Vivere di musica
Senza la musica non ci possiamo stare, e questo vale un po’ per tutti. Immaginate cosa significhi, allora, per gli adolescenti. Non che stiano ventiquattr’ore su ventiquattro con le cuffie attaccate alle orecchie – dormono anche loro, per carità – ma in quell’età di passaggio che segna la fine dell’infanzia e il sopraggiungere della vita adulta una colonna sonora ci vuole. E, trattandosi di anni non sempre facili, non stupirà trovarne una estremamente variegata come la miriade di emozioni che affollano il cuore e occupano la mente, ogni giorno. Offrire un orecchio alla musica degli adolescenti, interessarsi sinceramente a ciò che ascoltano a volte può comportare un notevole sforzo, soprattutto se, come termine di paragone, siamo abituati a prendere i miti della musica di cinquant’anni fa. Smettiamola di girarci attorno: sono stili diversi, forme diverse e un brano rap certo non può essere giudicato con gli stessi criteri con cui ci esprimeremmo in merito ad uno dei capolavori della canzone d’autore.
L’esperimento toscano
Capire cosa ascoltano i giovani è utile, sotto molti aspetti. E no, se siete una mamma apprensiva, preoccupata di sapere se vostro figlio si droga o frequenta cattive compagnie, ascoltare ciò che ascolta lui non vi aiuterà a sciogliere i dubbi. Ma vi aiuterà a conoscerlo meglio. Cogliamo il senso del brano, cerchiamo di capire cosa ci trovi in quei versi, in quel ritmo. Potremmo rimanere piacevolmente sorpresi. Nel corso di quest’anno scolastico, come sono abituato a fare ormai da diversi anni, ho proposto a una mia classe di tenere delle lezioni su un cantautore a scelta, dando la possibilità ai ragazzi di unirsi anche in piccoli gruppi (due o tre persone) qualora l’artista individuato fosse particolarmente “gettonato”. La scuola è un istituto tecnico della provincia di Pistoia, in Toscana, e i ragazzi coinvolti frequentavano una classe seconda a indirizzo economico. La composizione era omogenea, con undici femmine a fronte di nove maschi. Due sole le raccomandazioni: che scegliessero un artista italiano e che proponessero qualcuno che scrivesse il testo o la musica di ciò che cantava. Non era necessario che questo secondo criterio abbracciasse tutta la sua produzione – in fondo non tutti i pezzi dei nostri cantautori sono sempre farina del loro sacco -, ma che fosse dominante, questo sì.
L’ultimo lo so bene
Prima di dare il via alle danze, prima di renderli protagonisti con le loro lezioni, ho testato la loro cultura musicale. Ho preso un pezzo di particolare successo per ogni decennio dagli anni Cinquanta del Novecento agli anni Dieci del Duemila. Settant’anni di canzoni. E ciò che ne è venuto fuori è molto interessante, oltre ad essere stato molto divertente sul posto. In omaggio al centenario della nascita di Carosone, per gli anni Cinquanta ho fatto ascoltare Tu vuò fa’ l’americano. Quasi tutti la conoscevano, ma nessuno ricordava il nome dell’autore. Per gli anni Sessanta ho dato la parola a un’icona dell’epoca, Mina, con È l’uomo per me. E qui i ragazzi sono apparsi più disorientati: pochi conoscevano la canzone, ma un maggior numero aveva sentito rammentare l’interprete. Per gli anni Settanta la scelta è ricaduta su E tu di Claudio Baglioni, ma anche stavolta non è stata una scelta felice, in quanto solo una ragazza dalle prime note ha saputo riconoscere il titolo e il nome dell’autore (merito di ascolti ossessivi da parte dei genitori, avrebbe confessato poco dopo).
