Non so perché, ma questa volta parlare di F. Perdere le cose spettacolo mi viene difficile. Eppure gli elementi sono semplici. La scenografia è ordinata e si presenta con un monocolore cemento. Una sedia a lato. Tanti proiettori che delimitano il perimetro del muro di fondo e la staccionata che chiude lo spazio scenico ai lati del palco.
F. Perdere le cose è il racconto non rappresentativo della volontà di cercare una via possibile per mostrare il volto di un uomo. F. il protagonista, pur essendo tale, non può salire sul palcoscenico perché non ha il permesso di soggiorno. Lo ha perso lungo le strade di Bologna quando si è sentito male. Il fatto è che un uomo senza un documento d’identità non è nessuno. Non può essere neanche se stesso, perché niente lo può dimostrare. F. è un senzatetto di origine nigeriana, in Italia da vent’anni, conosciuto dai membri della compagnia in un dormitorio per persone con problemi sanitari. Non potendo entrare in scena il racconto di F. è affidato d’apprima ad uno spettatore preso in prestito tra il pubblico, e poi al suono della voce del protagonista che esce da una cassa acustica posta sul palco. Kepler-452 sceglie di portare in scena anche le odissee burocratiche, le difficoltà e le contraddizioni che si trova ad affrontare chi non possiede un permesso di soggiorno. Gli attori cercano di informarsi, di conoscere la legislazione italiana in materia, ma ogni tentativo porta al nulla.
F. Perdere le cose, della compagnia Kepler-452, lascia stupefatti, prima ti fa ridere, e poi senza che tu te lo aspetti ti piomba addosso. Ti piomba addosso qualcosa di gravoso che ti costringe, per urgenza, a dover divenire testimone di un mondo sommerso. Portavoce di quei refusi che vivono le nostre stesse strade, ma in una condizione completamente subalterna. F. è la storia di che ha perso tutto, di chi ha perso pure se stesso. A portare in scena lo spettacolo, visto all’Arena del Sole di Bologna il 12 dicembre scorso, è il collettivo Kepler-452 composto da Paola Aiello, Enrico Baraldi e Nicola Borghesi. Il gruppo nasce appena quattro anni fa nel seno del festival 20 30, che loro stessi hanno inaugurato. Da quel momento in poi hanno portato in scena ben tre spettacoli, produzioni che cercano di portare a teatro un pubblico di non addetti ai lavori, e questo si vede, (la sala infatti era piena di ragazzi giovani) e allo stesso tempo di testimoniare le biografie di tanti sconosciuti che meritano di prendere voce.
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