Castel del Monte possiede un valore universale eccezionale per la perfezione delle sue forme, l’armonia e la fusione di elementi culturali venuti dal Nord dell’Europa, dal mondo Musulmano e dall’antichità classica. È un capolavoro unico dell’architettura medievale, che riflette l’umanesimo del suo fondatore: Federico II di Svevia.
Un ottagono bianco si erge nelle Murge pugliesi, nel comune di Andria. Un edificio misterioso, di pietra calcarea e marmo, che risale all’alto medioevo. Al leggendario Federico II di Svevia, ossia quell’epoca lontana nel tempo in cui i Normanni, alti e biondi, presero possesso del sud Italia. Era il 1240, circa. C’era Gregorio IX al soglio pontificio – un acerrimo nemico di Federico, che, di libertini costumi e amante degli harem e del vino, riceve numerose scomuniche.
La prima e più emblematica fu quella successiva al rifiuto di Federico II, all’epoca anche imperatore del Sacro Romano Impero, di organizzare una sesta crociata in Terra Santa. La rottura con Roma, dunque, fu a breve totale. Il Papa era inoltre sostenitore dell’indipendenza della Lega Lombarda, territorio che Federico non aveva mai rinunciato ad annettere all’impero, e, infine, non aveva intenzione di partecipare ad una settima crociata, visto anche il pericolo mongolo che si affacciava.
Federico II, dunque, decise di farsi una sua personale religione – una sua personale basilica, per così dire. Un tempio della ragione. La pianta ottagonale di Castel del Monte si schiude in un edificio assolutamente spoglio, e, nei secoli di decadenza, ulteriormente spogliato. È impossibile comprendere il senso di Castel del Monte senza conoscere la figura del suo mecenate: Federico II di Svevia era un uomo coltissimo, appassionato di astronomia, scienze naturali, architettura. E alchimia. Una disciplina che all’epoca era considerata la madre e la più pura di tutte le scienze.
Il mondo arabo da cui Federico era tanto affascinato era la culla dell’alchimismo misterico: l’imperatore parla l’arabo ed è vicino ad ambienti islamici. Praticamente l’anticristo per il Papa, che morirà nel ’41. Addirittura, regala ai Saraceni rimasti in Italia – poche decine di migliaia di scalcinati la cui storia può essere approfondita qui – l’intera città di Lucera.
Ecco: dunque, Castel Del Monte è la manifestazione dell’ego di un uomo al di fuori del suo tempo. Che venne terminato purtroppo poco dopo la sua morte, attorno agli anni ’50 del tredicesimo secolo. Molti sono i rimandi ai riti misterici: basti pensare che tutte le stanze sono trapezoidali, enormi, con volte a crociera; e che le proporzioni presenti all’interno rispettano tutte la sezione aurea, la spirale di Fibonacci (anche i Tool vi si sono ispirati…)
Non ci sono stanze abitabili, cucine, latrine; poche volte fu usato per feste imperiali. Sorge in una posizione scomoda per gli assedi, eppure incredibilmente esposta. Cos’era, dunque? Non si sa. La letteratura moderna successiva, soprattutto misterica, ha ricamato centrini di bisso con i Rosacroce, il Santo Graal, i templari (che, beninteso, odiavano l’impero che parteggiava per Maltesi e Ospitalieri) la linea della Rosa, la Lancia di San Michele, il conte di San Germano…
La cultura moderna, soprattutto cinematografica, ha invece riscoperto le enormi e vuote stanze di Castel Del Monte, e, in ultimo, col caso cinematografico firmato da Matteo Garrone: il Racconto dei Racconti, da Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile. Per la città di Themiscyra in Wonder Woman del 2016, nonché per un’opera misconosciuta di Pier Paolo Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo – un apocrifo, sostanzialmente, ma basato su un sinottico. Girato fra Matera e la Puglia, il Castello qui è il Tempio di Gerusalemme: chissà cosa ne avrebbe pensato Federico II…
Ora, invece, la misteriosa e perfetta forma di Castel del Monte campeggia fiero sulla moneta da un centesimo di euro: simbolo dell’Europa unita, stavolta volontariamente, e di nuovo, come lo era sotto Federico II di Svevia. La silhouette imponente ed immota, immobile nei secoli, avara di verità sui suoi segreti.
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