Da qualche giorno è disponibile sulla piattaforma Mubi Anti Pop il documentario musicale di Jacopo Farina che racconta la parabola musicale di Cosmo.
Nei documentari musicali si è soliti rispettare una sorta di cronologia che parte dagli inizi della carriera dell’artista in oggetto per poi accompagnare lo spettatore fino ai tempi più recenti e in qualche modo anche Anti Pop rispetta questa linea temporale ma lo fa in modo molto poco convenzionale.
Già dalla prima scena, infatti, la voce fuori campo di Cosmo si sovrappone a immagini di rave musicali dando il via a quello che a tutti gli effetti è un flusso di coscienza a microfono aperto su immagini di repertorio alternate a interviste agli amici e compagni di viaggio del musicista di Ivrea.
Anni fa per parlare dei musicisti che provenivano da un determinato territorio si usava il termine di “scuola”. La famosa scuola genovese, quella romana, la napoletana. Oggi invece si predilige la parola “scena”. È proprio grazie a Anti Pop che entriamo nella scena musicale di Ivrea, città ai confini del regno musicale torinese che prima dell’esplosione di Marco Jacopo Bianchi era (e sostanzialmente resta) conosciuta per l’Olivetti, l’azienda italiana che prima di tutti ha esplorato i campi della sperimentazione nei Personal computer e non solo.
Proprio all’Olivetti è legata una parte della storia familiare di Cosmo, il racconto infatti affonda in alcune delle dinamiche interne alla storia personale di Marco per catapultarci nella provincia di Torino degli anni 80 e 90. Lì conosciamo anche i primi compagni di saletta con cui all’epoca era stato messo in piedi il primo nucleo che confluirà nei Melange, la prima band con cui Cosmo è salito su un palco.
Una storia come tante, di ragazzi che usano la musica per sfuggire alla monotonia della provincia italiana, la musica come scusa per ritrovarsi, per creare una piccola comunità alternativa a quelle precostituite. La musica come traccia all’interno della quale far confluire le proprie esigenze e pezzi della propria storia. In quel nucleo primordiale ritroviamo quella che poi sarà la compagna di vita di Cosmo e alcuni dei suoi compagni di avventura.
Si passa così al periodo dei Drink To me, band che mescolava l’elettronica al pop inglese, con cui Cosmo comincia a girare anche fuori da Ivrea. È anche il momento dell’entrata in scena di personaggi chiave della vita e della carriera di Cosmo. Mi riferisco a Emiliano Colasanti, uno dei fondatori della 42 Records, etichetta che più di altre ha saputo dare forma al nascente indie italiano. All’esperienza di questa etichetta si legano altri personaggi che si incontrano in quel periodo che rispondono al nome di Andrea “Suri” Suriani, probabilmente il tecnico del suono che più di altri ha forgiato il sound non solo di Cosmo ma di band di culto come I Cani e Roberto Grosso Sategna (Dieci) che completano il puzzle.
Il flusso dei ricordi, accompagnato dalle immagini, ci riporta al fermento che ha accompagnato l’esplosione di una scena alternativa che ha poi cominciato a dominare le classifiche di vendita. Ma prima che tutto ciò succedesse ci sono stati tempi in cui quel fermento sembrava non portare a nulla. Da qui si affonda nelle insicurezze di chi prova a vivere di musica, di chi prova a rendere la musica un lavoro. Una storia come tante, che prenderà una strada diversa, fortunata, ma che poteva anche naufragare come hanno fatto moltissime storie prima di questa. Anti Pop è tutto questo ma anche molto altro. Un viaggio che racconta paure, insicurezze e vette altissime, con tante pagine ancora da scrivere.
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