Il suo nome ha creato un impero e il suo stile ha definito un’epoca. La storia dello stilista Halston, dalla scalata verso il successo alla perdita di prestigio, è la protagonista della serie omonima.
Ispirata al libro biografico di Steven Gaines, Halston è una serie realizzata per Netflix, colosso dello streaming, e che porta la firma di Ryan Murphy, già produttore di serie di successo come American Crime Story, American Horror Story e Ratched che racconta la storia del modista delle celebrità in cinque episodi, dalle origini alla fama mondiale e infine al declino di un artista. Ad interpretare il celebre modista è un sublime Ewan McGregor.
“Siamo come barche in mezzo al mare…”
Anche Halston era impaziente di trovare la sua strada, strada che ha inizio in Indiana, dove Roy Halston Frowick, questo il suo nome completo, trascorre un’infanzia difficile. La madre era infatti vittima delle violenze del marito e proprio per migliorare l’umore di quest’ultima, inizia così a disegnare cappelli, dimostrando di avere un grande talento per la moda fin dalla tenera età.
Proprio il cappello sarà il suo trampolino di lancio. Nel 1961 infatti durante la cerimonia di insediamento del presidente Kennedy, sua moglie Jackie indossa proprio un cappellino che porta la firma dello stilista. La sua personalità eclettica è troppo speciale per un posto come l’Indiana e troppo piccola per Bergdorf, il più importante grande magazzino di New York, così Halston decide di mettersi in proprio.
Cercando di reinventarsi, Halston decide di creare uno stile personale, portando con sé Elsa Peretti (Rebecca Dayan), futura designer di gioielli di origini italiane, Joe Eula (David Pittu), già illustratore per Givenchy, Vogue e Chanel, e ispirandosi alla nuova amica Liza Minnelli (Krysta Rodriguez).
Nonostante la prima collezione si rivela un fallimento, una volta trovata l’ispirazione Halston inizia a realizzare una collezione di caftani sfumati in tie-dye, abiti drappeggiati, trench in ultrasuede e l’iconico halter dress.
Con la fama in costante ascesa, Halston deve considerare di farsi rappresentare da una società per mantenere i tempi di consegna e rispettare la domanda richiesta dal mercato. Peccato però che tra le doti di Halston non ci sia quella di uomo d’affari. Decide quindi di affidarsi alle competenze di David Mahoney che gli permette di dare sfogo ai propri vizi anche in vista di un’importante sfilata di moda a Versailles, dove Halston è tra i rappresentanti della moda americana.
Qualche anno dopo, complice il suo impero in espansione, ad Halston viene commissionata la realizzazione di un profumo che si rivela una sfida più complicata di quanto pensasse ma che per fortuna si rivela un vero successo e che spiana la strada ad una collezione di valigie, di intimo, e di altri capi d’abbigliamento.
Dopo la salita, la discesa
Halston però non riesce più a reggere la pressione e le aspettative a cui è sottoposto. La sua vita fatta di eccessi, di lusso, di cocaina, di relazioni nocive e disfunzionali e di feste sfrenate allo Studio 54 si rivelano controproducenti per il suo stesso talento. Se ci si aggiunge poi un carattere arrogante, capriccioso ed egocentrico che gli causa un vuoto intorno e la perdita delle persone a lui più care, Halston inizia a sprofondare in un abisso senza fine che ha in parte contribuito a creare.
Tutto questo dimostra che Halston prima di essere un modista, come si definiva lui stesso, era un uomo e al contrario della maggioranza degli uomini era in grado di mostrare la sua debolezza. Dapprima causata dal disprezzo del padre che lo considerava una femminuccia con la passione per il ricamo, poi vittima della sua omosessualità che lo costringe a nascondersi e ad essere esposto sentimentalmente.
Le fragilità dell’uomo che si riflettono sull’artista
Halston è il tipico esempio dell’uomo che si è fatto dal nulla, che è dovuto fuggire dalle sue origini perché gli stavano troppo strette, bisognoso di amore e desideroso di conferme, un po’ come tanti giovani di oggi.
Prima del crollo definitivo della sua carriera, Halston disegna i costumi per uno spettacolo teatrale e riceve il plauso della critica. Si ritira dalle scene e trascorre gli ultimi diciotto mesi della sua vita viaggiando lungo la West Coast prima di morire nel 1990 a San Francisco per un sarcoma di Kaposi, conseguenza dell’AIDS.
“Riceviamo un solo nome ed è tutto ciò che abbiamo mentre siamo sulla Terra e tutto ciò che ci lasciamo dietro quando ce ne andiamo.”
È forse l’insegnamento più forte che Halston ci lascia in eredità: quello di non vendere mai il proprio nome, la propria identità, al miglior offerente. Ciò significherebbe vendere la propria anima al diavolo e rinunciare ad essere sé stessi.
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