Amo, la coraggiosa “rottura” di uno dei migliori album “metal” del 2019

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Amo è il titolo scelto da Oliver Sykes and co. per il loro ultimo album, rilasciato l’ormai scorso 25 gennaio 2019. Un titolo dal significato ben chiaro e confermato da quei cuoricini rossi che figurano su quello che è un artwork decisamente diverso dal solito sotto molti aspetti.

Un album che, fin dalle sue prime presentazioni, ha messo l’ascoltatore di fronte ad una precisa scelta

L’amore o l’odio. Album decisamente atipico per il complesso metalcore inglese (ma non del tutto inaspettato viste le già numerose derive pop ed elettroniche presentate da Sempiternal a That’s The Spirit), Amo riesce a piazzarsi tranquillamente tra le uscite più interessanti e accattivanti del panorama metal 2019 anche se, oggettivamente, di metal vi è veramente poco. E forse è proprio questo il suo più grande pregio. Rompere con il metal mantenendone l’insegnamento, utilizzandolo per fare musica dal sapore tremendamente pop ma estremamente valida, articolata e ben studiata. Il coraggio di portare freschezza in un mondo musicale da ormai troppi anni stagnante su se stesso e sui suoi antichi paletti.

Quella affrontata dai BMTH è una rottura decisa, telefonata da qualche anno ma, finalmente, percorsa con estremo coraggio e decisione, senza fronzoli, senza ulteriori attese. L’elettronica è divenuta finalmente elemento preponderante nella produzione dei pezzi rendendosi protagonista anche li dove, in ogni caso, le chitarre riescono comunque a ritagliarsi non pochi spazi.

A tratti minimale, a tratti atmosferico, a tratti estremamente violento o incredibilmente dolce ed orecchiabile

il grande pregio di amo sta nella capacità di offrire all’ascoltatore un panorama variegato di stili, in grado di sondare in lungo e in largo quali sono le diverse opzioni che musicisti come i Bring Me The Horizon, dopo anni di attività nell’ambito metalcore, sono in grado di proporre.

Inutile negarlo, nonostante pezzi dal taglio piuttosto duro come Wonderful Life e Mantra, la natura primaria di Amo è quella di un pop/alternative dalle venature sperimentali. Un album che osa, che prova a rompere con il passato riuscendoci in maniera magistrale spazzando via il rischio della famigerata “porcata” in cui spesso incorrono i musicisti che tentano di sradicare radici eccessivamente profonde. Proprio questa coraggiosa rottura lo rende uno dei fiori all’occhiello del panorama musicale di un anno a dir poco asettico e povero di uscite di rilievo.

Alle volte, nella vita, bisogna saper cogliere il momento della rottura, del distacco, bisogna saper lasciare andare e mettersi alle spalle quelle cose che, in qualche modo, avevano quel rassicurante profumo di…”casa”

Che siano stili, convinzioni, lavori, affetti, o amori, il momento della spaccatura arriva per tutti. Solo la fortuna riesce a delimitarne il livello di trauma. Così, in qualche modo, tra canzoni dal tono talvolta ironico e provocatorio, altre malinconico e romantico, i Bring me The Horizon affrontano il tema della rottura non solo con la loro rinnovata offerta musicale ma anche tramite le scelte testuali e liriche.

Così l’ironia di una Medicine va a raccontarci il liberarsi da quelle persone negative, quei ladri di energie che, spesso, come nuvole oscurano il nostro cammino. Così Wonderful Life mette in evidenza quella vita monotona e ripetitiva in cui, alle volte, siamo ingabbiati e con cui vorremmo rompere. Con In the Dark vengono messi in luce i pensieri tormentati di un animo tragicamente ferito e Don’t know what to say ricorda quei flussi di pensiero che spesso ronzano nella nostra testa nei momenti seguenti ad una dolorosa perdita.

“So don’t swear to God, He never asked you
It’s not his heart you drove a knife through
It’s not his world you turned inside out
Not his tears still rolling down
Jesus Christ, you’re so damn cold
Don’t you know you’ve lost control?
Forget about the things you think I know
No secrets, you can’t keep me”

Ci sono tanti tipi di rotture. Quelle dal sapore agrodolce, quelle vittoriose e quelle amare, dal chiaro sentore di sconfitta

E non basta, per superarle, nascondere la polvere sotto al tappeto, tenerci all’oscuro delle loro conseguenze che, spesso, fanno rima con “cambiamento”. Spezzato un filo se ne deve creare uno nuovo e il dolore è spesso uno di quei pilastri su cui si basano le fondamenta di una nuova nascita.

Non è mai piacevole rompere, ma alle volte va fatto, nonostante tutto. Rompere con il passato, rompere con i nostri trascorsi, con le persone, con le nostre aspirazioni, i nostri desideri e, alle volte, alcuni lati di noi stessi. L’importante è trarne una crescita, qualcosa che sia in grado di darci il via per costruire qualcosa di nuovo. Questo, i Bring me The Horizon, lo hanno fatto in modo a dir poco ineccepibile.

Lorenzo Natali
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