasformerà in un omicidio in piena regola, giustificato dal furto, ad opera della studentessa che vi abita, di un diamante trafugato in Angola. La descrizione delle abitudini di vita di un qualsiasi studente Erasmus si intreccia nella narrazione ai loschi traffici di diamanti che alimentano criminalità e sfruttamento minorile nella ex colonia portoghese dell’Angola, dominata, ora che gli europei sono spariti, da spietati capi militari.
Nel secondo racconto, Foto di profilo, la conversazione tra due persone, forse anche queste al primo appuntamento, diventa una lunga pausa di riflessione su un Portogallo che ha conosciuto un suo sviluppo industriale, pagando cara questa crescita economica alle multinazionali e al consumismo. Per reggere ritmi di produzione sfrenati, la macchina si è sostituita all’uomo, con buona pace dei capitalisti che lucrano sulle spalle dei pochi operai rimasti. Ed uno di questi, l’uomo della conversazione, appunto, verserà un terribile tributo a questo modello di sviluppo che annienta ogni tratto riconoscibile del volto umano.
In Campo di concentrazione, terzo racconto della raccolta, il tema dell’immigrazione, che attraversa in misura variabile tutti gli altri, si fa preponderante. Qui il protagonista di turno è un calabrese che, dopo la laurea in una regione che è davvero la periferia d’Italia, decide di trasferirsi a Coimbra per svolgere un dottorato. Ma, al di là del ruolo di ricercatore che lo accompagna, resta pur sempre un immigrato, uno straniero che non gode delle sicurezze della sua terra, per quanto precarie, e neppure di un pieno inserimento sociale nella nazione di arrivo. Per questo cerca di farsi forte frequentando la nutrita schiera di italiani espatriati, una comunità capillare sparsa per tutto il Portogallo. E, grazie ad uno di loro, riuscirà pure a trovare un lavoretto piuttosto redditizio come doppiatore, un lavoro che introdurrà nuove interessanti riflessioni su una delle conseguenze di una lunga permanenza all’estero: la distorsione della lingua madre.
Sex è un racconto triste, tutto qui. La protagonista, un’insegnante di italiano a Lisbona, come l’autore del libro, del resto, ci guida nella movida della città, in una festa “all’italiana” a cui l’hanno invitata i suoi studenti. Non è l’unica docente della scuola, ovviamente. Lei, che non è abituata a questo genere di uscite, ci è andata principalmente per un motivo: farsi notare da Laura. Ma la donna amata, che, non è un caso, porta lo stesso nome della donna di Petrarca, a parte qualche educato sorriso non le concede molto altro. La nostra protagonista è ricercata, certo, ma da studenti e colleghi, il che rende ancor più avvilente trovarsi in un luogo stracolmo di personaggi mediocri e di pensieri. Solo le voci di Nada, Umberto Tozzi, Alan Sorrenti, Umberto Balsamo, Laura Pausini e molti altri sapranno nascondere il peso di un disagio incontrollabile.
Il fixer, ultimo racconto di questa prima parte del libro, parla dell’immagine preconfezionata che le tv straniere intendono propinare ai loro telespettatori. E lo fanno, qui sta il colmo, tramite il connazionale che vive da anni all’estero e quindi meglio di tutti dovrebbe sapere che è solo fumo negli occhi. Il nostro protagonista si trova per l’appunto a dirigere un servizio sulla ripresa di un quartiere degradato di Lisbona e sulle politiche di lotta alla povertà portate avanti dall’amministrazione locale. C’è l’assessore, le facciate dei palazzi risplendono di nuova luce e tutto sembra testimoniare l’efficacia del fenomeno chiamato gentrification. Tutto eccetto lui, il vecchio Adelino, un barbone che in quella piazza ci vive, sprezzante dei borghesotti e dei turisti. Viene da chiedersi: riuscirà a smontare quella fragile impalcatura di apparenze?
Mille per una notte prende spunto da un evento che ha qualcosa di memorabile per chi, al netto del patriottismo sportivo, ama incondizionatamente il calcio: la finale di Champions League giocata a Lisbona nel 2014 tra l’Atlético Madrid e il Real Madrid. Un evento di tali dimensioni può essere un’opportunità o un pugno nello stomaco per una città che ha sempre conosciuto periodi piuttosto instabili dal punto di vista economico. Naturalmente certi personaggi del racconto cercheranno di piegare la situazione in loro favore, sapendo che la fortuna, quando passa, a volte si ferma solo una notte. È qui che Marcello Sacco offre l’immagine più tranciante e controversa degli abitanti di Lisbona, ma lo fa senza indulgere in facili pregiudizi, raccontando semplicemente una serie di azioni, a volte meschine, compiute da personaggi ispirati dall’interesse e dalla necessità.
Il lettore, forse, rimarrà spiazzato di fronte alla franchezza del nostro autore. E soprattutto gli contesterà il fatto di non aver rappresentato una città come quella che si era immaginato. Vedete, non era questo l’intento di Marcello Sacco. Era piuttosto quello di offrire la sua immagine di Lisbona, quella di chi se ne è andato da anni dal proprio Paese e cerca di restituire le impressioni accumulate su quello che l’ha accolto. C’è riuscito? Lo scoprirete solo mettendovi nei suoi panni e in quelli dei suoi personaggi.
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