Artista poliedrica, viscerale e passionale dalla voce struggente, Paola Turci continua ad essere una delle cantanti più apprezzate del panorama musicale italiano. Determinata e grintosa, con lo straordinario talento di sapersi reinventare, la cantautrice romana ha fatto delle sue emozioni la carta vincente per resistere e persistere nel tempo
Da sempre ho avuto la (strana? forse sì…) convinzione che i cantanti e gli artisti in generale si dividano i due onestissime categorie: quelli che si possono definire razionali, dove il loro modo di concedersi al pubblico è fatto di assoluto rispetto e abnegazione; altri invece si possono definire passionari, dove il loro modo di approcciarsi al pubblico è dettato dal sentimento assoluto che provano per ciò che fanno. E poi ci sono artisti che hanno entrambe queste qualità, che sono incontrovertibili e ardenti, metodici e istintivi allo stesso tempo, e Paola Turci fa senza dubbio parte di quest’ultima categoria.
Come un bocciolo a primavera, la cantautrice ed interprete capitolina ha la straordinaria ed assoluta capacità naturale di rinnovarsi e stravolgere garbatamente la sua essenza, di dare dignità e spessore alle parole che canta e di far emergere, sempre con stile ed eleganza, quel suo spirito anticonformista che tanto mi piace.
Infatti, le parole dei suoi testi le cura dolcemente, incastrandole magistralmente nei suoi brani ora più delicati ed armoniosi, ora più ermetici e pungenti, ma anche interprete viscerale ed autentica. E’ una boccata d’aria fresca sulla scena italiana, spesso troppo attenta ad aspiranti cantanti piatte, sguaiate ed ordinarie.
Competente e credibile in tutti i suoi lavori discografici, Paola Turci si è asserita nelle fila della scuola romana – la stessa di Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Rino Gaetano e Fiorella Mannoia – quella che è riuscita a sintetizzare al meglio la musica popolare (non grottesca) italiana. Nei suoi live è abituata a regalare al pubblico il meglio di sé: emozioni e sentimenti la fanno da padrona in una scaletta pressoché perfetta che spazia da canzoni minimali ed intimistiche a quelle più rock, dove esce fuori la sua voce più graffiante ed arguta.
La “ragazza di Roma” ha una carriera artistica invidiabile, per questo motivo, comprenderete bene, che scegliere solo dieci canzoni più significative è stato un compito arduo, ma nello stesso tempo divertente ed entusiasmante. Ma provo a celebrare, senza retorica e offrendo una giusta prospettiva, la storia musicale di Paola Turci.
Dopo aver partecipato al Festival di Sanremo negli anni 1986, 1987 e 1988, l’anno che la consacra al grande pubblico è il 1989, quando partecipa per la quarta volta consecutiva alla kermesse musicale nella sezione Emergenti. Con Bambini, prima canzone nella lista, conquistò il primo posto e il Premio della Critica. Un testo impegnato, un vero e proprio inno contro ogni forma di violenza nei confronti degli esseri umani più indifesi e disarmati, i bambini, sfruttati e costretti a “vendere polvere bianca” o a sposare ideali troppo più grandi di loro, spazzando via la loro libertà. Una canzone contenuta in “Paola Turci”, il secondo album, tra i più significativi ed importanti, dell’artista romana.
Nel medesimo lavoro discografico entra di diritto nella top ten Ti amerò lo stesso, uno dei cavalli di battaglia di Paola Turci, una canzone dolce e profonda che esprime il vero significato dell’amore, capace di aspettare, curare e guidare, “nonostante tutto”.
Nell’album “Ritorno al presente”, pubblicato nel 1990, troviamo Frontiera, a mio avviso un piccolo gioiello, un diamante grezzo, una canzone che racconta il “sogno americano”, la storia di un ragazzo dal destino amaro che vedrà svanire il suo “mito” alla prima frontiera; consiglio vivamente di ascoltare il brano in religioso silenzio.
Nella lista entra Stringimi Stringiamoci, che narra il vero amore che non ci lascia soli, canzone in rappresentanza dell’album dall’approccio filosofico “Candido” del 1991, d’ispirazione voltairriana caratterizzato da una scrittura profonda, ma nello stesso tempo piacevole ed armonica, con cui segna la fine della collaborazione artistica con la casa discografica romana It.
