Death to 2020, un tentativo di commedia che non funziona

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Death to 2020 è la nuova creazione di Charlie Brooker, già autore della celebre serie Black Mirror.

Rilasciato su Netflix lo scorso 27 dicembre, Death to 2020 riprende il tipo di narrazione distopica che caratterizza Black Mirror. Il film si propone sotto forma di un mockumentary (“falso documentario”) della durata di settanta minuti, in cui vengono ricapitolati i fatti più eclatanti accaduti all’interno del famigerato 2020: il rischio di una terza guerra mondiale annunciata ad inizio anno, la pandemia, il movimento Black Lives Matter, la “Megxit”, l’impeachment di Donald Trump, il vaccino Pfizer, e l’elezione di Joe Biden.

Memorabile la presenza di alcuni ‘big’ del cinema, tra cui Samuel L. Jackson e Hugh Grant. A seguire nel cast anche Lisa Kudrow, Cristin Milioti, Kumail Nanjiani, Tracey Ullman, Diane Morgan, Leslie Jones e Joe Keery.

I fatti caratterizzanti il 2020 sono esposti da una sarcastica voce narrante, alla quale fanno da sfondo le interviste fatte ai personaggi fittizi.

In primo luogo c’è il giornalista Dash Bracket (Samuel Jackson), reporter del New Yorkerly News. Hugh Grant veste i panni dello storico Tennyson Foss, mentre Lisa Kudrow è la portavoce Jeanetta Grace Susan. Altre figure professionali sono rappresentate dalla psicologa Maggie Gravel (Leslie Jones), il CEO di una compagnia tecnologica Bark Multiverse (Kumail Nanjiani), la regina Elisabetta (Tracey Ulman), il millennial Duke Goolies e lo scenziato Pyrex Flask (Samson Kayo).

In Death to 2020, però, la parola è data anche ai cittadini comuni e non solo a figure competenti – per quanto poco competenti possano essere i personaggi sopracitati.

Abbiamo Kathy Flowers (Cristin Milioti), perfetta incarnazione di una tipica “Karen”, che si presenta da sola come una tipica madre di famiglia la cui occupazione principale è quella di navigare sul web alla ricerca di fake news a cui credere. Gemma Nerrick (Diane Morgan), invece, è introdotta semplicemente come un cittadino medio. Se Kathy copre col suo aspetto rassicurante una certa malignità, Gemma al contrario è una persona blanda e sprovveduta.

Death to 2020, un tentativo di commedia che non funziona 3

Il riepilogo dell’anno appena trascorso che Death to 2020 propone racchiude situazioni comunemente vissute durante gli ultimi dodici mesi.

La superficialità iniziale sulla pandemia, la superbia elitaria, le fake news, l’alienazione, il cambiamento degli stili di vita: Death to 2020 ripercorre tutto ciò in un’atmosfera sarcastica, esasperando al massimo gli stereotipi più ricorrenti incontrati durante lo scorso anno tanto odiato.

L’elemento distopico ricalca in un certo modo l’atmosfera già vista nell’universo di Black Mirror. Come in quest’ultimo, anche in Death to 2020 i personaggi sembrano privi di buonsenso e lontani dalla loro stessa coscienza; questo è aggravato dal fatto che a prendere parola nel mockumentary siano soggetti non proprio esemplari a livello individuale, intrisi perlopiù di superficialità, egoismo e prepotenza.

I presupposti per far funzionare un progetto come Death to 2020 ci sono, ma sono sovrastati da un umorismo pessimo.

Nulla da togliere agli attori: il vero problema è il contenuto. L’ironia ostentata in Death to 2020 non funziona affatto e ricorda a tratti quella presente in alcune sitcom di bassa lega; la maggioranza delle battute rasenta l’imbarazzo e lascia una punta di perplessità addosso.

Il 2020 è stato un anno dove in molti casi sono venuti fuori i lati peggiori delle persone. Death to 2020 compie il tentativo di scavare nelle personalità di soggetti plasmati dagli avvenimenti di quest’anno e ci riesce, ma infine esaspera il risultato e lo guasta irrimediabilmente. I personaggi sono appositamente demenziali; l’ignoranza di alcuni di loro, tuttavia, è così inacerbita da risultare surreale. Non c’era bisogno di spingersi così oltre con determinati atteggiamenti la cui finzione è palpabile. Un po’ di realismo in più avrebbe soltanto beneficiato alla qualità complessiva del film.

Se l’intento di Death to 2020 era quello di risultare tanto osceno quanto il 2020 stesso si può dire che ci è perfettamente riuscito. Nel caso contrario, però, dispiace vedere sprecata l’opportunità di creare qualcosa di potenzialmente interessante.

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5 commenti su “Death to 2020, un tentativo di commedia che non funziona”

  1. Per niente d’accordo con la tua recensione. Trovo il documentario denso di humor britannico, che può non piacere. Ma il doc ha un taglio accattivante, affatto prolisso, veloce, pungente, rappresentativo..divertente. Far ridere su questo 2020 non era semplice, ma l’esorcismo funziona: riderete di cuore in almeno un paio d’occasioni

    • Caro David,
      abbiamo chiaramente opinioni diverse al riguardo e va bene così, non si può essere sempre d’accordo su tutto. Sul taglio del documentario, però, non ho avuto da puntualizzare; nella recensione mi sono soffermata semplicemente su quanto di negativo ho trovato nel film (ovvero il tipo di umorismo, che almeno per me non è stato nulla di memorabile).

  2. In totale accordo con il commento precedente, ho trovato questo film molto divertente. Una parodia se vogliamo anche piuttosto sfacciata ma che non si allontana dalla verità, a cominciare dalle dichiarazioni ufficiali dei nostri governanti (…queste si memorabili oltre che comiche!).
    La conclusione della sua recensione poi non la capisco:
    “…dispiace vedere sprecata l’opportunità di creare qualcosa di potenzialmente interessante”.
    Stiamo parlando di un “finto documentario”, la satira è intelligente e gli attori interpretano in maniera strepitosa dei personaggi che non si discostano poi così tanto da ciò che ci circonda.
    Mi perdoni, ma qui non si tratta di avere semplicemente opinioni diverse.
    Consiglio la visione di Death to 2020, due volte almeno !

    • Caro Riccardo,

      nella recensione ho scritto anche che i personaggi sono appositamente demenziali e questo va bene, perché è vero che il 2020 ha forgiato alcune personalità davvero inquietanti. A mio parare si tratta eccome di avere opinioni diverse: è un umorismo che può piacere o meno, e io non l’ho apprezzato. Ho capito benissimo l’intento del finto documentario e dell’atmosfera distopica che vuole avere ma il problema, secondo me, è che sulla satira riguardante i personaggi si è calcato fino all’esasperazione: ci ho visto numerosi tentativi di far ridere troppo forzati, che alla lunga – perlomeno su di me – hanno avuto l’effetto contrario.

  3. Ed è proprio il mash-up tra british humor e un po’ di Black humor che invece, a mio avviso, funziona parecchio.
    Ogni attore ha a disposizione ottimo materiale autoriale, sulla scia della standup più recente (vedi Ricky Gervais alla cerimonia Oscar 2020, stesso plot narrativo).
    In ultimo, permettimi, definire “surreale” il comportamento di alcuni personaggi è, alla luce degli ultimi fatti di Capitol Hill, quantomeno ironico.
    Per me il film c’è andato giù anche troppo poco.

I commenti sono chiusi.

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