La seconda parte della quarta stagione di You fa venir voglia che la discussa serie Netflix – teoricamente thriller, in pratica comedy – venga rinnovata per altre innumerevoli stagioni.
Colpi di scena che non sono mai colpi di scena. Recitazione ai livelli di Hannah Montana. Dialoghi ai livelli dei peggio videogame di fiction interattiva sul Play Store.
Eppure a You, dopo quattro stagioni di spudoratissimo trash, non si può non voler bene. È a pieno titolo il trash a cui siamo affezionati; un po’ come i menu di McDonald’s di cui ci si abbuffa felicemente pur sapendone la dannosità.
In questa seconda parte di quarta stagione, You riprende il vecchio e lo spaccia per nuovo – quando l’unica, vera novità è l’ambientazione britannica e non più statunitense. Se la prima parte ci aveva illusi nel pensare che le cose potessero davvero cambiare, la seconda infrange le nostre illusioni e ci riconduce quasi nostalgicamente nelle atmosfere delle stagioni precedenti: quelle in cui ancora speravamo che le donne da cui Joe era ossessionato riuscissero a liberarsi dalla gabbia di vetro.
La vera ossessione: la gabbia di vetro.
Ai più svegli il seguente interrogativo sarà già sorto dalla prima stagione: come fa Joe a trasportare le famose gabbie di vetro in ogni casa in suo possesso? Più specificatamente: con quale scusa?
Quando l’ennesima ossessione amorosa di Joe si ritrova rinchiusa in un ennesimo box trasparente, inoltre, il copione è sempre lo stesso: lei che finge di addolcirsi per cercare di ottenere la clemenza di lui, lui che afferma di volersi prendere cura di lei dopo averla imbavagliata e rinchiusa come un animale.
Le ossessioni sentimentali di Joe si susseguono cicliamente; cambiano solo i nomi. C’è la ragazza di cui Joe è innamorato / ossessionato ed è troppo ingenua per capire l’instabilità mentale di lui; c’è quella un po’ più sveglia che dopo alcune azioni sospettose comincia a indagare e a scoprire cose che non si vorrebbero mai scoprire. C’è, talvolta, anche l’aiutante del primo tipo di ragazza – che, al pari dei suoi buoni propositi, non fa mai una bella fine.
Altro che Ciro Di Marzio, il vero immortale è Joe Goldberg
In modi che sono a conoscenza esclusiva degli sceneggiatori, Joe continua a sfuggire da situazioni apparentemente senza via d’uscita. Ogni suo tentativo di ottenere una vita normale si conclude con un terrificante avvicinamento alla morte che resta tale, senza mai tramutarsi nell’atto vero e proprio. Dopo quattro stagioni di You il meccanismo è tanto assodato da rendere ogni stagione una copia di quella precedente.
Lunga vita a Rhys Montrose
Rhys Montrose, ovvero la rappresentazione umana dei pensieri intrusivi di Joe. Rhys Montrose, ovvero la versione malvagia di Barney Stinson; perpetuo insidiatore delle zone d’ombra di Joe. Questo singolo accostamento è sufficiente a rendere simpatico il personaggio.
Il mondo di You, dove la polizia è un’invenzione di altre epoche
Dopo quattro stagioni Joe Goldberg ha ancora, paradossalmente paura che i suoi crimini vengano scoperti. Dopo essersi reinventato come prestigioso professore universitario in un altro continente in seguito a molteplici omicidi, il protagonista di You si lascia ancora intimorire da una polizia inesistente e che, se davvero esiste, è del tutto inefficace nell’adempiere ai suoi doveri.
Dexter Morgan era un vero dilettante, a cercare di non farsi scoprire con i quintali di plastica di cui foderava stanze in cui seviziare tranquillamente le sue vittime. Joe Goldberg è più fortunato: a lui è stato sufficiente l’esser stato collocato da sceneggiatori troppo pigri nel mondo dei (suoi) sogni.
Se Joe cambiasse sesso nella prossima stagione non ne sarei affatto stupita, considerando il tenore degli avvenimenti tipici di You. Ma a You perdonerei di tutto, anzi: da You continuo a pretenderla, la sceneggiatura simil-Hannah Montana a tinte thriller.
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