Sempre di più sentiamo parlare di intelligenza artificiale(GAN) in grado di creare vere e proprie opere d’arte musicali o visive. Ma di che cosa si tratta? Sarà davvero il futuro del nostro panorama artistico e culturale?
Quando nel 1839 veniva annunciata al mondo la rivoluzionaria scoperta della fotografia, pochi ne percepirono all’istante la grande innovazione culturale che, di lì a breve, avrebbe comportato. Molti ne diffidavano, altri la screditavano, trasformando l’eterno dibattito tra pittura e scultura in un nuovo e acceso confronto tra pittura e fotografia. Questi argomenti, che interessavano l’élite culturale del XIX secolo, impiegarono molti anni prima di arrivare al vasto pubblico: l’acquisizione culturale, di questo nuovo strumento, fu lenta e inesorabile.
E se oggi stessimo vivendo un nuovo cambiamento nel linguaggio artistico e non ce ne stessimo accorgendo? Nel libro Arte e Intelligenza Artificiale. Be my GAN, si analizza, attraverso saggi di vari studiosi appartenenti ad ambiti differenti, come stia avvenendo l’ingresso delle GAN in ambito artistico-culturale e quali siano alcuni tra i principali ricercatori-artisti che ne fanno uso.
Alice Barale, curatrice della raccolta, elabora, con una moltitudine di contributi, una lucida provocazione creando una prima riflessione internazionale sul tema delle Intelligenze Artificiali. Coinvolge nel suo scritto l’intervento delle più valide e autorevoli voci del settore, cercando di restituire un quadro chiaro e completo di cosa siano le GAN e di come queste stiano sempre più interessando il mondo artistico e culturale, sollevando numerose questioni di vario genere: filosofiche, psicologiche, estetiche e critiche.
Dopo il polverone sollevatosi a seguito della vendita presso la prestigiosa casa d’aste Christie’s, avvenuta nel 2018, di un’opera d’arte generata da GAN e intitolata Edmond de Belamy, c’era bisogno di affrontare in un testo divulgativo come questo il tema attualissimo delle Intelligenze Artificiali, per metterne in luce i punti di forza, i problemi e le capacità di queste nuove tecnologie, tentando così una divulgazione il più dettagliata ma comprensibile possibile.
Che cos’è una GAN?
La GAN, definibile anche come “Rete generativa avversaria” nasce nel 2014 da un giovane informatico statunitense di nome Ian Goodfellow.
La sua natura si vede composta da due reti neurali, che lavorano una contro l’altra. La Discriminator è istruita partendo da alcuni dati (immagini, testi, suoni), la seconda, la Generator, deve produrre una nuova serie di dati, abbastanza simili a quelli di partenza in modo che il discriminator possa confonderli con essi.
Sostanzialmente vengono create immagini nuove che imitano le immagini iniziali trasformandole, in modo tale che il discriminator impari pian piano a distinguere le immagini artificiali da quelle prese come modello.
La GAN è in grado di immagazzinare migliaia e migliaia di informazioni, per esempio foto, opere d’arte, suoni, in modo da apprendere efficientemente come imitare ciò che raccoglie nel database compresi gli errori e le imperfezioni.
I problemi filosofico-etici delle GAN:
«Alcuni considerano l’intelligenza artificiale uno strumento pericoloso, che rischia di annientare gli artisti; altri la ritengono un elemento al di fuori dalla loro portata, destinato a non avere mai alcun impatto sulla loro vita quotidiana. C’è chi vi ravvisa un promettente ambito di investimento, e chi la considera una bolla economica»
Obvius
queste solo alcune delle parole riportate dal Obvius, un gruppo di ricercatori parigini, autori del ritratto Edmond de Belamy. La questione principale che si cela dietro le preoccupazioni di una buona parte della critica è se queste GAN potranno in futuro sostituire il lavoro degli artisti, la loro manualità, la loro creatività e quale sarebbe il rapporto tra mente dell’artista ed esecuzione della GAN.
In un certo senso, questa nuova tecnologia sembra rompere l’univocità del rapporto tra autore e opera, vedendolo interferito dall’utilizzo di un’intelligenza artificiale.
