Saranno ormai una decina di anni che il volto di Mariusz Duda compare tra quelli delle personalità artistiche più attive e feconde del progressive contemporaneo. L’artista polacco, ai più noto per essere voce, basso e mente dei Riverside, ritorna così con Through Shaded Woods (Kscope, 13/11/2020), nuovo episodio del suo progetto solista Lunatic Soul.
Dopo l’uscita dello strepitoso Under The Fragmented Sky (2018), Mariusz Duda ritorna all’opera solista con un lavoro che sembra seguire, almeno in parte, un’evoluzione artistica coerente che aveva visto la sua genesi proprio nel 2018 con la pubblicazione di Wasteland, settimo album in studio dei Riverside che, forse anche complice la recente dipartita dello storico chitarrista dal “tocco magico” Piotr Grudzinsky, aveva mostrato non poche debolezze.
Con Through Shaded Woods “Lunatic Soul” afferra quindi alcune delle sonorità del più recente periodo dei Riverside
le più folkloristiche ed in un certo senso intime, abbandonando definitivamente quelle contaminazioni più sintetiche ed atmosferiche che tanto avevano elevato i suoi precedenti lavori, portando all’attenzione dell’ascoltatore un prodotto in un certo senso più intimo e, senza ombra di dubbio, rappresentante una certa spaccatura con il passato.
Una spaccatura che si manifesta sin dal primo minuto e che mette l’ascoltatore di fronte ad un ambiente sonoro fatto di suoni “naturali”, acustici, stili e scelte armoniche che tanto riportano al folklore nord europeo, alla musica germanica e, in un certo senso, scandinava. Sonorità intime, a tratti medievaleggianti che potrebbero rappresentare una formidabile colonna sonora per un film, serie tv o videogioco a tema storico o fantasy.
Quel mood un poco alla “The Witcher” (e non solo) che sembra voler rappresentare, per Mariusz Duda, un ritorno alle origini, alla natura, ad una musica fatta di “radici profonde” e ricerca interiore.
Una musica ripulita dagli effluvi della contemporaneità, elemento che nell’anima creativa dell’album diviene accettabile solo in parentesi volutamente più propendenti al metal ove le distorsioni e i riffing che hanno in qualche modo contraddistinto il percorso artistico dell’eclettico compositore polacco tornano a galla senza mai, però, prendere il sopravvento, senza spingere sull’acceleratore e divenire preponderanti.
Una peculiarità, o difetto a seconda dei punti di vista, che in un certo qual modo aveva contraddistinto e non poco proprio quel Wasteland ultimo discusso capitolo di sponda riversidiana
Bastano i primi minuti rappresentati dalla opener Navvie a scoprire subito le carte tra le mani di Lunatic Soul che, tra strumenti acustici, percussioni folkeggianti e sonorità da rituale druido introduce l’ascoltatore attraverso suoni fatti di sfumature boschive, antiche, primordiali, che tanto fanno immaginare spiriti danzanti intorno a falò immersi nel notturno di verdeggianti e profonde nordiche foreste di conifere.
Alle dilatate The Passage e Summoning Dance, pezzi simili nella struttura e nella realizzazione, sono affidati i pochi momenti “duri” dell’album, con lunghe code strumentali divise tra riff ipnotici e danzanti groove. Il tutto, ovviamente, non prima di coerenti e flebili crescendo acustici estremamente intimi ed evocativi.
Un timbro evocativo, quello di Through Shaded Woods, ancor più evidente con l’intensa e tribaleggiante Oblivion che, con melodie semplici e ripetute allo stremo, riesce a coinvolgere l’ascoltatore in un mondo di ombre riflesse sul fuoco, scintille danzanti da tizzoni scoppiettanti e atmosfere mistiche.
Simile per intenzione ma non per realizzazioni è la title track, più rassomigliante questa volta ad una sorta di “mantra” sorretto da riff di bassi clean e distorti (piccolo bass, per essere precisi).
I titoli di coda vengono affidati alla delicata The Fountain, ballad dalle armonie e dai suoni delicati che tra voci iper reverberate, pianoforte, chitarre acustiche ed armonie malinconiche rappresenta forse uno degli episodi più toccanti e “sensibili” di un Mariusz Duda che, negli ultimi anni, sembra sempre più ispirato nel panorama della ballata che non in quello del progressive più “arcigno”.
Con Through Shaded Woods ci ritroviamo di fronte al lavoro, forse, più “singolare” di Lunatic Soul
Non tanto per originalità e freschezza quanto per voglia di “rompere”, in qualche modo, con i costrutti del passato, abbracciando un nuovo modo di concepire la musica che, già proprio nell’ultimo episodio dei Riverside, si affacciava nella visione di Mariusz Duda.
Quello di Through Shaded Woods è, nel complesso, un “prog folk” estremamente godibile, sicuramente lontano dagli amanti del prog rock/metal contemporaneo ma che saprà affascinare chi propenso a sonorità più delicate, immersive e folkeggianti. Album ben lontano, però, dall’essere stupefacente o schiettamente originale, non privo di difetti specie nei pezzi più lunghi che, a tratti, potrebbero suonare piuttosto “farraginosi”, specie a fronte di una generale mancanza di “colori” (scelta probabilmente più che voluta).
L’idea generale di Duda, anzi, Lunatic Soul, è però perfettamente udibile durante tutta la riproduzione, regalandoci un album coerente, chiaramente ispirato e anche sentito su di un piano più “intimo” e di cui, senza dubbio, potrebbe ancora esserci tanto da scoprire ed esplorare.
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