SCHUMACHER: Netflix o Wikipedia?

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Con il nuovo documentario su Schumacher, Netflix continua la sua collaborazione con la Formula 1. Il film-documentario sul sette volte campione del mondo tedesco arriva nel momento giusto, vista la presenza del figlio, Mick, nel circus della Formula 1.

E’ l’8 ottobre del 2000, io ero ancora un bambino e la mia routine durante della domenica era semplice: alzarsi più o meno tardi, fare colazione, passare la mattina a giocare per poi andare a pranzo dai nonni per starci fino a tardo pomeriggio (magari nel mezzo ci scappava anche un sonnellino), ma quel giorno dei primi di ottobre c’era qualcosa di diverso. Infatti quella mattina in Italia si respirava un’aria di festa, di gioia, era successo qualcosa di grandioso, Michael Schumacher era diventato campione del mondo di Formula 1 con la Ferrari.

Schumacher

Quella gara si era svolta la mattina presto, ed ovviamente io dormivo, ma come tanti italiani quel giorno, la vidi il pomeriggio, all’ora di pranzo, sulla Rai, ed alla telecronaca c’era Gianfranco Mazzoni. Ricordo perfettamente quelle immagini, le parole del commentatore durante i giri finali ed i giorni seguenti, l’Italia e la Ferrari avevano ufficialmente un nuovo eroe, Michael Schumacher. Ovviamente anche questo episodio è ben raccontato nel documentario “SCHUMACHER” uscito ieri su Netflix, anzi, un “non-documentario”.

Raccontare Michael Schumacher non è semplice, anche se riesci ad intervistare la sua famiglia ed i suoi migliori amici, ed il documentario di Netflix ne è la dimostrazione

Si potrebbe fare l’errore, anzi, è stato fatto l’errore, di pensare che fare un documentario su Michael Schumacher potesse essere facile. Infondo negli anni è passato dall’essere un pilota di Formula 1 all’essere il pilota della Ferrari in F1, cosa che ti fa diventare un personaggio pubblico, praticamente un VIP, ma non è così, anzi. Proprio per il suo essere diventato una vera e propria leggenda dell’automobilismo è impossibile fare un documentario sulla sua vita e carriera, e se non fosse che, questo docu-film racconta poco o niente, Netflix sarebbe anche giustificata dal brutto lavoro fatto.

Schumacher

Il documentario sembra essere ben fatto nelle scene in cui si racconta della carriera di Michael Schumacher sui Go-Kart, immagini e testimonianze da tenere strette viste la loro rarità (anche se è un discorso che vale per tutti i piloti, anche quelli più giovani). Scene che raccontano di come si è formato il carattere di Michael, dal suo volerci, diciamo, riuscirci al primo colpo per non perdere nessuna occasione, al correre su dei Kart con pezzi di seconda mano, cosa che gli permise di essere competitivo poi in Formula 1 (come le vittorie a bordo della Ferrari del 1996).

Se i primi anni della carriera di Michael Schumacher sono raccontati più o meno dettagliatamente, il resto del documentario sembra una pagina Wikipedia letta a voce

Come dicevo nelle qualche riga sopra, non è facile fare un documentario su Michael Schumacher, essendo appunto un personaggio pubblico, su cui tutti sanno tutto, anche se si parla solo di carriera sportiva. Dopo le scene della sua vita passata su Go-Kart vengono mostrate le immagini della sua carriera in Formula 1, ed è da qui che comincia ad essere tutto in salita ma soprattutto “scontato”. Sembra quasi essere la pagina wikipedia di Schumacher letta a voce con l’aggiunta delle interviste allo stesso pilota, agli amici ed ai parenti.

La carriera di Michael Schumacher viene raccontata bene cronologicamente ma purtroppo, per cercare di fare un documentario il più corto possibile (un’ora e un quarto di documentario, dettata, purtroppo, dai bisogni delle politiche di Netflix), vengono saltati molti momenti importanti della sua carriera (sia prima degli anni in Ferrari che dopo) o viene dato poco spazio ad altri, ancora peggio se gli episodi raccontati sono quelli che tutti, appassionati e non, sanno. Insomma, mentre vedevo il documentario nella mia testa pensavo “questa lo so, anche questa la so, mi ricordo ancora questo momento”.

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Non voglio dire che sia stato un completo fallimento o una cosa che si poteva evitare, anche perchè questo documentario è stato voluto anche dalla famiglia Schumacher e sarebbe quasi una mancanza di rispetto, e so perfettamente anche che delle politiche aziendali, nel caso, possono essere messe al di sopra dei voleri di una famiglia che da anni tiene vivo il ricordo di una vera e propria leggenda della Formula 1. Ma di fronte a tutto questo è giusto rendersi conto di quanto possa essere stato deludente, anche se mentre lo si guarda si piange pensando ai tanti bei ricordi che ha lasciato Michael.

In conclusione non si può dire “dovete vederlo” o “non dovete vederlo”, ma di certo se si vuole sapere qualcosa di più sulla vita e carriera di Michael Schumacher ci sono tanti altri documentari o testimonianze che possono dire molto di più

Nel caso del documentario “SCHUMACHER” non si può parlare di operazione di marketing utile ad avvicinare più persone possibili alla Formula 1 (a differenza di Drive to Survive) perchè Michael è conosciuto da tutti, anche magari ai meno appassionati di F1 e giusto per le scene dei suoi primi anni in F1 si può parlare di “storie non conosciute”, e tutti, appassionati e no, sicuramente si emozioneranno nel vedere certe immagini.

Però, voglio rivolgermi a chi deciderà di avvicinarsi alla Formula 1 dopo questo documentario o a chi magari vorrà saperne qualcosa di più sulla carriera del “Kaiser”; sul web sono disponibili tanti altri documentari, molto più dettagliati e che riescono a raccontare anche il Michael Schumacher a bordo di altri tipi di vetture. Per terminare la recensione di questo documentario, che possiamo definire come un audiobook, vorrei dire che sarebbe stato molto apprezzato magari il mettere le telecronache in italiano per certi momenti iconici della carriera di Michael.

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Marco Mancinelli
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