5o anni di Jesus Christ Superstar: dall’opera rock al mito

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Nel 1970 uscì uno degli album che avrebbe rivoluzionato il pensiero mondiale su tematiche definite “intoccabili” fino a quel momento. Jesus Christ Superstar, musiche di Andrew Lloyd Webber su testi di Tim Rice,  vantava, in origine, nel ruolo di Gesù il cantante dei Deep Purple, Ian Gillan, mentre Murray Head aveva quello di Giuda. Yvonne Elliman (come Maria Maddalena) e Barry Dennen ne i panni di Ponzio Pilato,  erano presenti sia nel disco che nel successivo film che uscirà ne 1973 per la regia di Norman Jewison.

Un successo su larga scala forte delle sette milioni di copie vendute in tutto il mondo e delle innumerevoli trasposizioni del musical che seguirono l’uscita del film. Un cult, una pietra miliare della storia del rock destinata, ancora oggi, a parlare ad ognuno di noi e a farci riflettere con un focus modernissimo su una storia che fa parte della nostra cultura.

Jesus Christ Superstar

JESUS CHRIST SUPERSTAR: DENTRO LA STORIA

Listen Jesus I don’t like what I see.

All I ask is that you listen to me.

And remember, I’ve been your right hand man all along.

You have set them all on fire.

They think they’ve found the new Messiah.

And they’ll hurt you when they find they’re wrong.

Giuda

Il vinile è a casa mia e lo custodisco con cura. Lo comprò mia mamma cinquanta anni fa e, mi raccontava, lo metteva su quando voleva dare una sferzata ad una festa. Fa parte della mia cultura musicale e rappresenta il modo in cui raccontare di un personaggio “scomodo” come Gesù.

Ma questo vinile ha una storia affascinante che inizia nel 1969 in Italia, a Ventimiglia, a casa della zia di Tim Rice dove quest’ultimo e Lloyd Webber erano soliti trascorrere le vacanze.

Due giovani talenti, appena ventenni, infiammati dall’intuizione di raccontare la storia di Gesù cercando di rapportarla ai tempi moderni, cercando di mantenere un sottile equilibrio tra blasfemia e rispetto delle Sacre Scritture, tra sacro e profano. L’idea originale e spiazzante è che, a raccontare l’intera vicenda sia Giuda, quel discepolo che dopo averlo seguito e servito, decide di tradire Gesù per del denaro.

Si delineano così figure più complesse e approfondite psicologicamente andando a comporre un vero e proprio impianto drammaturgico. Giuda si sente per primo tradito dal suo Maestro e lo accusa di elevarsi troppo al di sopra dell’umano, di non ascoltare più le esigenze del popolo e di dare troppa importanza ad una creatura inferiore come la Maddalena.

Nell’opera viene descritta l’ultima settimana di vita di Gesù e lo scontro, sia sul piano personale che ideologico, con la figura di Giuda. L’ambientazione è quella hippie degli anni ’70, Gesù viene presentato come un rivoluzionario contemporaneo, la potenza del suo personaggio e del suo messaggio fanno sì che diventi un’icona dei tempi moderni, una vera e propria “star”.

Un’altra interessante osservazione da fare è che nel racconto, riscritto da Rice, non si fa alcuna menzione alla resurrezione di Cristo. Gesù resta un umano che soffre e muore sulla croce e sta al pubblico dare la propria interpretazione, <<He’s a man, He’s just a man, He is not a king>> intonerà Giuda prima della sua morte. Il tutto è condito da una musica vibrante e da un rock travolgente che si rifà ai gospel e al canto sacro che scuote le corde emotive di chi ascolta.

Al di là dello spettacolo, la storia di Gesù è un pilastro della cultura europea e occidentale: tutti hanno una propria opinione, credenti o non, e penso che noi, quasi mezzo secolo fa, l’abbiamo raccontata in modo originale.

Andrew Lloyd Webber

ACCOGLIENZA E CRITICHE

I don’t know how to love him. What to do, how to move him. (…)

Should I speak of love, Let my feelings out?

Maria Maddalena

Quando Webber e Rice si misero alla ricerca di chi realizzasse lo show che avevano creato non fu facile e si accontentarono, in primis, di pubblicare l’album che scalò la hit americana raggiungendo fin da subito i due milioni di copie vendute nonostante la BBC lo avesse definito “sacrilego”.

