Parlare di Marracash è sempre riduttivo, come lo è definire il suo ultimo album una vera e propria perla. Non era facile bissare il clamoroso successo di Persona, eppure il rapper/cantautore è riuscito a tirar fuori, grazie alla sua penna sofisticata e tagliente, un’opera che sarà destinata ai posteri.
Nonostante il titolo voglia raggruppare a sé tutto l’essere umano come nel precedente album, Marracash tira fuori i suoi pensieri più reconditi, una composizione psicologica dei suoi traumi, delle sue esperienze personali.
Noi, loro, gli altri si apre con la traccia Loro, uno dei testi più potenti dell’album e forse anche di tutta la discografia di Marracash: sopra ad una base liturgica le parole colpiscono in maniera dura e diretta, sputano in faccia delle verità inossidabili. La canzone è dedicata a tutti quei “Loro” che possiedono il potere: il potere delle vendite musicali, il potere dei soldi, il potere dello Stato.
Sarò sincero, quando ho ascoltato per la prima volta la seconda traccia mi sono fatto una grandissima risata. E non per il titolo, quanto per l’aver avuto il coraggio di usare come beat l’aria di Leoncavallo, Vesti la giubba.
La voce di Pavarotti, inconfondibile nella sua interezza, aiuta Marracash a portare avanti la traccia Pagliaccio, con ovvio e chiaro riferimento all’intero establishment musicale contemporaneo.
Il tema del passato ritorna ad illuminare il cammino del rapper, colui che più di tutti ha venerato e venera le strade del suo quartiere natale. Marracash non vuole dimenticare, in modo da non diventare come tutti quei “pagliacci” musicali che lo circondano.
Attraverso citazioni cinematografiche da Scarface, Il Padrino e Il Signore degli Anelli e assonanze ben assestate, il cantautore milanese si diletta a raccontare e dissare l’intero panorama del rap italiano, in un turbinio di rime interne:
Ora che il livello è più basso del tuo plafond / Se vi chiudono tutti in una stanza a fare i maranza Bro ce n’è abbastanza per fare la nuova stagione di LOL.
Infinity Love, traccia numero tre dell’album, fa fare un salto nel tempo alla generazione degli anni ’90: il feat con Guè si articola sulla canzone Infinity, un vero e proprio must per i Nokia 5300 nelle scuole medie/superiori e nelle discoteche di tutta Italia.
La canzone racchiude gli amori più puri per i due rapper milanesi: quello per gli amici, quello per la strada e quello per una donna. Tra il mito di Proust e gli incastri in rima, Guè e Marracash donano all’ascoltatore un momento di pausa, di riflessione, di amore nostalgico per un passato ormai perduto.
Io è, probabilmente, insieme a Dubbi e Noi, la canzone più intima di questo album. Il tono della traccia cambia nuovamente: qui sentiamo un Marracash diverso, una persona che tuttora sta cercando, attraverso la musica, un modo per esporre i suoi pensieri più profondi, un’auto analisi psicologica di un rapper ormai fattosi uomo, che non nasconde le sue paure e preoccupazioni, ma le esterna con il mondo intero.
Le maschere pirandelliane, il valore dei soldi, la figura del cane (forse ripresa anche da quel Rino Gaetano mai dimenticato) sono le linee guida per il percorso interiore di Marracash, il quale legge dentro se stesso e replica sotto strofe mai banali.
Crazy Love è una sottile rappresentazione di un amore, un amore che ha aiutato Marracash che lo ha scagionato dalle catene di quella relazione tossica raccontata in Persona. La traccia è un feat con Elodie e Mahmood, i quali si sono quasi nascosti dietro il beat, come una finestra che fa entrare un minuscolo raggio di sole in una stanza ormai vuota.
La relazione è finita, ma non per questo non ci dovrà essere del rispetto reciproco tra i due, che si sono distinti nuovamente per la loro maturità artistica e non, lasciando fuori dal gossip e dalle malelingue la fine di un periodo.
Con la traccia numero 6, il buon Marra torna a distruggere tutto e tutti. Cosplayer è una traccia che, per 3 minuti e 41 secondi, non cala mai di ritmo. Il feat nascosto con Salmo fa ritornare il beat di Marracash al ritmo old school, in quella che è, a tutti gli effetti, la traccia più “violenta” dell’intero album.
Ovviamente è una violenza figurata: è una verità che nessun artista ha potuto, voluto fare. Anzi, non ha avuto il coraggio di metterla per scritto.
Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità / abbiamo perso di vista quella collettiva / l’abbiamo frammentata / noi loro e gli altri / noi loro e gli altri / persone
Dubbi prosegue il modus operandi di Io, una traccia psicanalitica di Marracash. Addirittura questa è ancora più intima, è una confessione del rapper e della problematica della sua doppia identità.
