As Bestas è il nuovo film di Rodrigo Sorogoyen, già noto per El Reino, uscito in Italia a partire dal 13 Aprile 2023 da Movies Inspired. Ed offre, basandosi su un orribile crimine, un punto di vista nuovo sull’integrazione europea. Lo avevamo recensito qui.
L’Europa, il vecchio mondo. Dieci milioni quadrati di chilometri, piu’ di 250 lingue parlate – quasi tutte indoeuropee –, una storia plurimillenaria fortemente interconnessa; almeno tre imperi che hanno tentato di unificarla – romano, il suo sgradevole sequel germanico, quello napoleonico; la devastazione della Grande Guerra, una generazione intera scomparsa; la minaccia del nazismo nella seconda. E, ora, una parvenza di federazione di popoli, con la fondazione dell’Unione Europea nel 1993, circa un anno dopo la nascita della scrivente, col trattato di Maastricht in Belgio.
L’esistenza dell’Area Schengen e dell’Unione Europea ha permesso uno scambio di popolazione, fra i vari stati membri, senza precedenti. Legalmente, qualunque cittadino dell’UE ha diritto a stare un massimo di 90 giorni annui in qualunque altro stato membro – non che qualcuno controlli, detto fra noi. La placida situazione politica ha dato vita ad uno dei piu’ piacevoli fenomeno del Primo Mondo, la generazione week-end: l’Europa, così piccola che qualunque destinazione può essere raggiunta – senza il bisogno di un visto – in un massimo di due ore d’aereo, e passare un fine settimana fuori porta è diventata la prassi, grazie anche all’esistenza delle compagnie low cost – altro unicum europeo.
La cronaca dietro As Bestas
La situazione politica in Europa era già al suo status quo nel 2010, quando Martin Verfordern, natio dei Paesi Bassi, si trasferì, con la moglie Margo Pool, in un paesino galiziano dimenticato da Dio. La Galizia è la regione piu’ settentrionale della Spagna, stretta fra i monti, i Paesi Baschi, e l’Oceano. Di eredità piu’ celtica che latina – Galizia, in latino, significava semplicemente “Luogo dei Galli” – , ha come capoluogo Santiago de Compostela. Ma la scintillante cittadina marittima, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo, non è specchio dell’intera regione. L’interno, la regione di Ourense, è, al contrario, fra le piu’ povere e spopolate d’Europa, ed è qui che è ambientato As Bestas, basato proprio sulla personale tragedia di Martin e Margo.
Santoalla do Monte, anno 2010. Da tredici anni ormai i due olandesi vivono nel piccolo insediamento, in cui hanno la propria azienda agricola, biologica (assoluta novità per la zona) e iniziano anche un progetto di riqualificazione dell’area. All’inizio del loro idillio, nessun altro sfruttava i terreni della zona – se non per la famiglia Rodriguez, il cui patriarca Manuel spadroneggia sulla zona, indisturbato, da decenni. La pacifica convivenza ha cominciato a complicarsi quando venne alla luce che Vendorfen avesse diritti di proprietà su terreni comunali, utilizzati da Rodriguez come zona di pascolo, e che un’azienda di turbine eoliche fosse interessata ad acquistare quei terreni onde costruire un parco eolico – Verfordern non accettò che una sola famiglia considerasse proprio di diritto un bene altrimenti comune, ettari ed ettari di bosco e pascolo. Da lì, la guerra, una serie di terribili ripercussioni: la famiglia Rodriguez iniziò una vera e propria opera di stalking e terrorismo nei confronti di Martin e Margo. Martin documentò tutto con la sua videocamera, similmente all’Antoine di As Bestas: dieci anni di soprusi, raccolti rovinati, minacce. Martin era, al contrario di Manuel, una persona di profonda cultura: lavorò per Amnesty International, fra gli altri. Inoltre, la cronaca della morte annunciata di Martin era nota al pubblico spagnolo, di certo non meno amante del macabro di quello nostrano: El Pais già definiva “horror rurale” il compendio di grida, apparizioni notturne, pecore avvelenate filmato da Vendorfen nel 2009, un anno prima della scomparsa dell’uomo.
Infine, nel 2010, Martin venne ucciso da Carlos Rodriguez, figlio di Martin dalla mente debole e con un grave ritardo nello sviluppo, con un colpo di fucile alla testa, e il suo corpo abbandonato proprio in quei boschi antichi e silenziosi non occupati dalle pale eoliche. Nonostante l’insistenza di Margo, vere e proprie squadre di ricerca non vennero mai organizzate dalla Guardia Civil, e i resti decomposti di Martin vennero ritrovati solo 4 anni dopo, per puro caso, da un elicottero per la sorveglianza anti-incendio. Lupi e altre bestie avevano fatto scempio del corpo, ma Carlos, orgoglioso del suo gesto, confessò prontamente.
Cosa As Bestas racconta dell’Europa
Il tremendo crimine in As Bestas è già raccontato dalla copertina: Martin, che è francese e si chiama Antoine (Denis Minochet), non viene ucciso a colpi d’arma da fuoco, ma il suo omicidio si compie a mani nude – strangolamento – e da ben due bestie, Xan (Louis Zahera, in una performance eccelsa) e il suo fratello mentalmente debole (come Carlos), Lorenzo (Diego Anido). As Bestas prende spunto dalla tragedia di Margo e Martin per approfondire, in realtà, un altro tema: malattia mentale, il patriarcato, l’ignoranza e la povertà vengono lasciate in secondo piano, e mai usate per scusare il crimine. L’unica, profonda motivazione dell’omicidio di Antoine è la xenofobia.