<<Siamo partiti dal disco- ha spiegato Rice- <<Una volta finito, abbiamo visto che poteva funzionare come opera rock a teatro: non volevamo un musical convenzionale>>.

Fu grazie all’impresario Robert Stigwood (colui che aveva lanciato i Bee Gees) che la realizzazione del musical divenne realtà. Il 12 luglio 1971 partì il primo tour ufficiale, con il grande Carl Anderson nel ruolo di Giuda; Jeffe Fenholt, un folk-rock singer americano di soli 21 anni, nella parte di Gesù e Yvonne Elliman in quello di Maria Maddalena. L’esecuzione musicale fu affidata ad una rock band e ad un’orchestra di 32 elementi.

Debuttarono a Pittsburgh di fronte a 13.000 persone e fu subito il più grande successo di tutti i tempi. Il tour nel Nord America fece il tutto esaurito ma quando lo show arrivò nel profondo Sud, il cast ricevette continue minacce di morte e nel New Jersey gli attori dovettero addirittura barricarsi in albergo.

È del 1973 la realizzazione del film omonimo con Carl Anderson nel ruolo di Giuda, Ted Neeley nel ruolo di Gesù e sempre la Elliman in quello di Maria Maddalena.

Le critiche continuarono a fioccare soprattutto da parte degli esponenti della religione ebraica e dai cristiani ortodossi che definirono il musical: “troppo hippie e con una descrizione di Gesù troppo umana” e non approvarono la descrizione di Maria Maddalena come “innamorata” del Messia.

A sorpresa, in Italia, l’accoglienza fu migliore e l’opera riuscì a passare i controlli della CEI che diede l’ok per la diffusione aggiungendo che lo show: <<Non vuole essere, e non è, né quella della storia, né quella dei Vangeli. Una tale fisionomia di spettacolo-fantasia-religiosa è esaltante e stimolante, anche per la ricchezza artistica del lavoro; merita perciò una raccomandazione ma esige tuttavia un accostamento avveduto e cosciente>>. La leggenda narra che anche Paolo VI dopo aver visionato il film espresse il suo consenso anche se non si hanno fonti ufficiali delle sue dichiarazioni (solo la testimonianza di Neely).

Un’altra curiosità degna di nota è che la canzone del Re Erode era stata già composta in precedenza dal duo Rice-Webber per partecipare, senza successo, all’Eurovision Song contest per la Gran Bretagna del 1967 con il titolo di Try and See e fu Rita Pavone, poi, ad inciderla e a darle una certa risonanza.

Il 3 ottobre 1978, con la 2.620 replica,  Jesus Christ Superstar divenne il musical più rappresentato nella storia del teatro inglese. E’ stato visto da due milioni di persone e ha incassato oltre 7 milioni di sterline al botteghino. Fino al 1994, quando Les Miserables prese il suo posto, continuò ad essere il terzo musical più visto nel West End, dopo Cats e Starlight Express.

JESUS CHRIST SUPERSTAR: OGGI

Jesus Christ Superstar

L’opera Rock è stata tradotto in undici lingue, rappresentata in 22 paesi e ha incassato 100 milioni di sterline. Ted Neeley, a 77 anni suonati, ha da poco concluso la tournèe in Italia con la trasposizione del musical per la regia di Massimo Romeo Piparo.

Jesus Christ Superstar ha reso il rock rispettabile, ed è convinzione comune che, dopo questo musical, a Broadway tutto sia cambiato. Quella che resta è la potenza drammaturgica dei personaggi e la capacità di rendere un racconto quasi mitologico così vero, così vicino, così popolare.

Oltre alla divertente citazione degli Elio e Le Storie Tese di This Jesus Must Die ne La vendetta del fantasma formaggino del 1992, un bellissimo omaggio all’opera arriva, recentemente, da Stefano Bollani che ha deciso di creare la sua personale versione del capolavoro. Con Variations on Jesus Christ Superstar, Bollani, con il permesso di Webber, improvvisa sui temi originali facendo incontrare e fondere nuovi generi musicali a lui cari.

Segno che Jesus Christ Superstar è un’opera omnia da cui chiunque può attingere con la propria arte e renderla immortale. Ecco perché mi tengo stretta quel vinile, a casa mia, e, quando lo ascolto, rivivo, in un attimo, nella potenza di quelle note e di quelle parole, tutta la storia dell’umanità.

Elena Fioretti
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