Ognuno di noi ha una storia. Un lungo elenco di gioie, delusioni, speranze, delusioni, ricordi, progetti, vittorie e sconfitte. Il tempo sedimenta questi pezzi dentro di noi e spesso fissa alcuni momenti fondamentali ad una canzone.
Un gruppo, con la sua musica, raccoglie tutti questi pezzi e li unisce con un collante molto potente. I 24 Grana sono prima di tutto un gruppo d persone anch’esse con una storia personale da raccontare. Una storia che tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000 ha calcato i palchi piccoli, grandi e grandissimi di tutta Italia ottenendo un riscontro di pubblica e critica molto vasto.
La particolarità di Francesco Di Bella e soci era la loro grandissima umanità, una delle poche band che ha sempre abbattuto la famosa quarta parete che separa chi assiste ad uno spettacolo da chi quello spettacolo lo sta mettendo in scena.
Andare ai concerti dei 24 Grana, per chi li ha frequentati all’epoca dei loro album migliori, da Loop a K-Album, passando per quella pietra miliare che è Metaversus, significava costruire mattone dopo mattone insieme alla band un edificio capace di contenere tantissime storie. Alcune di quelle storie poi col tempo si sono esaurite, hanno perso per strada la loro spinta iniziale e hanno segnato il passo. Per questo Quando è arrivato “Sulla stessa barca” c’era un’atmosfera di stanchezza. Germogliava allora un inverno della musica che ha messo, si pensava, la parola fine alla storia dei 24 Grana.
Dove finiscono le canzoni di una band che si scioglie, come i 24 Grana?
Probabilmente restano vive grazie a tutti quelli che a quelle canzoni hanno attaccato un pezzo della loro vita. Per dieci anni tutte le canzoni dei 24 Grana hanno continuato a vivere in una terra di mezzo, un posto molto privato ed al contempo anche estremamente pubblico. Vivevano nella memoria e nelle case di chi li ha seguiti dagli inizi, continuavano a esistere nei racconti dei concerti sparsi per l’Italia, si sono tramandate anche a chi non li aveva intercettati per questioni anagrafiche.
Molti di quelli che c’erano al loro ritorno a casa, a Napoli, dopo l’ennesimo sold-out del tour che li ha visti riempire i club di Milano, Bologna, Perugia e Roma per approdare di nuovo a casa loro in un venerdì santo che ci ha ricordato che santificare le feste è un dovere soprattutto laico. Si, perché il concerto che ha segnato il ritorno a Napoli è stata una festa. A raccolta, come il titolo della loro ultima raccolta celebrativa, tutti sotto il palco.
Il primo spettacolo è stato aspettare l’inizio del concerto incontrando tutti gli amici e le persone che solitamente si incontravano ai loro concerti. Poi il live che grazie ad una scaletta sapiente ha segnato un crescendo senza tregua. Dopo qualche pezzo Francesco Di Bella si ferma per raccontare un po’ della loro nuova storia, sono parole che vibrano di emozione, poi si riparte con tutti i classici che hanno segnato la loro discografia. Sul nuovo singolo irrompe sul palco anche Clementino che poi duetta con la band anche su ‘e kose ke spakkano. Accireme, Nun me mov maje, l’Attenzione, la Costanza fanno letteralmente esplodere la casa della Musica.
Poi il reprise con Kevlar che è l’apice emotivo della serata. In un momento tutte le storie che si erano sparpagliate tornano assieme, e la mente va a tutti i pezzi e le persone lasciate per strada, la nostalgia è un’emozione che va maneggiata con cura, ma Giuseppe Fontanella e soci sono dei professionisti e sanno il fatto loro. Dalle parole di Francesco, poco prima della chiusura in grande stile, si capisce che questa storia appena ricominciata non può e non deve finire così. C’è ancora futuro, ci sono ancora cose da dire, canzoni da scrivere, storie da tenere insieme.
Sul palco salgono Dario Sansone dei Foja, Roberto Colella de La Maschera e Clementino per una versione di Stai Mai Ca’ da consegnare agli annali. Clementino ci appoggia un freestyle memorabile e tutti ballano sotto al palco fino a che la musica va.
Improvvisamente sembra che su quel palco si stia celebrando anche un passaggio del testimone tra due generazioni, una invitata che ha il compito di continuare tutto quello che di buono Di Bella e soci ci hanno mostrato. Poi è il tempo dei saluti, dei ringraziamenti, delle luci accese e dei visi stravolti dalla gioia e da molto altro.
I 24 Grana sono un gruppo che ha significato tanto, hanno scritto piccole storie, ma tantissime di quelle piccole storie tutte insieme ne hanno creata una molto più grande, e finalmente loro sono tornati per raccoglierne i frutti.
Live report a cura di Raffaele Calvanese
Photogallery di Angelo Orefice
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