L’odio fra vicini, sebbene così lontano, è toccato in ogni scena di As Bestas. Antoine e Margo hanno imparato rapidamente lo spagnolo galiziano, che è, tutto sommato, sempre una lingua indoeuropea e relativamente vicina al francese. Ciò, per il crudele Xan, non è stato abbastanza. Scene che, personalmente, seppure in una rabbia sussurrata, qualunque expat ha vissuto. La bestialità di Xan e Lorenzo è l’esasperazione di un timore dello straniero che è ancora sommersa, sottesa, ma presente, nell’Europeo rurale.
E che ho vissuto e vivo in prima persona.
La sceneggiatura do Sorogoyen ha, infatti, catturato con estrema precisione – sebbene esasperandola – il comportamento sociale di una piccola comunità di fronte all’invasor – che non è invasore, perché Schengen, perché Ursula Von der Layen, perché il Manifesto di Ventotene. Perché la guerra è finita, è finita da quasi un secolo: perché parliamo tutti la stessa lingua, mangiamo lo stesso cibo, calpestiamo lo stesso suolo. Antoine e Olga, nell’atto del pulire il piombo delle batterie dal loro pozzo, fonte di sostentamento, mi hanno ricordato me stessa mentre sciacquavo il cruscotto della mia auto – incrostato di uova lanciate – e tutte le volte, infinte, tediose volte, in cui ho dovuto buttare bigliettini trovati nella cassetta delle lettere o sul parabrezza –“assassini”, dicevano. Perché? Perché sono italiana. E un dittatore che disgraziatamente governò sul mio paese quasi un secolo fa cercò di invadere la Slovenia, promulgò leggi razziali anti-sloveni, creò un clima di terrore verso la minoranza slovena in Italia, represse la loro cultura, e, infine, dopo la guerra, questo paese a forma di stivale ebbe anche l’ardire di “tenersi” (e qui cito una mia, purtroppo, conoscente) il porto principale della zona, ossia Trieste, città irredenta. Dall’altro lato della barricata, ancora nessuno conosce e riconosce il genocidio delle foibe, e l’esodo Giuliano-Dalmata. Ho trentuno anni, sono nata a Roma, non avevo mai messo piede in Friuli – Venezia Giulia, non ho mai avuto alcun pensiero xenofobo nei confronti dei nostri vicini orientali.
Nelle parole di Xan ho rivissuto un trauma – “Avete già provato a conquistarci una volta (l’impero Napoleonico, ndR), ora voi due siete venuti qui e credete di ingannarci tutti, con la vostra agricoltura biologica, le vostre innovazioni; credete di avere gli stessi diritti di noi che siamo vissuti qui per tutta la vita”. Parole che mi sono state rivolte infinite volte, in infinite declinazioni, nonostante i miei tentativi di imparare la lingua, nonostante il mio tenere un profilo basso, nonostante la mia ottima carriera e il mio rispetto per le regole: similmente ad Antoine. Antoine credeva semplicemente che, in quanto residente legale, in quanto pagatore di tasse avesse gli stessi diritti di chi lì c’era nato, perché l’esistenza dell’Unione Europea – eminenza grigia presente sullo sfondo di As Bestas, coi suoi Euro – semplicemente, glielo garantisce. Per di piu’, Antoine credeva di poter fare cosa gradita a Santoalla, restaurando gli antichi casali di montagna: eppure ha fallito, perchè la stupidità e la stolidità, il timore del diverso, hanno avuto la meglio.
Eccola, la realtà politica, qui fumosa e debole, ma che brilla gioiosa e luminosa nel Benelux e in Olanda, che si scontra con l’ombrosa bestialità dei boschi galleghi.
As Bestas narra di un conflitto piccolo, privato: non c’è piu’ un fronte occidentale, uno orientale; la guerra civile spagnola è lontana. Ora la battaglia si combatte in un terreno privato, fatto di ripicche, di minuscole e atomiche crudeltà: la resistenza all’inevitabile cambiamento che si aggroviglia su sé stessa, accumula materiale cadendo a valle come una valanga, e assume massa critica. E spesso impatta su un solo individuo, spiazzato, confuso. In quella ferina battaglia fra un francese e due spagnoli, fra un expat legittimato dalla legge del mondo e due locali legittimati, invece, da quella della giungla, nessuno vince, ma c’è la storia dell’Europa intera: ci sono gli estoni e c’è la minoranza russa, ci sono gli italiani e ci sono gli sloveni; ci sono i francesi e i bretoni, ci sono i turchi naturalizzati tedeschi ma mai veramente tedeschi; ci sono i diritti calpestati dei lapponi in Svezia; ci sono miliardi di mutui negati, di multe comminate ingiustamente, di piccolo, piccolissimo, bullismo giornaliero verso il diverso – anche se è nato sotto lo stesso cielo dello stesso minuscolo, indifferente, continente.
In cosa speravano, Rodrigo Sorogoyen e Isabel Peña Domingo, quando hanno completato la sceneggiatura di As Bestas? In un mondo migliore? Che la denuncia di un crimine così efferato, così moderno, così ineluttabile, così annunciato, potesse aiutare a cambiare la sensibilità della gente comune?
Credo che entrambi credano negli stessi ideali nei quali credo anche io: che l’Europa diventi, infine, un unico paese. Molte generazioni di umani divisi dalla lingua dovranno nascere e perire; molte orribili leggi finanziarie dovranno essere approvate; molti altri Meloni, Orbàn, Janša, verranno, governeranno, e, infine, moriranno – ma il cambiamento sarà inevitabile. Nessun Martin morirà piu’ in terra straniera per il solo crimine di essere nato in un altro luogo.
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