I Blind Guardian sono giunti a Ciampino (RM) all’Orion per promuovere il loro ultimo album, The God Machine, uscito a settembre 2022 per Nuclear Blast.
Ben due date in Italia, una a Milano e l’altra appunto nei pressi di Roma, sanciscono l’importanza che i Bardi conferiscono ai propri fan italiani. Sanno che il Belpaese li ama e li venera come si fa con le band leggendarie e i Blind Guardian se ne rendono conto: varie volte Hansi Kursch avrà modo di congratularsi con il pubblico presente all’Orion (You are f***ing amazing and fantastic… and whatever).
Del resto, bastano poche note di Imaginations From The Other Side per infiammare il pubblico, che diventa di fatto il membro aggiunto della band. Praticamente chiunque ha urlato a squarciagola i versi del ritornello, sovrastando la voce di Hansi e del resto della band impegnata nei cori.
Dopodiché, con Blood Of The Elves, tratta dall’ultimo album, e la storica Nightfall il pubblico diventa un’autentica furia. Il pogo diventa assolutamente forsennato, dando il via a ripetuti moshpit e circlepit, mentre i più tranquilli si accontentano di cantare e fare headbanging.
Il calore del pubblico carica ulteriormente i Blind Guardian, che non si risparmiano assolutamente, decisi a regalare uno show assolutamente fantastico.
Eccoli quindi riproporre un brano storico seguito da uno inedito: Script From My Requiem e Violent Shadows. Si tratta di uno schema che viene ripetuto più di una volta, come avviene poco dopo con la storica Born in a Mourning hall e l’opener dell’ultimo album Deliver Us From Evil.
Tuttavia con Bard’s Song si assiste a qualcosa di meraviglioso: Hansi cede direttamente il microfono al pubblico, che canta per lui quasi interamente la storica canzone dei bardi.
Con Majesty e Traveler si potrebbe supporre che lo spettacolo sia già finito. Non è così. Gli alfieri del Power Metal ne hanno ancora per una mezz’ora circa. Riaprono le danze con Sacred Worlds e Lord Of The Rings. Poi il pubblico incalza (anche da prima dell’inizio del concerto) con la storica Valhalla. Varie volte si erano uditi i cori “Valhalla – Deliverance / Why’ve you ever forgotten me”: tanto tuonò che piovve, e i Blind Guardian e il pubblico come membro aggiunto scatenano un autentico panico all’interno dell’Orion.
Le danze si chiudono sulle note di Mirror Mirror, confermando la potenza della serata, l’intensità della band sul palco e il calore dei fan in tutto il locale.
I Blind Guardian regalano spettacolo ad altissimo livello nel locale al di fuori del Grande Raccordo Anulare e si cimentano in un concerto senza esclusione di colpi. Un concerto che comunque li travolge, positivamente parlando, per l’affetto, il calore e la partecipazione degli spettatori presenti. Un’intensità nell’esprimere l’emozione e la passione per la musica della band che diventa estremamente e rapidamente contagiosa: impossibile restare impassibili. E i musicisti sul palco ne sono rimasti estasiati ed affascinati.
Non è mancato anche un attimo di umana apprensione da parte di Hansi, il quale, per accertarsi che un fan stesse bene dopo un’azione un po’ avventata, ha mollato temporaneamente il microfono, lasciando che il pubblico cantasse per lui.
Al di là di una serata assolutamente emozionante come poche band al mondo riescono a mettere su, ci si pone un quesito fondamentale: come è possibile che un gruppo storico come i Blind Guardian, con un seguito numeroso ed estremamente affiatato, è stato costretto negli spazi non adeguatissimi dell’Orion (locale di tutto rispetto, ma forse un po’ limitato per una serata di questo livello e di questa intensità)?
Sarebbe il caso di riflettere se non sia più saggio realizzare per la capitale d’Italia degli spazi validi per serate di questo tipo: chiaramente i Blind Guardian non riempiono lo Stadio Olimpico, ma le 1.200 persone circa che l’Orion può ospitare sono un numero un po’ risicato, mettendo a repentaglio la sicurezza dei presenti, la tenuta degli spazi e, last but not leasst, la riuscita di una serata.
Ad ogni modo, i paladini del Power si sono portati a casa una serata sicuramente piacevole e intensa, e chi è venuto a vederli avrà sicuramente una bella storia da raccontare agli amici, chiacchierando di metal e concerti davanti a qualche bel boccale di birra.
Merita una nota di apprezzamento il gruppo spalla.
Gli Scardust, provenienti da Israele, offrono una formula piuttosto interessante di Progressive e Power Metal, mettendo insieme le doti da frontwoman della vocalist Noa Gruman e le abilità tecniche dei vari strumentisti, in particolare dell’istrionico bassista Orr Didi. Sebbene la resa a livello di fonia non fosse proprio ineccepibile, si è capito come la band punti tantissimo sulla componente tecnica, e ne hanno da vendere (e da far impallidire anche i nomi più blasonati).
Manca un po’ la tenuta dei singoli brani, che, in un contesto differente da quello del live, probabilmente perdono molta intensità. Il quintetto deve esserne piuttosto cosciente ed è encomiabile lo sforzo di introdurre il pubblico in tutti i modi possibili a un repertorio così complesso. Noa varie volte spiega e recita alcune parti vocali, permettendo ai presenti di apprendere i cori da eseguire durante i ritornelli e questa attenzione verso gli spettatori, questo calore nell’interagire con essi, ne migliora i risultati finali.
Varie volte le band prog sono state accusate di un’eccessiva freddezza. Ecco, degli Scardust tutto si può dire tranne che siano stati freddi. Anzi hanno operato una giusta apertura a delle leggende come i Blind Guardian in una serata assolutamente esplosiva.
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