La richiesta rivolta al ministro Franceschini, lanciata da Jazz Italian Platform e sottoscritta dai principali musicisti di jazz, è di ripensare la bozza sui criteri di distribuzione del Fus per il 2020 e 2021 che equipara il jazz alla musica popolare contemporanea in un’unica confusa definizione.
Non è una questione estetica o di valori musicali, ma una mera preoccupazione materiale.
Aprire il contributo pubblico alle grandi aziende dei concerti, scelta che non viene condivisa da nessun altro paese europeo, significa mettere il jazz italiano in condizione di dover competere per l’assegnazione dei contributi non più con le associazioni di musica classica, affini per dimensioni e obiettivi, ma con l’industria multimilionaria e multinazionale della musica pop e rock.
Significa disconoscere e mettere a repentaglio quanto il jazz italiano è riuscito a produrre, in questi anni, con una miriade di manifestazioni e dando visibilità a più generazioni di musicisti apprezzati in tutto il mondo.
I FIRMATARI
Enrico Rava, Stefano Bollani, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi, Fabrizio Bosso, Stefano Di Battista, Franco D’Andrea, Dado Moroni, Giovanni Tommaso, Rita Marcotulli, Roberto Gatto, Sergio Cammariere, Daniele Sepe, Antonello Salis, Giovanni Guidi, Rosario Giuliani, Paolo Damiani, Maurizio Giammarco, Piero Odorici, Bruno Biriaco, Enzo Pietropaoli, Petra Magoni, Francesco Bearzatti, Nico Gori, Nicky Nicolai, Massimo Nunzi, Elisabetta Antonini, Ettore Fioravanti, Sandro Satta, Roberto Ottaviano, Mario Corvini, Claudio Corvini, Rosario Bonaccorso, Pietro Tonolo, Flavio Sigurtà, Zeno De Rossi, Bruno Tommaso, Pasquale Innarella, Dario Rosciglione, Riccardo Fassi, Mario Raja, Francesco Nastro, Cinzia Tedesco, Pino Minafra, Stefano Sabatini, Luca Mannutza, Luca Aquino, Umberto Petrin, Andrea Zanchi, Pino Jodice, Luca Bulgarelli, Enzo Favata, Alice Ricciardi, Nicola Cordisco, Aldo Vigorito, Pino Jodice, Ferdinando Faraò, Nicola Puglielli, Emanuele Cisi, Fabiano Red Pellini, Enzo Nini, Roberto Schiano, Pietro Leveratto, Francesco D’Errico più altre mille firme
L’APPELLO
Illustrissimo signor ministro
Dario Franceschini
Il jazz non è musica popolare, se per popolare si intende il mondo del pop e del rock. Non lo è per motivi storici, estetici e economici. Omologarlo al mondo della musica commerciale significa non solo mettere in discussione la sua natura, ma mettere in crisi le decine di rassegne e festival che finora hanno contato sul sostegno del
Governo per la loro attività, anche piccola. Aprire il finanziamento statale, come viene fatto nella bozza sui criteri di distribuzione del Fus per il 2020 e 2021, alle grandi aziende dei concerti, scelta che non viene condivisa da nessun altro paese europeo, significa mettere il jazz italiano, del quale Lei si era dichiarato sostenitore, in condizione di dover competere per l’assegnazione dei contributi non più con le associazioni di musica classica, affini per dimensioni e obiettivi, ma con l’industria multimilionaria e multinazionale della musica pop e rock, che nel testo viene ribattezzata musica popolare contemporanea, definizione larga e imprecisa. Significa anche disconoscere quanto il jazz italiano è riuscito a produrre, in questi anni, con una miriade di manifestazioni e dando visibilità a più generazioni di musicisti apprezzati in tutto il mondo. Chiediamo, dunque, che tale scelta venga ripensata e che al jazz venga restituita la dignità che finora gli è stata, sia pure parzialmente e faticosamente, riconosciuta.
QUESTO QUI PER FIRMARE LA PETIZIONE
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