As Bestas: uomini come bestie nel thriller di Rodrigo Sorogoyen – Recensione

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Da Cane di paglia di Sam Peckinpah a Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, il cinema ha spesso trattato l’argomento dei cattivi vicini, una maniera per mettere in contrasto stili di vita e di pensiero diversi costretti a convivere forzatamente, in un confronto con l’altro dagli esiti solitamente spiacevoli.

Lo sa bene Rodrigo Sorogoyen (Che Dio ci perdoni, Il regno), voce tra le più interessanti del nuovo cinema spagnolo, che con As Bestas, il suo ultimo lavoro presentato fuori concorso a Cannes 2022 e assoluto dominatore ai Premi Goya (vincitore in ben 9 categorie, tra cui “Miglior film”), utilizza il genere per indagare ancora una volta i conflitti insiti nell’animo umano e le inquietudini della società contemporanea, con un thriller mozzafiato che non potrà lasciare indifferenti.

In un piccolo villaggio sui monti della Galizia, in Spagna, si è da poco trasferita una coppia di francesi, Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs), due spiriti liberi scappati dalla frenesia della vita di città per cambiare modo di vivere, dedicandosi anima e corpo a una nuova attività basata sull’agricoltura sostenibile. È un lavoro duro, che deve tenere conto dei ritmi della terra e dei bruschi cambi di stagione, ma che i due portano avanti con grande dedizione e cura, forti di una solidità economica e culturale alle loro spalle.

Il loro idillio bucolico deve però fare i conti con i contadini del luogo, che stanno lì da molto più tempo di loro e non vedono certo di buon occhio i due coniugi francesi; quando poi i nuovi arrivati decidono di votare contro la concessione di quei terreni a una compagnia d’energia eolica, opportunità per i locali di mettere da parte un bel po’ di soldi e abbandonare finalmente quella vita dura, la situazione degenera in fretta. La mentalità borghese della coppia, che ristruttura gratuitamente vecchi casali abbandonati sperando un giorno di ripopolare quelle zone, si scontra allora con la crudele ferinità degli abitanti del luogo, in particolare dei due fratelli Xan (Luis Zahera) e Loren (Diego Anido), loro vicini di casa, disposti a tutto pur di rendere impossibile la vita agli ultimi arrivati, in un crescendo di violenza che rende il confine tra uomo e bestia spaventosamente sottile.

As Bestas di Rodrigo Sorogoyen - Recensione

Ispirato a un reale fatto di cronaca nera avvenuto in Galizia, As bestas utilizza questi luoghi arcigni come teatro di scontro tra esseri umani che lottano per affermare le loro posizioni, francesi contro spagnoli, tra chi ha la superbia di colonizzare quelle terre a discapito di chi quelle stesse terre le amministra da generazioni intere: come vediamo nello splendido incipit tutto girato al rallentatore (e che richiama la tradizionale usanza galiziana del “Rapa das Bestas”, una festa in cui i cavalli selvaggi vengono bloccati a mani nude per eseguire il taglio della criniera), sono uomini, quelli che abitano questi luoghi, che si pongono allo stesso livello degli animali, che domano le bestie non con l’intelletto e il ragionamento, ma con la forza bruta, la stessa che non esitano a utilizzare per regolare i conti con i propri pari (come bestie, appunto).

È uno scontro di idee e mentalità opposte, ma anche di corpi, e la scelta sul cast è geniale in questo senso: da una parte c’è Denis Ménochet (che, dalla indimenticabile sequenza iniziale di Bastardi senza gloria di Tarantino, ha intrapreso negli ultimi anni un percorso recitativo fortemente basato sulla sua fisicità straripante), gigantesco e minaccioso proprio come le montagne che abita, dall’altra il segaligno e scavato Luis Zahera (ormai assiduo collaboratore di Sorogoyen), non meno inquietante e spaventoso del vicino, e che trova nella complicità del fratello una terribile spalla con cui affermare la propria forza. Il regista spagnolo è intelligente a non dividere mai veramente tra buoni e cattivi (anche se è evidente che qui i marginali non sono solo da compatire, ma anche e soprattutto da temere), ma lascia che sia lo spettatore a trarre le sue conclusioni mostrando le ragioni di tutti, con un punto di vista che non è mai univoco e scontato.

Alternando un ritmo compassato a esplosioni improvvise, questo scontro continuo tra esseri umani (non solo tra vicini di casa, ma anche tra mariti e mogli, madri e figlie, cittadini e autorità incompetenti) passa anche per una recitazione che alterna sguardi e silenzi a lunghi momenti dialogati, che spesso danno vita a piani sequenza magistrali (due confronti memorabili, in particolare, quello tra Antoine e i vicini verso metà pellicola, e quello tra Olga e sua figlia Marie). A volte, basta un piccolo e quasi impercettibile movimento di macchina per creare tensione, e Sorogoyen studia la composizione delle sue inquadrature in maniera maniacale per far immergere totalmente lo spettatore in questo turbine di violenza, passando dalle piccole cattiverie iniziali a minacce e azioni ben più gravi e studiate, in un crescendo di rabbia e risentimento che esploderà in una delle scene di sopraffazione più efferate viste negli ultimi tempi.

As Bestas di Rodrigo Sorogoyen - Recensione

Quando il cerchio sembra essersi chiuso, ecco che poi As bestas si trasforma sorprendentemente in qualcos’altro, cambia pelle e genere, diventa forse una storia d’amore nuda e cruda, ribaltando completamente il punto di vista avuto fino a quel momento e lasciando spazio alla bravissima Marina Foïs, tutto questo senza stonare ma anzi dando al film ancora qualcosa in più e giustificando perfettamente la sua durata generosa. È in questo ribaltamento inaspettato, in cui a rubare la scena è un mondo femminile fino a quel momento marginale nella vicenda, che l’opera di Sorogoyen trova la sua vera forza, nel riaffermare le leggi dell’uomo contro quelle della bestia, la perseveranza e la giustizia contro la violenza e il sopruso, la ragione contro l’istinto. Sopprimere la propria natura animale per riaffermare un’umanità che sembrava perduta.

Con As bestas, Rodrigo Sorogoyen compie un ulteriore salto in avanti nella sua già interessante carriera da regista e sceneggiatore, firmando forse il suo film più maturo e complesso, e riaffermando la sua straordinaria capacità di muoversi attraverso generi diversi anche all’interno della stessa opera, nonché il suo status di autore cardine del cinema contemporaneo. Uno dei migliori film dell’anno, da non perdere per nessuna ragione.
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