Sestri, Sisterhood di Dina Duma: recensione

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Sestri (Sisterhood) è l’esordio al lungometraggio di Dina Duma, regista macedone.

È dalla Macedonia del Nord che proviene Sestri, presentato al trentatreesimo Trieste Film Festival.

L’opera, di Dina Duma, regista classe ’91 nata a Skopje, è ambientata proprio nella capitale dello stato balcanico. Maja e Jana (rispettivamente Antonija Belazelkoska e Mia Giraud) sono due adolescenti, delle Gen Z, come tale generazione è definita dai sociologi. Entrambe praticano nuoto. Si professano essere migliori amiche, praticamente sorelle.

Eppure, il loro rapporto è profondamente sbilanciato: nel duo è Jana a prendere le decisioni, ad essere estroversa, a lanciarsi nei ragazzi, perfino a decidere ciò che la mite Maya debba pensare. Più alta dell’altra, torreggiante su essa, Jana non esita ad usare Maya per farsi accettare nel gruppo di amici, spingendola nel letto di un altro coetaneo durante una festa. E non esita a umiliare la ragazza quando sospetta che il rapporto non sia stato consumato.

Elena, una coetanea e compagna di classe, non rientra fra le grazie di Jana. A quella stessa festa, Elena avrà l’ardire di praticare del sesso orale al ragazzino con cui Jana pensava Maya avesse avuto un rapporto sessuale. Le ruberà prima il cellulare, e poi, plagerà Maya nel pubblicare su TikTok un video ritraente il suddetto sesso orale. Elena cadrà in una spirale di follia, mentre Jana conquisterà il suo ruolo da primadonna nella comitiva di ragazzini. Un terribile delitto verrà infine consumato da Jana stessa, scatenando una serie di conseguenze irreversibili nella “sorellanza” che univa lei e Maya.

Il fenomeno del revenge porn si pensa possa essere prerogativa maschile. In Sestri, però, sono le donne ad essere le prime nemiche delle donne. Il rapporto fra Jana e Maya, così sbilanciato, si rifà in un certo senso a quello fra le due protagoniste di Persona di Ingmar Bergman: una è succube ed è talvolta felice di esserlo, l’altra è dominante e non esita ad utilizzare il senso di colpa per piegare l’altra al suo volere. Non sei abbastanza per essere mia amica se non mi obbedisci. Il suo narcisismo è dilagante e pervasivo nella vita di Maya, che malsopporta la sua condizione di figlia separata e disistima la madre che non ha avuto il coraggio di lasciar andare del tutto l’ex marito – Jana, invece, fa finta di invidiargliela, quella condizione. Jana, inoltre, come una bulletta esemplare, utilizza gli artefici della mascolinità tossica da manuale contro le sue coetanee: Maya, che non era pronta ad avere un rapporto sessuale, rimbrottata perché pavida e destinata a morire vergine – con tanto di storia denigratoria con aureola postata su instagram –, Elena, sessualmente attiva, bollata come puttana e vittima di revenge porn. Jana manca completamente d’empatia, e la sua mostruosità cresce sempre più anche agli occhi di Maya.

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Il terribile delitto di Jana viene coperto da Maya, fino alla fine, che mai denuncerà la sestra.

L’acqua, in Sestri, è presente ovunque in Sestri: le due protagoniste sono nuotatrici in piscina, il film inizia con un tuffo da una scogliera sul lago Matka, nelle vicinanze di Skopje. Sarà sotto una pioggia scrosciante che Maya maturerà la decisione di abbandonare Jana per sempre e di ripudiarla come sorella. E sarà nell’acqua che il delitto verrà commesso. La piscina come atto battesimale, purificatorio: Maya, fino alla fine, tenterà di assolvere Jana dai suoi peccati, tentando di mondarla, di affogarla, di farle bere quell’acqua pulita. E cercherà il cadavere di Elena per pomeriggi interi, in quell’acqua gelida e fangosa.

Sestri è un eccellente affresco sociale della Macedonia del Nord odierna: un paese ancora povero – non viene affatto nascosta la condizione economica ben poco agiata di Maya, la cui madre è costretta a fare la sarta in casa ed è incinta di una terza figlia, mentre il padre guida una vecchissima auto tedesca comprata di quarta mano – ma che è stato letteralmente invaso dalla modernità del lato fortunato d’Europa: smartphone, TikTok, i social, e tutte le tremende dinamiche riempiono le cronache degli stati occidentali. Sestri è un film intelligente, ed è diretto ad un pubblico più vasto di quello balcanico ed est-europeo: è diretto agli italiani, ai tedeschi, ai francesi. Mostra i macedoni per ciò che immaginiamo essere: musica techno di bassa qualità, scarsa parità fra i sessi, dispersione scolastica. Un click, quello di Jana, che è potentissimo: un click, però, non basterà per invertire il processo. Per far tornare in vita i morti. Per mondare le coscienze.

Le interpretazioni delle giovani protagoniste sono assolutamente degne di nota. Il livore crescente in Maya è dipinto con assoluto candore dalla bellissima Antonija: e Sestri è un film che brucia piano, brucia acquoreo, come Burning di  Lee Chang-dong, di cui riprende alcune dinamiche ed i dialoghi iperrealistici. Sestri, infatti, appartiene ad un genere thriller a cui non siamo abituati in Europa: è lento, maestoso, le sue protagoniste si muovono come monoliti in un mondo decadente, che riflette il disastro bellico interiore. Ma nulla lasciano trasparire fuori. La crudeltà di Jana è quella di un grande villain, è spaventosa: è la bulla che alberga nei peggiori incubi delle adolescenti meste e gentili. Non potrà distruggere l’intero pianeta, ma sicuramente il piccolo universo interiore. La regia di Dina Duma indugia sulle espressioni facciali dei visi senza rughe delle protagoniste, sui lettoni malconci in cui dormono, sull’intonaco screpolato, creando una rete di collegamenti facilmente coglibili e per questo potentissimi. La colonna sonora di Igor Vasilev si sposa benissimo con la decadente maestosità di Sestri.

Un lungometraggio rivelazione.  

Giulia Della Pelle
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