Bleed Out, Within Temptation: recensione

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Bleed Out è il nuovo album degli olandesi Within Temptation, in uscita il 20 ottobre 2023 per Force Music Recordings.

Entro la Tentazione, Within Temptation: un nome che non ho mai capito in profondità e che, vista la svolta della band olandese, è oramai solo testimone di un passato che ha contribuito alla loro fama.

Che con tale premessa si faccia cosa gradita, Bleed Out non piacerà a chi è rimasto affezionato a Mother Earth o perfino The Heart of Everything: la trasformazione dei Within Temptation ha radici non troppo antiche, meno di una decina d’anni nella venticinquennale carriera. Tutto è iniziato con l’epoca delle stupende cover alla radio belga Q-music, poi raccolta nell’album Q-Music sessions: il sound, sebbene ricco di elementi epici del passato, si contamina di atomi elettronici poi divenuti un classico di band come gli Amaranthe.

In sostanza, anche i Within Temptation si sono uniti alla scia di de-metallizzazione del metallo duro e puro che ha coinvolto i tardi anni ’10 e i primi anni ’20: nomi come i Beast in Black  o i Sabaton per il power metal, i Leprous nel prog metal, e i progetti in continua evoluzione come Avantasia e Ayreon (il cui mastermind, Arjen Lucassen, è conterraneo dei Nostri). Resist, lavoro uscito nel 2019, aveva sancito la totale trasformazione del sound di Sharon Den Adel e soci in un epico, ma esplosivo, synth-metal composto da veri e propri inni, complice anche la collaborazione col produttore David Gibson (uno dei grandi mastermind dell’elettronica moderna, ma semisconosciuto), oramai membro aggiunto della band in quanto co-autore di molteplici testi e spesso presente alle backing vocals.

Bleed Out è la naturale continuazione di questo processo di metamorfosi, insistendo su temi politici e fortemente sentiti dagli autori, e, in cui, come sempre più spesso capita mano a mano che i musicisti storici invecchiano, l’esperienza diretta la fa da padrone.

Il trattare la contemporaneità è fin troppo raro che accada negli LP del metal mainstream europeo, se non si sfocia nell’underground punk, se si ignora l’esistenza di Jerome Reuter o se non si nuota oltreoceano: così come fecero i tunisini Myrath con Shehili del 2019, interamente dedicato alla descrizione degli orrori dell’ISIS, i Within Temptation si fanno invece portatori delle voci dei soldati ucraini e delle donne iraniane. Nel primo caso, senza compromessi di italica natura – senza quel, caro, vecchio, ritornello: in fondo, anche Putin ha fatto cose buone – perché certe cose nel Nostro paese non possono essere dette schiettamente.

Così il viaggio musicale di Bleed Out è fonte di riflessione se si ascoltano con attenzione i testi di molti brani: proprio all’aggressione russa viene dedicata la opening track, We Go To War, che, in un electro-metal ben calibrato introdotto da campane di guerra, descrive lo shock di un cittadino qualunque che ritrova l’invasor al risveglio. Il suono si fa più aggressivo che in Resist, le sferzate djent delle tre chitarre, mirabilmente intrecciate, si fanno più frequenti – così come la stratificazione dei molteplici suoni tastieristici, che si fa quasi barocca e necessita di una riproduzione in altissima qualità per poterne godere al massimo – pena un pietoso appiattimento delle sofisticate tessiture ordite in fase di produzione. Tale problematica, presente anche in lavori di simile fattura e che sfruttano il medesimo approccio quasi-Wagneriano di tale wall of sound (Amberian Dawn, Amaranthe, Deathstars), è risolvibile solamente munendosi di cuffie e, come noi, fortunati dal lato stampa, scaricando i file .wav.

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In ogni caso, Bleed Out possiede anche molte ottime ballad dal suono più minimal: la title track ne è un esempio. Amo credere che la protagonista del brano sia una ragazza iraniana che si strappa il velo dai capelli e lo getta in terra: conscia di aver segnato, come Mahsa Amini, la propria condanna a morte in nome della libertà. Così, come nell’ultimo, omonimo, lavoro degli Oceans of Slumber, il metal si fa femminismo: altrettanto ne servirà per esorcizzare cinquant’anni di misoginia. Segue Wireless, un brano molto più old style per struttura: una tipica cavalcata dei Within Temptation, ma arricchita da pad elettronici assenti nei primissimi lavori della band – eppure, i bridge climatici che anticipano i refrain orecchiabili sono ancora lì. E in Wireless i soldati russi abbandonati nel tritacarne ucraino di Bakhmut hanno finalmente una voce.

