La Révolution è il nuovo dramma storico di Netflix, otto episodi diretti da Aurélien Molas con l’intento di mettere in scena la testimonianza di come l’era dell’oscurità divenne quella dell’illuminismo. Peccato che la serie non ha niente a che fare con la Rivoluzione francese
La Révolution si prende molte libertà narrative con la sua apparente ispirazione alla Rivoluzione francese. Non vengono citati né Robespierre e né il Marchese de Lafayette; l’Assemblea Nazionale è come se non fosse mai esistita; inoltre non c’è niente che richiami i Girondini o i Giacobini.
Di contro, però, sentiamo parlare – molto – di Joseph Guillotin, medico e politico francese, che entrò a far parte della commissione degli stati generali del Re Luigi XVI. Egli era convinto che tutte le persone dovessero morire tramite la decapitazione, un metodo che nel Settecento era concesso solo ai nobili. Nella serie, inoltre, ricorre con insistenza il romantico motto Liberté, Égalité, Fraternité, solo che è totalmente scollegato dal significato originale.
Per capirci, i ruoli e le posizioni della società che costituiva l’Ancien régime – espressione coniata dai rivoluzionati in senso molto negativo – era definita non dalla ricchezza, ma principalmente dal prestigio e dai diritti che venivano riconosciuti ai diversi gruppi sociali. Per questo motivo era una società non di classi, ma di ordini o stati. In Francia esistevano tre ordini: il clero, la nobiltà e il “terzo stato”.
Tutti gli episodi sono ambientati nella contea francese di Montagris nel 1787, due anni prima e a circa 80 miglia di distanza dal luogo dell’inizio formale della rivoluzione.
Tuttavia, la scena iniziale de La Révolution ci porta avanti nel tempo, al 1989 – anno della presa della Bastiglia – e ci fa attraversare un paesaggio invernale e infernale, a tratti apocalittico, tra teste decapitate e gelida desolazione. L’intento di Aurélien Molas è quello di raccontare dei fatti “dimenticati”, ma che sono frutto, presumibilmente, della sua fantasia, e di quando il dolore per l’assassinio di una figlia del popolo ha provocato la scintilla che ha incendiato l’Ancien Régime, spingendoil “terzo stato” a ribellarsi ai nobili.
«Si dice che la storia la scrivano i vincitori. Ci si scorda di dire che è stata riscritta nel tempo. Trasformata dai libri. Reinventata da chi non l’ha vissuta»
Nonostante una quantità immonda e dispersiva di storie e personaggi, i protagonisti della serie sono prevalentemente Joseph-Ignace Guillotin (Amir El Kacem), un medico con un forte senso della giustizia, nonché sostenitore dell’omonimo del più famigerato strumento di esecuzione durante la rivoluzione, ed Élise de Montargis (Marilou Aussilloux), una nobildonna e contessa che nutre simpatie per la difficile situazione dei contadini sotto l’indifferente tirannia dell’aristocrazia.
Mentre indaga su una serie di misteriosi omicidi e sparizioni di contadine che affliggono Montagris, Joseph scopre inavvertitamente un misterioso virus che prende il nome “sangue blu”, che consente ai morti di tornare in vita come zombie violenti e cannibali. Questo è una sorta di trasformazione dell’eufemismo aristocratico, che porterà i ribelli ad organizzare una rivolta contro la nobiltà francese, che governava l’interno Paese e sottometteva i meno ambienti. Quando il medico, insieme ad Élise, inizia ad avvicinarsi alla verità, viene travolto all’interno di cospirazioni di implicazioni soprannaturali, la cui scoperta segna la fine di un’era e l’inizio di una rivoluzione.
La Révolution è una serie non convenzionale, decisamente horror, che non riguarda affatto la Rivoluzione francese, ma – forse – ha un’idea della Rivoluzione francese, lontana da quanto esplicata negli episodi.
Se la vogliamo dire tutta, la parte più interessante è proprio quella in cui viene raccontato il virus, assente nel periodo Ancien Régime e frutto dell’invenzione degli sceneggiatori. Questo perché porta il contesto pandemico settecentesco vicino a quello odierno.
La serie offre una lettura della storia completamente disinfettata dal contesto reale del 1789 e dai grandi sconvolgimenti sociali che hanno stabilito un fondamentale precedente per gli ideali rappresentativi, che hanno segnato un periodo di immensi cambiamenti politici e svolte socio-culturali, e che hanno innescato un decennio pregno di violenti colpi di stato e contro-golpe, portando la transizione da una forma di governo autoritario a un’altra.
Pretendere di raccontare la storia della Rivoluzione francese e omettere di proposito una di queste verità è trasgredire ad uno degli eventi più belli ed interessanti degli ultimi cinque secoli.
Tuttavia, mentre La Révolution fallisce totalmente nella sua rivisitazione della storia francese, riesce nella produzione, grazie ai costumi e palazzi sontuosi che contrastano con la città grigia e le baraccopoli impoverite, e ad una fotografia di alto livello che rende la serie piacevole per gli occhi, con paesaggi pittoreschi, strade squallide e paludi nebbiose. Devo sottolineare che gli attori, seppur non spiccano per eccellenza, sono comunque all’altezza del racconto. Anche se siamo ben lontani dai vari Depardieu e Cotillard che la cinematografia francese ci ha abituati in questi anni.
Ne La Révolution manca l’importanza che l’epoca meritava di avere. Hanno preferito catturare il pubblico, con risultati non soddisfacenti, attraverso un fantasy mediocre di caratura internazionale di poco gusto. L’originalità dovrebbe rendere una storia realmente accaduta più interessante, senza snaturarla e svuotarla del tutto. Un’occasione mancata!
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