Se da una parte abbiamo il “fenomeno Marra”, dall’altra esiste Fabio, un uomo che non riesce a trovare un equilibrio nella sua vita privata. È un fenomeno frequente tra i cantanti e gli attori (ad esempio Caparezza): le persone vedono soltanto una facciata dell’essere umano, non curandosi delle difficoltà della vita, anche per un apparentemente intoccabile personaggio famoso.
Il beat è reso ancora più angosciante grazie ad un motivo stile Angelo Badalamenti, che trova il suo climax nel ritornello, il quale ripete semplicemente la stessa parola: dubbi. L’empatia che si viene a creare è eccezionalmente cruda, un monito per ricordare a tutti noi che, nonostante vogliamo nasconderci dietro una corazza di ferro, tutti noi abbiamo dubbi.
Laurea ad Honorem è la traccia più sopravvalutata dell’album: nonostante dal punto di vista del testo la penna di Marracash sia sempre ad alti livelli (A tutti i ragazzi disastrati / venuti su dritti che vivono in case cadenti / tra le rovine delle loro famiglie / una laurea ad honorem / a te che sei la più forte), il feat con Calcutta distrugge l’ambiente creato fino ad ora.
L’unione di più generi è solitamente un bene, in questo caso il pop più romanzato risucchia l’anima della canzone, la quale si ritrova ad essere l’ennesima, melensa, opera da piagnisteo corale.
Con la traccia numero 9 la situazione cambia: Noi rappresenta quel genere di rap che sembrava ormai completamente perduto. Lo Storytelling Rap di Marracash raggiunge qui vette ancora inesplorate, in un’ambientazione di New hollywoodiana memoria.
Se con Stan Eminem rende immortale questo sottogenere, con Noi Marra fa capire all’Italia, all’Europa e al mondo tutto che il rap non è morto, era solamente andato a riflettere.
Ed è proprio questo che viene narrato nella traccia: una riflessione sulla vita, fatta di dolci ricordi e di amare esperienze, anche tragiche se vogliamo essere onesti. La quantità dei dettagli del testo rende il tutto ancora più veritiero, come se tutti noi fossimo davanti ad uno schermo a vedere un film del De Sica di fine anni ’40.
Noi, insieme a Dubbi è quindi la traccia meglio riuscita, un’apoteosi verbale all’interno della quale ci si trova ad essere lo spettatore silenzioso nella vita di qualcuno. D’altra parte chi non ha mai voluto essere una mosca per poter vedere quello che succede quando noi non ci siamo?
La traccia successiva apre al primo Skit dell’album, una visione quasi da scioglilingua dell’intero album. Il narratore? Il signor Fabrizio Tarducci, in arte Fabri Fibra. L’artista di Senigallia propone la sua chiave di lettura di Noi, loro, gli altri, utilizzando proprio come punto di appoggio per i versi queste tre parole: noi, loro, gli altri. Maestro.
Gli altri (giorni stupidi) si arrangia sul ritornello di Giorni stupidi di Rokas: questa canzone è una critica all’artificiosità, alla continua lotta per le cose più irrilevanti. Si parla di asterisco per i non binari, si parla di uomini che lasciano il lavoro per fare il tiktoker per il figlio appassionato di Call of Duty. Non bisogna guardare il dito, bisogna guardare la luna, è quello l’obiettivo.
Il feat con Blanco crea Nemesi, un discorso sulla doppia identità di Marracash: come nella canzone Madame-L’anima di Persona, anche qua Marra da vita ad una sua seconda voce attraverso un altro artista.
Se nel precedente album la seconda protagonista della canzone fu Madame, in questo caso il secondo in ruolo è Blanco, l’artista più di tutti si differenzia dal rapper di Milano per stile e penna, nonostante anche la sua non sia per niente male.
Nonostante questa palese differenza tra i due, Marracash ruba un marchio di fabbrica dell’enfant prodige bresciano: lo scream. Nell’ultimo pre-ritornello l’artista sfoggia un urlato inaspettato e commovente, quasi catartico.
Dopo Dumbo gets mad, ultimo skit dell’album, troviamo la traccia conclusiva di Noi, loro, gli altri: Cliffhanger. Forse la traccia con più marracashiana memoria: dissa, crea collegamenti cinematografici, arroganza fino al midollo, fino a raggiungere il momento di massima tensione. Il cliffhanger viene spazzato via da una piccola pausa e da una frase: “Mi sono ripreso, okay sono pronto”. Impossibile battere un uomo così.
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