Nelle dieci hit da ascoltare non potevano di certo mancare due canzoni che sono dei quadri dipinti a mano dalla stessa Paola Turci. Stiamo parlando di Stato di calma apparente, brano autobiografico con cui entra in scena per la prima volta nelle vesti di autrice, oltre che interprete. Il singolo, che racconta lo status della cantante, è stato presentato al Festival di Sanremo 1993, anticipando l’album “Ragazze”, primo disco pubblicato dall’etichetta discografica BMG.
L’altro brano, anch’esso presentato alla kermesse musicale, è Volo così che segna la rinascita di Paola, dopo l’incidente avvenuto tre anni prima, una canzone intimistica contenuta nella raccolta del decennale della sua carriera artistica “Volo così 1986-1996”. Consiglio caldamente di ascoltare anche la versione “solo voce” presente in “Io Sono” nel quale Paola Turci ha la capacità di creare un’atmosfera ammaliante, magnetica, di rara bellezza.
Impossibile da lasciare fuori dalla lista Saluto l’inverno, singolo presentato a Sanremo nel 2001 e scritto a quattro mani, frutto della collaborazione artistica con la “cantantessa” Carmen Consoli. Una canzone che rappresenta un vero capolavoro linguistico, capace di orchestrare frasi quali “allegro delitto e castigo”, “un fervido impulso” oppure “un viaggio perenne”.
Il brano è contenuto nella ristampa del 2001 dell’album “Mi basta il paradiso” pubblicato dall’etichetta discografica WEA. L’ottava canzone della top ten non poteva che essere Io Sono, scritto con Francesco Bianconi, frontman dei Baustelle, e Pippo “Kaballà” Rinaldi, che traina l’omonima antologia autobiografica, una raccolta pubblicata dalla Warner Music Group che rappresenta un momento di passaggio tra presente e futuro in cui Paola Turci ha ripreso in mano la sua storia musicale trentennale e l’ha riletta in chiave elettroacustica, con nuovi arrangiamenti e sonorità eccelse.
Le ultime due posizione delle dieci canzoni più significative di Paola Turci sono occupate dalla penultima fatica discografica della cantante, “Il Secondo Cuore”. Non nego che nel disco sono presenti capolavori autentici, emotivi, sinceri, in cui ho trovato brani capaci di esaltare la vera essenza di Paola e decisamente tutti papabili ad entrare nella top ten, come ad esempio La vita che ho deciso, Combinazioni o Offline, ma purtroppo (o per fortuna), la qualità artistica di Paola mi ha costretta a tirare indietro delle eccellenze musicali.
Un album travolgente in cui la cantautrice raggiunge il definitivo stato di grazia, portando al Festival di Sanremo 2017 la performance rabbiosa e sensuale di Fatti bella per te, canzone scritta insieme a Giulia Anania, Luca Chiaravalli e Davide Simonetta con cui si è definitivamente lasciata alle spalle il trauma dell’incidente del 1993, segnando una rinascita artistica e personale. Il brano pop-rock che narra un dialogo interno, una riscoperta della propria bellezza, della volontà di farsi del bene, è il completamento di un percorso di consapevolezza iniziato nel 2014 con la pubblicazione del libro autobiografico “Mi amerò lo stesso”, poi diventato un monologo teatrale interpretato dalla stessa cantautrice.
Dulcis in fundo non potevo che inserire uno dei singoli più suggestivi, in cui la “ragazza con la chitarra” canta per la prima volta in romano. Ma dimme te è l’ultima traccia de “Il Secondo Cuore”, una canzone che racconta la passione di una donna fragile e forte allo stesso tempo che vive una relazione tormentata. Una vocalità calda e struggente in cui Paola tocca note molto alte e mostra le sue potenzialità di artista capitolina a 360 gradi, sulle nobili orme del suo mito Anna Magnani e di Gabriella Ferri. Bellissimo il recital intenso dell’attore Marco Giallini nel disco, ma assolutamente da ascoltare anche la parte recitata dalla stessa cantautrice.
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