SanPa, luci e tenebre di San Patrignano, è la prima docu-serie italiana firmata Netflix. Una storia pesante e controversa, una pagina del nostro paese imprescindibile, cui è impossibile voltarsi dall’altra parte. Un lavoro di ricerca incredibile che racconta l’evoluzione di una comunità, con i suoi pregi ed i suoi difetti
Non tutti lo sanno, ma ogni anno a San Patrignano ci sono i WeFree Days, con l’apertura dei cancelli agli studenti di tutta Italia. Nel 2012, tra quei tanti studenti c’ero anche io. Non è facile spiegare cosa significhi varcare la soglia di questa piccola città dell’accoglienza in un giorno comune. Immaginatevi un grande auditorium gremito di oltre mille ragazzi e un silenzio tombale dovuto all’attenzione delle testimonianze dirette, crude, che si avvicendano sul palco, capaci di rapire, coinvolgere, aprire nuovi scenari e anche commuovere un intero pubblico di adolescenti.
E’ con questo ricordo di storie a lieto fine che ho iniziato a guardare il documentario SanPa, diretto da Cosima Spender e ideato e scritto da Gianluca Neri insieme a Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli. Un lavoro organizzato in 5 episodi della durata di circa un’ora che raccontano la parabola ascendente di un posto fuori dal mondo, San Patrignano, unitamente a quella di un uomo che l’ha creata, Vincenzo Muccioli, dove alla fine degli anni Settanta eredita dei terreni agricoli dalla famiglia di sua moglie sulle colline di Coriano, vicino Rimini, per costruirci una comunità di recupero per giovani tossicodipendenti “a sua immagine e somiglianza”.
Le prime immagini che ci vengono mostrate in SanPa sono d’epoca.
È il 1978, la fine di un decennio in cui i giovani sono stati invasi da fiumi di droga a basso costo, siamo a San Patrignano – un gigantesco pezzo di terra – destinata a diventare la più grande e osannata e contestata comunità per il recupero dei tossicodipendenti in tutta Europa, dove Vincenzo Muccioli è il fondatore e leader della comunità. La camera si stringe su di lui per un primo piano in cui scandisce le parole: «Non è la droga a venire da voi, siete voi ad andare dalla droga. Qui se ci entrate ci state, io non vi lascio andare via».
Da questo momento sarà il racconto di diciassette anni di storia, quella degli anni ’70 e ’80, quella degli scontri di piazza, dei terrorismi rosso e nero, della contestazione studentesca, dell’eroina e dell’AIDS che avrebbero annichilito la vita di un’intera generazione. Tutto è raccontato con dovizia di immagini tratte da archivi televisivi e video amatoriali, testimonianze e interviste a cuore aperto.
I ragazzi arrivati nella comunità vedono in Muccioli un padre, una persona di fiducia che li accoglie e gli dà una possibilità di uscire dal tunnel della droga, mentre le famiglie di questi giovani gli sono riconoscenti per il lavoro che sta facendo. L’opinione pubblica gli dà attenzione, i salotti televisivi gli danno spazio e la politica si interessa alla comunità che anno dopo anno inizia ad espandersi: nascono appartamenti, stalle per cavalli, un ospedale per tenere a bada l’epidemia di AIDS; poi la fattoria diventa una città stato, che produce vini di qualità, alleva cavalli di razza, si autofinanzia con quello che coltiva.
SanPa sottolinea perfettamente come la figura di Vincenzo Muccioli abbia monopolizzato per oltre un decennio l’attenzione della stampa, spaccando in due l’opinione pubblica: c’è chi ne tesse le lodi per il suo impegno a favore degli emarginati, dimenticati dallo Stato; e chi lo accusa per usare dei metodi riabilitativi di dubbio valore etico che sconfinano nell’illegalità. Nella comunità non c’erano medici, ma venivano usati solo “sistemi primitivi”, come erbe e massaggi.
Non è tutto oro quel che luccica e la macchia oscura inizia ben presto a farsi notare, tanto che a San Patrignano diversi ragazzi vengono ritrovati incatenati da giorni in condizioni disumane in piccionaie adibite a minuscole celle. Nel 1984 – sei anni dopo la fondazione della comunità – inizia il cosiddetto “processo delle catene”. Sarà il primo di diversi procedimenti legali che diventeranno sempre più processi mediatici.
SanPa, sottraendosi a qualsiasi tipo di giudizio, ci mostra tutto questo attraverso preziosissimi materiali d’archivio, 180 ore di interviste e 25 testimonianze.
A parlare sono gli ex ospiti della comunità, lucidi e affascinanti nei loro racconti, tra cui Walter Delogu, padre della conduttrice e radiofonica Andrea – che a San Patrignano è nata e su cui ha scritto un libro – e che sarà una figura fondamentale negli sviluppi processuali in cui sarà coinvolta l’intera comunità.
C’è poi anche Andrea Muccioli, figlio del fondatore che dal 1995 al 2011 lo ha sostituito prima di essere estromesso dal consiglio d’amministrazione; c’è il fratello di Vincenzo, che lo ricorda con distacco e con freddezza; ci sono poi i giornalisti Luciano Nigro, che ne evidenzia le contraddizioni, e Red Ronnie, sostenitore di Muccioli e dei suoi metodi. E poi ci sono immancabili le storie sofferte di genitori impotenti, i volti scavati di giovani andati e una parte di Italia lasciata allo sbando più totale, dove lo Stato ha letteralmente incrociato le braccia davanti una crisi sociali di quelle dimensioni.
Imprenditore, benefattore, santone, misogino, pater familias, violento, leader, manipolatore: chi è davvero Vincenzo Muccioli?
SanPa cerca, in circa cinque ore, di rispondere a questa domanda. Ma la docu-serie ci mette davanti un Vincenzo Muccioli che è tutto ed il contrario di tutto. Forse uno degli uomini più controversi che l’Italia repubblicana abbia mai fatto i conti. Quello che ne viene fuori è un ritratto a metà, tra santo e mostro. Un uomo enigmatico capace di gesti affabili e premurosi e di battute disgustose, sicuramente innamorato del potere.
Alla fine degli episodi è impossibile non chiedersi: il fine giustifica i mezzi? E’ tutto lecito e fin dove si può spingere un uomo pur di salvare una vita?
I commenti contemporanei e le immagini sgranate d’epoca, forniscono al documentario una notevole portata magnetica. SanPa è un lavoro illuminante e inquietante, complesso e minuzioso, un esemplare impresa di ricerca giornalistica e narrativa storica, capace di scavare a fondo e portare alla luce una pagina di storia rimossa dalla nostra società.
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