Anche Worth Dying For è un brano classicamente Within Temptation: i cori epici gothic metal di All I Need si arricchiscono però di archi sincopati e maggiore dinamismo donato dal grande lavoro ai synth di Martijn Spierenburg, mentre la voce eterea della Den Adel narra di futuri inni alla libertà – ma non è ancora il momento, purtroppo. La bella Ritual, introdotta da cori pagani di voci infantili, è stata rilasciata come singolo – un brano sorprendentemente sensuale ed originale nel suo essere, Odino mi perdoni e mi risparmi il Gottardammerung, estremamente simile ad Applause di Lady Gaga per armonie utilizzate, accordi e struttura. Purtroppo o per fortuna, la Lady Gaga wave non si ferma, bensì accelera con Cyanide Love, che però assomiglia a Bad Romance (ugualmente, in sol maggiore): la mia opinione non è però da intendersi come nota di demerito, perché la materia pop-symphonic metal è eccezionalmente ben gestita dai Within TEmptation, che con la deliziosa aggiunta di una ninnananna sussurrata da Sharon Den Adel, riescono a spezzare la monotonia del brano e a fornire guizzo ed arriccio ad un qualcosa che, altrimenti, suonava fortemente di deja vu. The Purge ritorna su binari più oscuri (non che The Fame Monster non lo fosse…) e introduce con forza una godibile cavalcata symphonic metal da vecchi tempi: uno dei brani migliori di Bleed Out. Ad essa segue l’altrettanto ottima Don’t Pray for Me, già rilasciata come singolo (di successo) nel 2022: dal forte sottotesto politico, essa è stata ispirata dalla storica sentenza della Corte Costituzionale statunitense in materia d’aborto. Ancora, finalmente, la band si fa portavoce dei diritti delle donne – che, ancora, in eterno, devono e dovranno essere rimarcati, perché fragili: superflui, figli della noia, secondo alcuni.

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I Within Temptation non sono nuovi a collaborazioni: anche in Bleed Out c’è spazio per ospiti d’onore, ed è il turno degli Annisokay, al secolo Christoph Wieczorek (alle voci pulite) e Rudi Schwarzer (alle voci scream) in Shed My Skin (rilasciata come singolo nel lontano 2021): più di un duetto, in quanto ambedue i vocalist della band tedesca collaborano ad un brano che è esplosivo nelle linee vocale ardite disegnate per entrambe le voci: la deliziosa fusione del metalcore classico degli annisokay con il gusto per la melodia tipico dei Within Temptation dà origine ad un buonissimo singolo. Lo stesso non si può dire della successiva Unbroken, che, musicalmente, ricorda fin troppo Mercy Mirror da Resist, sebbene il messaggio implicito sia estremamente differente. Entertain You, in chiusura, è infine interpretata da Gibson e dalla Den Adel: pregevole l’intento di mandare a quel paese il dittatore di turno – Putin, Orban, Netanyahu, Hamas, o chi per loro – , come si evince dal testo, ma di scarsa incisività nel contesto generale di Bleed Out, risultando quasi un ingenuo lavoretto punk rock dei tardi anni ’90 pre-Jesus of Suburbia.

Bleed Out: dissanguarsi. Un’altra parola piuttosto potente ma piuttosto vaga, come fu Resist. Anche in questo album sono presenti brani pregevolissimi, come The Purge, Shed My Skin, We Go to War e Ritual, ma altri pezzi danno la fortissima impressione di essere poco più di filler.

Disclaimer: la successiva sezione potrà risultare estremamente sgradevole, e dunque un lettore meno purista di me è avvisato.

Non tutte le metamorfosi portano il verme a diventare farfalla leggiadra: alcune si fermano a metà, o necessitano di una successiva reinvenzione. Forse, questo è il caso dei Within Temptation. L’abbracciare il synth pop, primi fra i tanti nel nord Europa, è stata una svolta assolutamente necessaria per non risultare noiosi e darsi una svecchiata alla soglia dei cinquant’anni, ma, allo stesso tempo, l’eleganza quasi onirica e la forza emotiva di The Heart of Everything e The Unforgiving, guidati da un eccellente songwriting, sono venute a mancare quasi del tutto. Un lavoro esplosivo e d’impatto, sì: ma quanto durerà prima di stancare? Quanto collideremo ancora contro questi wall of sound? Quanto del lodevolissimo messaggio lanciato in Bleed Out – la libertà dei popoli, il diritto ad autodeterminarsi come individui, la condanna ad ogni forza di autoritarismo – si è perso nelle pieghe di una produzione eccessivamente affettata, complessa, dispersiva?

Non sta a me dirlo, io sono una persona sola, una umile critica musicale: è la legge dei grandi numeri a descrivere le band di successo. E seguiremo con curiosità l’evoluzione di Bleed Out e dei sempre mutevoli Within Temptation.

Giulia Della Pelle
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