Diritto d’Autore: Vent’anni dal “fenomeno Napster”

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Oltre vent’anni fa nasceva Napster, la piattaforma pirata che ha rivoluzionato l’industria culturale e il diritto d’autore

La pirateria musicale è stata segnata da tappe. Con il World Wide Web i “pirati musicali” hanno avuto a disposizione strumenti più raffinati, efficaci e veloci per portare a termine i loro illeciti. Gli anni Duemila hanno portato con sé la diffusione della più grande innovazione del secolo: Internet. Con il nuovo millennio la circolazione via web di dati e informazioni è incredibilmente veloce, diventa quasi incontrollata per le tempistiche ridotte con cui avviene.

I sistemi peer-to-peer (p2p) – rete locale in cui i computer collegati hanno pari accesso alle risorse comuni – sono stati una boccata d’ossigeno per la pirateria informatica e musicale: chiunque si trovasse in possesso di un software per il file sharing era nelle condizioni di condividere i file presenti sul proprio pc, e viceversa: è la globalizzazione della pirateria informatica-musicale.

La prima controversia nota contro i sistemi file sharing che ha suscitato clamore mondiale è il “caso Napster”. Napster ha segnato in modo determinante tutto ciò che concerne la produzione musicale. Uno tzunami irreversibile che si è imbattuto sul settore musicale, mutandolo definitivamente.

Napster è un software ideato da Shawn Fanning nel gennaio 1999, sulla base del sistema peer-to-peer. L’idea era questa: l’utente, collegandosi alla rete, attiva il programma e automaticamente avviene una connessione ad un server centrale che lo informa di tutti gli altri utenti connessi in quel momento e che insieme formano la comunità Napster. In questa comunità libera, la musica scorre gratuitamente mediante condivisione diretta tra gli utenti. E’ il “liquido digitale”.

La genialità di Fanning è stata quella di scoprire che esisteva moltissima musica digitalizzata in rete e che questa era contenuta nell’hard disk degli utenti che si collegavano in un determinato momento sul web, utenti che trasformavano in formato Mp3 brani musicali che già possedevano. La rivoluzione è stata quella di intuire come la “gratificazione” delle persone era quella di condividere i loro gusti musicali, rendendoli pubblici.

La diffusione di questo sistema ha generato tra i giuristi due orientamenti: da una parte vi sono coloro che sostengono che la condivisione dei file musicali è uno strumento che porta lavoro, in quanto vi è una richiesta maggiore da parte del pubblico nei confronti dell’artista, il quale sarà chiamato a lavorare di più; dall’altra parte, c’è chi vede il sistema di sharing come un vero e proprio furto, una violazione alla normativa del diritto d’autore.

Questo secondo pensiero ha prevalso tra le case discografiche, più esattamente tra le major. Pertanto la diffusione a macchia d’olio del software, ha spinto la RIAA – l’associazione che raggruppa le case discografiche americane – a muovere i primi passi per “difendere” il mercato musicale da Napster, il quale viola le norme di diritto d’autore, incentivando l’illegalità. Così a dicembre 1999 RIAA cita Napster in giudizio presso la Corte di San Francisco, aprendo in tal modo la memorabile guerra giudiziaria, “appassionando” l’intero globo.

La controversia appare sin da subito contorta e complessa, si gioca su fili sottili ed in ballo ci sono interessi economici milionari.

Clay Shirly nel luglio 2000 scrisse sul New York Times che, nonostante tutto lo scalpore che hanno suscitato le questioni del copyright e della legalità, Napster ha diffuso una libertà importante che non è la libertà del costo, ma la libertà di scelta. Questo software, per Shirly, ha dato la possibilità agli amanti della musica di collegarsi e scambiarsi il loro materiale musicale, garantendo la libertà di scegliere cosa ascoltare. Napster ha dimostrato che non vi sono barriere tecnologiche all’accesso al repertorio musicale mondiale ma vi sono solo barriere commerciali.

napster piattaforma

Ed è proprio nel luglio del 2000 che si consuma il primo step della “telenovela Napster”, quando la sentenza della Corte di San Francisco accoglie la richiesta di giudizio della RIAA, imponendo così a Napster di terminare la circolazione non autorizzata di brani musicali coperti dal copyright.

Anche gli artisti iniziano a dire la loro, dividendosi: da una parte vi è chi si schiera contro il software (tra i principali vi sono i Metallica e Dr. Dre), altri invece sono a favore di Napster (come i Limp Bizkit e Courtney Love), vedendolo come un ottimo strumento per promuovere artisti che non riescono a farsi sponsorizzare dalle radio o dai canali televisivi, sostenendo in aggiunta come le norme sul diritto d’autore stiano scomparendo.

La diatriba continua in modo acceso dentro e fuori le aule della Corte e, in questo clima, alla fine di ottobre dello stesso anno vi è una notizia più che sorprendente: Napster stipula un accordo con la BMG (Bertelsmann Music Group) con il quale la casa discografica si impegna a versare a Napster 60 milioni di dollari al fine di realizzare efficaci misure di antipirateria nel software.

L’accordo ha suscitato perplessità e domande che hanno condotto ad una doppia direzione: da una parte, il mondo della discografia ha ceduto all’innovazione tecnologica; dall’altra parte, si è compreso come l’oligopolio delle major non si abbatte facilmente e il web, per quanto rivoluzionario possa apparire, non è in grado di sconfiggerle. Con tale provvedimento sembra che vi sia stata trovata una soluzione intermedia tra le parti in causa, ma la battaglia è tutt’altro che terminata.

Napster ha continuato con i suoi tentativi di cercare punti d’incontro con le case discografiche, le quali hanno risposto con alleanze interne per la distribuzione online autonoma della loro musica, creando sistemi in grado di permettere agli utenti di acquistare ed ascoltare la musica in maniera lecita e non lesiva del diritto d’autore.

Il software, tuttavia, a suon di colpi giudiziari, pian piano perde la sua popolarità.

Passa poco tempo e Napster annuncia la fine della music free, Napster diventa un servizio a pagamento. Ma anche questa fase ha una durata breve, perché l’11 luglio 2001 il giudice di San Francisco ordina la chiusura e l’interruzione del sistema creato da Shaw Fanning. Da questo momento in poi Napster inizia la sua discesa, fino a spegnersi totalmente.

Napster, seppur ha dovuto subire nel 2001 un provvedimento giudiziario che gli imponeva la cessazione del servizio e l’automatica interruzione del funzionamento del software in Rete, ha rappresentato un importante precedente storico.

Ormai gli utenti e gli amanti della musica hanno avuto modo di “sperimentare” la circolazione del catalogo musicale online, si sono visti catapultati in una dimensione in cui erano loro a selezionare i brani da ascoltare, senza mere costrizioni esterne – infatti erano messi nelle condizioni di ascoltare brani di diverso genere e diversi artisti, non erano obbligati ad acquistare l’intero CD per ascoltare una canzone. Con Napster erano diventati gli utenti i padroni del controllo della musica.

A cura di Clarissa Insolia

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