Più familiare Fotoromanza di Gianna Nannini per gli anni Ottanta, anche se nessuno ha saputo indovinare il titolo e il nome dell’autrice. Con gli anni Novanta siamo entrati sicuramente in un periodo che sentivano più loro, essendo nati in buona parte nel 2004. L’eco del decennio che li ha preceduti continua a riecheggiare nelle loro orecchie e di fronte a Come mai degli 883, presi da trasporto, alcuni di loro hanno acceso le torce dei loro cellulari (dimenticate i cari vecchi accendini dei concerti, ora si usa così). Sorprendentemente quasi nessuno ha riconosciuto una canzone uscita proprio nell’anno della loro nascita, Calma e sangue freddo di Luca Dirisio. Forse segno di un successo troppo labile per durare nel tempo. Infine tutti hanno indovinato titolo e interprete di Controvento, il brano cantato da Arisa al Festival di Sanremo del 2014, nonché primo classificato.
Tra musica leggera e cultura hip hop
Ne viene fuori un quadro che mostra una cultura musicale incentrata sulle tendenze degli ultimi trent’anni. Ciò che sanno sulla storia meno recente della canzone italiana lo devono a qualche familiare che ha fatto conoscere certi autori, ma anche coloro che fino a qualche decennio fa sembravano essere delle vere leggende, vedi Lucio Battisti, non ottengono più lo stesso consenso. Un po’ perché se possono ascoltano musica straniera, un po’ perché il genere imperante oggi è il rap ed è questo quello che cercano nella musica italiana.
E qui veniamo alla nostra attività. Gli artisti a cui hanno dedicato una lezione sono Salmo, Mahmood, Geolier, Caparezza, Laura Pausini, Tedua, Tommaso Paradiso, Ultimo, Lazza, Clementino, Rocco Hunt, gli Psicologi, Marracash. I due alieni, per ciò che riguarda il genere, sono Laura Pausini e Tommaso Paradiso, entrambi artisti pop. Quest’ultimo, malgrado la ancor acerba attività da solista, ha già ascritto a suo nome successi come Non avere paura che lasciano intravedere un futuro promettente per il cantautore romano. Laura Pausini conferma il gradimento di cui gode in Italia, ma soprattutto all’estero, visto che la ragazza che l’ha proposta è originaria dell’America Latina.
In principio era Caparezza
A spopolare sono sicuramente gli artisti appartenenti alla galassia dell’hip pop, dove un posto importante è occupato dalla musica rap e trap. Non è facile, però, trovare il rapper puro. Il genere, nel corso dei decenni, è andato incontro a frequenti contaminazioni che hanno dato vita a fenomeni nuovi, a volte molto lontani dal rap delle origini. Dal punto di vista anagrafico il padre di quelli citati è Caparezza, il cui stile continua lasciare un marchio inconfondibile. Interessante notare come nei gusti musicali possano influire anche le comuni origini. Nel caso di Rocco Hunt e Clementino, infatti, buona parte dei ragazzi coinvolti avevano un legame affettivo importante con la Campania, regione che nelle loro canzoni diventa terra di contraddizioni e rivela certi atteggiamenti che non si perdono neppure quando il discorso si fa più ampio, parlando dell’Italia.
Sostenere la cultura musicale
Questo lavoro fatto in classe non vuole essere esaustivo né certo ha la pretesa di offrire un quadro completo dei gusti degli adolescenti nel 2020. Tanti fattori andrebbero considerati per dare una lettura più efficace, infatti con questa attività si è voluto solo dare uno spaccato delle tendenze in atto, non sempre, come contrariamente si pensa, all’insegna dell’omologazione. Ciò che si rileva, però, è una scarsa conoscenza della storia della canzone italiana, più volte lamentata da tanti addetti ai lavori che ai vari governi hanno suggerito di prevedere corsi nelle scuole per ricostruire una cultura musicale che si sta perdendo. Il rischio è, per utilizzare un’espressione di Umberto Eco, che la musica diventi davvero “gastronomica”, venendo fagocitata con impazienza, in grandi quantità, senza lasciare traccia di ciò che è stato.
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