Sto Pensando di Finirla Qui: recensione

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Sto Pensando di Finirla Qui è il nuovo film del famoso sceneggiatore e regista Charlie Kaufman, autore, fra gli altri, di Essere John Malkovic e Anomalisa. Sto Pensando di Finirla Qui è distribuito da Netflix a partire dal settembre 2020.

Chi è Lucy? Chi è Jake? E chi sono le contorte figure lynchane (Leggi: Twin Peaks, e la tv d’autore) che perturbano il paesaggio che è uno stato d’animo perché passa dagli occhi di chi guarda?
Non si può vedere l’ultima fatica di Charlie Kaufman, Sto Pensando di Finirla Qui, (per la prima volta, dopo otto sceneggiature e alla terza regia, con un soggetto non suo) senza porsi queste domande.

Perché Lucy e Jake, sono, innanzitutto, una coppia che si ama, ma, allo stesso tempo, sono anche, una coppia che sta per lasciarsi e allo stesso tempo sono anche altro. È questo che la brillante e inquieta fisica/poetessa Lucy (Jessie Buckley) pensa, nella sua fuga senza ritorno dentro l’apocalittica nevicata nella strada, forse, del suo ultimo viaggio.

Ma dove va, Lucy? Lucy va verso la casa dei genitori di Jake e verso ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, e verso ciò che non sarà mai. Vorrei finirla qui dice, nel suo asfissiante ed impazzito monologo interiore, che Jake interrompe, alle volte, con qualche domanda, o con qualche silenzio ancora più asfissiante di quel pensiero continuativo. Finirla qui con tutto: con la relazione e con la staticità; col pessimismo, con l’intelligenza e anche con la vita. Si amano Lucy e Jake ma di quell’amore, parziale e umano che giustifica la solitudine anche dentro un abbraccio.

È questa l’apocalisse esistenziale di Kaufman, in Sto Pensando di Finirla Qui: nulla dura, e tutto è parziale e passeggero.

Con una sceneggiatura rigogliosa e netta, il regista-sceneggiatore statunitense, erige un capolavoro di delirante lucidità, in cui, per mezzo di una fotografia ombrosa, curata da Lukasz Zal, e ostentatamente onirica- in cui tutta la luce, di blu e bianco, è fredda come la tormenta interiore a Lucy, ma anche dell’ambiente esteriore- tutto potrebbe essere tutto e nulla è scontato.

Così ci si chiede: e Jake? Dove va Jake? Jake va dove va Lucy. Jake è Lucy e il suocontrario. Lucy è l’ideale di Jake. E l’amore, seppur grande, tra i due, può essere messo indubbio: complici i non detti che accrescono i fraintendimenti e la difficoltà a comunicare, della parzialità vulnerabile di qualunque relazione; e anche i dettagli: la musica sbagliata, la bavetta alla bocca di Jake, ribadiscono la solennità funerea, che Kaufman ci offre, circa l’inespugnabile solitudine umana.

Sto pensando di finirla qui - Dol's Magazine


I genitori di Jake sono fantasmi teatrali, ombre che ci sono sempre state nella loro primigenia e grottesca forza. Anche qui i dettagli mostrano una silente e paurosa poesia ( come “Ossa di cane” scritta da Lucy) in ogni angolo dell’ambiente casalingo, che, come Lucy esprime potentemente, appunto, nel suo scritto, può essere un luogo di terribile sofferenza.


E quando Lucy mostra i suoi dipinti ai genitori di Jake e ritrova nella cantina dell’oblio e di ciò
che sarebbe stato e non è stato, quegli stessi dipinti firmati Jake, il punto di vista salta, rimbalza, fa male giocando al gioco dei doppi: Chi è chi? Ci si chiede. Ed i fantasmi si ingrandiscono e si rimpiccioliscono. Basta fare qualche passo- salire una scala o scendere nella cantina-inferno- che tutto può essere tutto: il padre di Jake smarrirsi in un vecchio affetto da Alzheimer, la madre di Jake, prima semi-morente, poi giovane e raggiante. Ed un anziano bidello che percorre tutto Sto Pensando di Finirla Qui, parallelamente a questo assurdo, incarna la testa di tutti e nel particolare, la testa di Jake, smarrita in questo incubo del ricordare, come in un Dalì in cui il persistere mette in dubbio tutto: chi si è stati, chi si è e chi si sarà; nell’angolo scuro e labile del proprio universo nello sguardo.

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