Harakiri è la prima opera cinematografica in musica di Samuele Bersani. Il primo film ipnotico di un autore che non smette mai di stupire e rigenerare la musica italiana, spesso, troppo assopita e orfana di temi esistenziali. Il primo assaggio del nuovo album “Cinema Samuele”, in uscita il prossimo 2 ottobre
Tornare ad ascoltare Samuele Bersani è il (mio) regalo di fine estate. Perché Harakiri è un dono arrivato dopo sette anni di trepida attesa. Non che io abbia mai smesso di ascoltarlo in questi mesi, sia chiaro. E’ dal 2000 che le sue canzoni mi tengono per mano, e di certo non voglio mollare la presa dopo vent’anni. Ma lo reputo un regalo perché in un periodo di piattume totale, dove motivetti senza senso e canzonette da strapazzo bombardano le radio, la penna raffinata e delicata del cantautore bolognese è una speranza per la musica italiana.
Ero poco più che adolescente, nel 2013, quando uscì Nuvola numero nove, dove dubbi e incertezze la facevano da padrone. Di certo non mi aspettavo che avrei dovuto aspettare quasi un decennio per ascoltare un inedito di Samuele Bersani, di colui che considero uno dei più importanti cantautori della seconda generazione, eppure ne è valsa la pena.
Oggi, dopo 7 anni, sono una donna con qualche consapevolezza in più e mille progetti da realizzare, eppure i miei sentimenti per uno degli artisti che hanno contribuito a forgiare e influenzare la mia personalità non sono cambiati, semmai sono cresciuti e maturati col tempo.
Ed è con un pizzico di emozione e con le farfalle nello stomaco che questa mattina ho ascoltato Harakiri. Perché ogni volta che mi imbatto una nuova canzone di Samuele Bersani è come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Le sue parole sono un abbraccio caldo e avvolgente, la sua ironia tagliente e intelligente è acqua nel deserto, la sua arte è un punto di riferimento inesauribile.
In Harakiri – termine giapponese che si riferisce al suicidio rituale riservato ai samurai ad espiazione di una colpa – troviamo tutta l’essenza cantautorale di Samuele Bersani: testo ermetico, sconcerto, sarcasmo, humour noir, immagini surreali, linguaggio psicanalitico, personaggi a tratti fantascientifici che vivono in contesti irreali e che galleggiano in mondi fatti di sentimenti e storie vissute fino in fondo.
Quella che Samuele Bersani porta in scena con Harakiri è la storia di tante figure che vivono in un contesto di solitudine ai margini della società, circondati dal menefreghismo e dall’insofferenza altrui. Ma è nel finale che arriva il colpo di genio, il riscatto vero e proprio di questo personaggio, arrivato dopo una vita tormentata, ma inesausta. Un riscatto dettato da una voglia di rinascita personale, mostrando tutta la bellezza di una vita imperfetta.
«Poi dopo una serie giorni infelici
Venne fuori vestito di bianco
Sembrava una lucciola in mezzo a un blackout
Per fargli un regalo anche il cielo di colpo si aprì a serramanico
Come se spalancasse un sipario»
Il suo stile è riconoscibile già dal primo verso, ti accarezza l’anima solo come lui sa fare. Riesce a raccontare la sofferenza, ad analizzarla e a mostrarne la bellezza. Accompagna l’ascoltatore in una sorta di mondo fatato, creando una bolla senza tempo.
Il testo criptico rivela, ancora una volta, la grande profondità di un autore che non lascia niente al caso e scava dentro ognuno di noi. Nella sua musica c’è un’estetica bellissima – e non è vero che non è attento agli arrangiamenti, anzi – dove si respira il cinema impressionista francese, che portano a far viaggiare con l’immaginazione.
Grazie per non guardare alle classifiche, al mercato, al mainstream, al commerciale. Grazie per ricordarci che la bella musica esiste. Sei balsamo per le orecchie, “una lucciola in mezzo a un blackout”.
Bentornato, Samuele!
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