Ieri sera a Francavilla al Mare è andata in scena la Prima di Non Svegliate lo Spettatore, uno spettacolo teatrale dedicato alla vita di Ennio Flaiano. Lino Guanciale, accompagnato dalla fisarmonica del maestro Davide Cavuti, ha ripercorso la straordinaria carriera dello scrittore: tra aneddoti privati e personali
Nell’era del Coronavirus – tra mascherine e distanziamento sociale – vedere una piazza colma di persone per uno spettacolo teatrale regala una sorta di soddisfazione a chi, come me, ama la cultura in ogni sua forma. Nei tempi di una pandemia in corso, partecipare ad una rappresentazione dal vivo ha un qualcosa di magico e magnetico. Di fronte ad un palco vuoto, seduta in platea, ho provato emozioni contrastanti ed inebrianti, mai provate prima. Ed è forse questa la più grande rivincita del teatro: suscitare sentimenti nuovi.
E allora, alle 21.15 circa, si alza il sipario sulla prima di Non Svegliate lo Spettatore. Tra umorismo e riflessioni più profonde, Lino Guanciale ha preso per mano lo spettatore, accompagnandolo nel viaggio dell’affascinante vita di Ennio Flaiano. Tra musica e recitazione, l’attore ha coinvolto i presenti declamando i pensieri dello scrittore e sceneggiatore italiano.
Tra i momenti più intensi è quello in cui Lino Guanciale ha letto una lettera carica di stima che Flaiano aveva inviato a Fellini nel 1969, dieci anni dopo l’uscita de La Dolce Vita (film che ha portato numerosi scontri tra il regista e lo sceneggiatore). Lo ammetto, forse sono stati i minuti che ho sentito più vicini per tutto l’interno spettacolo. Non che gli altri non lo siano stati, per carità, ma la mia profonda ammirazione verso il miglior regista che la storia del cinema abbia avuto, mi hanno catapultata in un’altra dimensione.
Non tutti sanno che, nonostante i due grandi artisti abbiano lavorato insieme, tra Flaiano e Fellini c’era un rapporto di amore ed odio. Il rispetto artistico era soggetto al contrasto di pensiero: mentre Fellini grondava di metafore, Flaiano aveva uno stile aforistico da intellettuale, lontano dal ritratto umoristico in cui il regista sguazzava.
Eppure, quel senso di rivalsa si copre dall’ammirazione che Flaiano rivela a Fellini nel febbraio del 1969:
«Caro Federico,
ieri sera ho rivisto La dolce vita. Ti confesso che c’ero andato con lugubre presentimento di trovare tutto abbastanza offeso dal tempo, e che all’ultimo momento stavo per filarmela. Era una proiezione privata ed eravamo in sei persone, tutte col mio problema. Dio mio, La dolce vita, dieci anni dopo, proprio al limite del passato! Del passato-che-torna come per le prostitute che hanno sposato l’ingegnere e il pappone viene a ricattarle, spingendole al suicidio.
Invece sono caduto nel film come se non l’avessi mai visto prima. Affascinante, pieno di una realtà che ancora adesso si sta decifrando, un film che poi lascia storditi per l’abbondanza e la precisione dei motivi, dei personaggi e delle storie che si intrecciano come un grande telaio, e ognuno completa l’altro. Insomma un romanzo, non un racconto. Ma queste cose le sai già.
Credo che resti la tua opera più viva in questo senso, proprio per la carica di pietà e di ansia per un mondo che sta uscendo dai binari e affretta il momento della disperazione. Ma anche per la grande libertà narrativa e per la forza, l’ironia del distacco che ti hanno evitato compiacimenti. Tu stavi scoprendo in quel momento una realtà che gli altri non vedevano, e la raccontavi tutta, coi suoi possibili futuri sviluppi.
Io penso che per festeggiare i dieci anni della Dolce vita dovresti interessarti di farne fare una nuova edizione e presentarla. Sarebbe molto utile ai nuovi registi che non ti conoscono, perché allora avevano dieci anni loro. E sarebbe una lezione. Non ho altro da dirti. Ti auguro buon lavoro e ti abbraccio.
Ennio (Flaiano)»
Lettera di Ennio Flaiano a Federico Fellini
Una lettera intensa, d’amore oso dire, recitata divinamente da un Lino Guanciale, oggettivamente, in stato di grazia. E’ stato in grado di farmi percepire nei minimi dettagli lo stato d’animo di Flaiano, una credibilità che in teatro è fondamentale trasmettere e lui ci è riuscito in maniera impeccabile.
Menzione particolare voglio fare al ricordo appassionante di Luigi Tenco e a quelle parole che Ennio Flaiano aveva rivelato su Sanremo. Nonostante il testo – recitato a memoria da Guanciale – era datato nel 1968, i riferimenti sono chiaramente rivolti al Festival 1967, l’anno del suicidio di Tenco. Una prova attoriale di qualità, accompagnata dalla fisarmonica di Cavuti e dalle note di Mi sono innamorato di te.
Nello spettacolo c’è stato poi spazio per l’unico romanzo scritto da Ennio Flaiano: Il tempo di uccidere. Libro che vinse l’edizione inaugurale del Premio Strega nel 1947. Ma anche all’esilarante pensiero che Flaiano aveva sull’amore morboso per le macchine dell’uomo, un sentimento che è una sorta di testamento lasciato dal boom economico. Quella di Lino Guanciale è stata una rappresentazione ironica e pungente, intensa di “battute al veleno” in pieno stile Flaiano, compreso il riferimento all’amministrazione Raggi a Roma.
La conclusione è stata affidata alle parole d’amore e drammatiche di Flaiano rivolte alla figlia scomparsa prematuramente. Una vena di profonda malinconia e un senso di inquietudine caratterizzano l’espressività del ricordo. Un dolore lacerante arrivato in platea con una forza micidiale. Ed è qui che ho avuto la conferma di quanto Lino Guanciale sia un Professionista con la “P” maiuscola.
Credibile, sorprendente, vulnerabile, ironico, dolente, empatico.
Quella messa in scena da Lino Guanciale in Non Svegliate lo Spettatore è una prova attoriale di alto livello – e anche canora viste le sue performance – perché non basta avere l’occhio chiaro e dei lineamenti carini per definirti “attore”.
Quel mestiere lo devi conoscere, lo devi sentire tuo. Devi sperimentare, viaggiare, ascoltare e stupirti ogni volta. Devi essere fedele a te stesso, senza filtri e senza tradirti. Solo così riesci a farti guardare a 360 gradi dal pubblico. Solo così riesci a coniugare leggerezza e serietà. E Lino Guanciale, questo, lo sa bene.
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