Aborted: ManiaCult [Recensione]

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Il nuovo album degli Aborted, ManiaCult, è ormai uscito da alcuni giorni tramite l’etichetta Century Media Records. Si tratta del loro undicesimo album, e possiamo definirlo come il terzo di una trilogia composta da Retrogore e Terrorvision.

Posso definire ManiaCult come il primo album degli Aborted che ascolto seriamente, perchè fino ad ora mi ero limitato ad ascoltare qualche canzone sparsa, ma senza mai approfondire e senza mai cercare di capirli nel profondo, diciamo che ero molto più attirato dalle copertine, e devo dire che, anche in questo caso, sono rimasto affascinato dall’alto contenuto di gore nella cover.

Al non essere mai andato oltre qualche canzone degli Aborted (canzoni che si contano sulle dita di una sola mano) si aggiunge il fattore che, negli anni, il Death Metal abbia smesso di essere uno dei miei generi di riferimento e preferiti, insieme ai suoi, tanti, sotto-generi. Quindi, questo nuovo ManiaCult oltre ad essere il mio primo album della band belga, riuscirà a farmi, anche un minimo, appassionare di nuovo al Death Metal (cosa non riuscita con gli Ex-Deo)?

Non aspettatevi di leggere la recensione scritta da chi gli Aborted li conosce e che magari può andare nei dettagli del nuovo ManiaCult. Come dicevo non li conosco completamente, e sarà tutto molto “esterno”

Dopo la prima “traccia-intro” di ManiaCult, ovvero “Verderf”, gli Aborted decidono di puntare subito sul piatto forte. La seconda traccia è infatti la title-track, “ManiaCult”, che passa come un Death Metal molto sul classico ma ben organizzato, non si punta sui virtuosismi, ma sulla potenza e sullo scandire alla perfezione i riff, stesso discorso per il solo, “semplice” e corto ma di impatto.

Discorsi diversi invece per le due tracce seguenti, “Impetus Odi” e “Portal to Vacuity”. La prima delle due sembra essere totalmente il contrario della title-track, soprattutto per il solo ed il ritornello in cui i blast beat si prendono tutta la scena. Nel caso della seconda invece gli Aborted optano per un genere più “moderno”, infatti “Portal to Vacuity” è una traccia con la forte presenza di influenze deathcore (si potrebbe anche dire che lo sia completamente), e lo si capisce fin dall’inizio.

Gli Aborted tornano sul classico con “Dementophobia”, una traccia di facile presa ed analisi, in cui sono ben distinte le varie strofe, ritornelli e poi gli assoli insieme ai bridge, ognuno di loro ha la propria parte strumentale, senza troppi “giri di riff”. Trova ancora uno spazio molto gradito il deathcore con “Ceremonial Ineptitude”, in questo caso però abbiamo delle influenze melodic, che rendono il pezzo forse uno dei meglio riusciti di ManiaCult.

Aborted: ManiaCult [Recensione] 1

ManiaCult sembra funzionare, e gli Aborted riescono a far riaccendere, anche se per poco, la mia fiamma di passione per il Death Metal. Ed in tutto questo l’album giunge quasi al termine

Ultimamente non è facile trovare degli album che riescano a mantenere alta la qualità del lavoro fino alla fine, anche quelli che magari cominciano bene, che sembrano essere capolavori verso la fine allentano sempre la presa, giocandosi dei punti importati in fatto di apprezzamento. Questo discorso non vale però per gli Aborted che con il loro ManiaCult riescono a tenere alta la qualità del lavoro fino alla fine, anche andando a “ripetersi”.

A dimostrazione di quello che ho appena detto ci sono le ultime tracce: “Drag Me to Hell”, “Grotesque” e “I Prediletti: The Folly of the Gods” (che è tra l’altro la traccia più lunga dell’album). Tre canzoni sulla linea del resto di ManiaCult e che in teoria dovrebbero “annoiare” l’ascoltatore, ma gli Aborted riescono a rendere il tutto piacevole anche grazie alla varietà di sound da cui la band parte, che gli permette di tirare fuori qualcosa di diverso per ogni singolo.

ManiaCult
Marco Mancinelli
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