Bastava chiedere. Bastava davvero?

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Bastava Chiedere: 186 pagine di puro femminismo, arrivano in casa Laterza, che per la prima volta traduce dal francese l’ultima opera di Emma, ingegnera e dal 2016 anche blogger e fumettista.

Appena pubblicato sul web, il fumetto Bastava Chiedere esplode con migliaia di condivisioni. Il suo blog emmaclit.com è un’estensione in tempo reale di ciò che troverete su questo volume.

Di cosa parla Emma?

Satira? Denuncia sociale? Razzismo? Maschilismo? Tutto questo e molto altro. Al contrario di ciò che si pensa dei fumetti che vede il clichè delle vignette, intese come lettura per bambini, dietro l’angolo, qui mi piacerebbe parlare in realtà di graphic novel – precisamente la graphic novel e non il graphic novel – perché per 18 euro non comprerete un fumetto qualunque ma una raccolta di situazioni di vita quotidiana che persistono nel ripetersi come un mantra ponendo la donna in una situazione di finta equità se paragonata all’uomo nei compiti quotidiani dal lavoro alla casa.

Non perché la copertina di Bastava Chiedere sia rosa confetto (altro clichè che avrei volentieri evitato) ma perché proprio la copertina sin dall’inizio può allontanare un pubblico maschile, al quale invece è fortemente diretto. Se infatti uno dei messaggi sia smontare “la complessità delle dinamiche sociali” come riportato dal The New Yorker Book Reviewer, è altrettanto vero che l’obiettivo principe dovrebbe essere educare il pubblico maschile.

bastava chiedere 10 storie di femminismo quotidiano

Sembra sia nella natura delle cose che la donna si senta responsabile della cucina, della pulizia della casa, che pensi alla spesa oltre a mille altre cose.

Tutto questo occupandosi anche del proprio lavoro, occupandosi e preoccupandosi delle scadenze e la cura dei figli. Perché non è così anche per gli uomini? Probabilmente questo pensiero di insinua nella mente delle bambine dalla prima infanzia. Nella cultura occidentale, specialmente nel sud Europa, ai maschietti vengono regalati aerei, macchinine, pistole mentre alle femminucce cucine, bambole, passeggini. Non sarebbe più giusto insegnare l’eguaglianza nei diritti e nei doveri già dalla prima infanzia non solo a parole ma con i fatti?

Crescendo, questa presa, o mancanza, di responsabilità si riflette nella gestione del tempo libero. Sembra che con una gravidanza per una donna significhi meno tempo per se stessa, e una volta nati i figli, questa riduzione della libertà sembra non cambiare. Gli uomini d’altro canto tra partite di calcio e riunioni che si dilungano in aperitivi non sembrano fare grandi rinunce. Addirittura, le donne diventano anche le madri dei propri compagni, occupandosi letteralmente di ogni aspetto della vita dell’altro.

Anche la sessualità diventa un elemento di disparità creando controversie di cui si parla ancora troppo poco. Sembra infatti che dopo le innumerevoli ore di lavoro (ricordiamoci che anche essere casalinghe è un lavoro, non retribuito per altro), il lavoro emozionale delle donne non sia finito perché la sessualità eterosessuale è ancora scandita principalmente dal piacere e dall’orgasmo maschile. Secondo una ricerca condotta dall’istituto francese dell’opinione pubblica nel 2015, tradizionalmente, il rapporto sessuale si conclude quando l’uomo raggiunge l’orgasmo, indipendentemente dalla soddisfazione della partner, che nel 4,9% dei casi non raggiunge il piacere.

Cari amici, colleghi, capi e cari fidanzati, amanti, mariti, non siamo le vostre mamme. Non vi salverete in calcio d’angolo (per fare una metafora calcistica, così forse ci capiamo) dicendoci “bastava chiedere”. Lo sforzo che vi viene chiesto non è nulla di più di quello che ogni giorno ogni donna della vostra vita ha fatto e fa per voi.

Non vogliamo comandarvi, non vogliamo schiacciarvi, non vogliamo istruirvi. Vogliamo la parità nella divisione equa a partire dai compiti più semplici. E tanto per far chiarezza: se il termometro misura 37 non avete la febbre.

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