Venerdì 13 marzo la terza stagione della serie tv spagnola è stata distribuita su Netflix. Due le new entries nel cast.
Non è mai una buona idea, quella di sacrificare la qualità di trama e personaggi per dare spazio ad inutili sensazionalismi. Questa per Élite non è una novità, in quanto già dalla prima stagione era ben chiaro di quale tipo di telefilm fossimo in presenza: un dramma adolescenziale farcito di stereotipi – basta pensare a Lucrecia (Danna Paola), la cui altezzosità quasi ricorda Antonella de Il Mondo di Patty – e frasi ad effetto che a tratti ricordano il trash delle serie tv americane dei primi anni 2000. La terza stagione di Élite continua ad esasperare tutto ciò, dando vita a scenari tanto surreali da provocare imbarazzo.
L’apertura della terza stagione delinea un contesto nel quale si verifica un evento che lascia spazio a diversi interrogativi.
Durante una serata in discoteca vediamo una persona precipitare dal piano superiore nel centro della pista da ballo. I dettagli sono pochi; riusciamo soltanto a capire che è una persona di sesso maschile dall’ombra del suo corpo che cade e da un primo piano della sua mano insanguinata. Il quesito riguardante la sua identità viene risolta nel finale della prima puntata: si tratta di Polo (Álvaro Rico), l’odiato assassino di Marina Nunier (Maria Pedraza).
Da questo punto in poi lo svolgimento prosegue a ritroso, tornando a fatti accaduti cinque mesi prima che si snodano lungo gli otto episodi di questa stagione. Lo sviluppo della trama viene intervallato da svariati flashforwards che riconducono al presente; questi ultimi riguardano gli interrogatori subìti dai ragazzi di Las Encinas dall’ispettrice di polizia (Ainhoa Santamaria) subito dopo la morte di Polo.
Il primo episodio di questa terza stagione introduce una serie di questioni che preannunciano svariati cambiamenti per tutti i personaggi.
Gli studenti di Las Encinas si stanno preparando per dei colloqui che decreteranno l’accesso da parte loro a delle borse di studio per alcune università estere. Questa, però, non è la loro unica preoccupazione; ognuno di loro ha un fardello più o meno pesante e ce n’è uno che accomuna tutti, ovvero la libertà di Polo e la sua presenza a scuola dopo che, come visto nella seconda stagione, l’arma del delitto era stata nascosta da Cayetana (Georgina Amoros), che con il suddetto aveva intrapreso una relazione sentimentale.
La situazione s’inasprisce ancora di più quando Carla (Ester Exposito) decide di ritirare le accuse fatte contro Polo in tribunale, rendendo vani gli sforzi fatti da Samuel (Itzan Escamilla) e Guzmán (Miguel Bernardeau) per convincerla a confessare.
La madre di Samuel, nel frattempo, sta valutando l’idea di raggiungere suo figlio maggiore Nano (Jaime Lorente), anche se così facendo lascerebbe Samuel da solo. Quest’ultimo è alle prese con i suoi sentimenti ancora vivi per Carla, non accorgendosi che contemporaneamente Rebeca (Claudia Salas) si sta innamorando di lui.
Ander (Arón Piper) scopre di avere un tumore, ma inizialmente decide di nasconderlo ad Omar (Omar Ayuso); la loro storia sarà messa a dura prova da questo evento e a complicare le cose ci sarà anche Malick (Leiti Sene), new entry nel cast insieme a Sergio Momo nei panni di Yeray, che tenterà un approccio con Carla.
Élite 3: ciò che non funziona
Élite è una serie tv che mira ad
essere spiazzante e in parte centra anche l’obiettivo; il problema è insito nel
modo in cui lo fa, cioè quasi demenzialmente.
La tridimensionalità nei personaggi è un elemento chiave per dare vita a
storie degne di essere chiamate tali e in Élite viene a mancare. È difficile
provare empatia verso la maggior parte di loro e lo è ancora di più
identificarsi con essi, considerata la stupidità e la sconclusionatezza di
molte loro azioni. Troppo spazio è dato a pomposi esistenzialismi che
mascherano malamente l’attenzione tolta alla qualità della trama. Il finale è
la parte che presenta più incrinature in assoluto e c’è una parvenza di
frettolosità nell’accozzaglia di eventi che si verificano in esso.
Un argomento di elevata intensità narrativa come l’omicidio viene trattato come
se fosse una bravata e nulla di più. Letalmente imbarazzanti, a questo
proposito, i personaggi di Cayetana e Lucrecia nell’ultimo episodio ed i loro
atteggiamenti nei confronti della morte di Polo.
Colpi di scena, frasi ad effetto e situazioni fuori dall’ordinario sono elementi necessari in ambito narrativo e cinematografico. Film e serie tv non avrebbero ragione di esistere se ricalcassero minuziosamente la vita quotidiana reale; ci sarebbero troppi dialoghi sterili e soprattutto noiosi, senza conflitti e punti di rottura che rendono una trama interessante. Sono elementi, però, che è necessario saper utilizzare e soprattutto saper dosare, onde evitare lo spirito sensazionalista del quale una serie come Élite è avida.
In conclusione, Élite rientra perfettamente nella categoria di telefilm da definire grossolanamente “senza troppe pretese“; perfetta da guardare solo se si è in cerca di qualcosa di light.
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