Nonostante quest’ultimo termine faccia immediatamente pensare ad un essere indipendente e in qualche modo ragionante, non siamo ancora arrivati ad un livello tale di progettazione. La GAN assolve le sue funzioni in modo incredibile ma, ci spiega Obvius, non va oltre l’interazione tra artista ed intelligenza artificiale, in cui è l’artista ad intervenire sul macchinario indicandogli le coordinate esatte per un risultato interessante.
Il problema della creatività:
Sebbene L’artista Barrat ritenga che la vera opera d’arte siano le GAN stesse, la questione è un po’ più complessa. Il vero processo artistico non sarebbe da ricercare neanche nell’esito estetico dell’opera, ma nel rapporto e nelle interazioni uomo-macchina.
La vera creatività del mezzo si pone nel processo trasformativo, potenzialmente infinito, in cui è generato un universo fluido, in cui ogni immagine è connessa e fondamentale per far sì che la macchina distingua un albero da una casa.
La creatività è dunque del team uomo-macchina.
Chi è allora l’artista? Certamente l’ideale romantico, che tanto piace dell’artista tormentato e dannato, deve far posto ad un artista-ricercatore, in grado di manovrare e relazionarsi con queste macchine. La cosa non può stupirci. Vista la rivoluzione tecnologica in atto, sarebbe impensabile pretendere che gli ambiti artistici e culturali ne restino completamente fuori. Ritengo giusto e fondamentale che l’evoluzione culturale tecnologica comprenda anche i settori più creativi, per una crescita omogenea ed un cammino coerente verso il futuro.
La macchina non ha le capacità per comprendere quello che crea, poiché totalmente scevra di concetti e di capacità di immagazzinare esperienza. Proprio per questo motivo, nel saggio di Marian Mazzone, si affrontano i problemi legati ai processi di apprendimento e addestramento che queste macchine hanno consentito di studiare con la scienza cognitiva.
L’immagine prodotta dall’uomo sarà sempre frutto di una sua esperienza, frutto della percezione visiva che i nostri occhi ci consentono di avere sul mondo che ci circonda; per la macchina non è così, essa riceve dati numerici relative a forme, colori e texture di immagini create ed esperite dall’uomo e viene “addestrata all’esperienza umana a livello astratto”. (Marian Mazzone)
La mimesi
Le GAN mirano ad abbattere il più possibile le differenze tra le immagini reali inserite nel database e quelle generate dalla macchina stessa, in modo da migliorare le proprie prestazioni rendendole molto simili alla realtà e portando a compimento un buon processo di mimesi.
La simulazione è fondamentale per creare significati e, come spiega Georgia Ward Dyer nel suo saggio Le GAN e la mimesi, noi siamo: “animali affamati di significato, l’arte (intesa sia come produzione di opere sia come incontro con esse) ne costituisce la manifestazione logica, nonché il terreno sul quale tale relazione ha modo di essere costantemente rielaborata nei modi più originali”.
Se, però, da una parte alcune sperimentazioni si muovono in tal senso, l’arte di Mario Klingemann preferisce esaltare il lavoro della GAN di esplorazione dello “spazio latente”.
Le figure che ne derivano sono a tratti inquietanti, memori di figure umane disumanizzate dall’elaborazione della macchina. L’atmosfera onirica e le immagini distorte e difettose, che predilige questo artista, hanno portato i critici a considerarle molto vicine al fenomeno surrealista e all’arte di Francis Bacon, le cui opere sono state definite da Klingemann stesso “cugini visivi” delle sue.
Tra le sperimentazioni più interessanti presenti nel libro Arte e Intelligenze artificiali. Be my GAN, quella di Uncanny Mirror di Mario Klingemann, avvenuta nel 2018 alle Seul Mediacity Biennale. In questo evento si metteva in dubbio la percezione che abbiamo di noi stessi di fronte allo specchio, attraverso la rilettura della nostra figura dalla GAN, la quale attraverso una analisi dei parametri biometrici facciali ne creava una nuova e pittorica, basata su ciò che aveva acquisito.
Il volume si dedica ampiamente anche ad altre forme d’arte come la musica, attraverso gli accurati saggi di Caterina Moruzzi, che spiega come le GAN vengano utilizzate per comporre musica e siano state già utilizzate dai team Magenta e PAIR di Google per la realizzazione del Doodle Bachiano (in cui sono state analizzate 306 corali di Bach per allenare l’algoritmo e armonizzare le melodie composte dagli utenti con il gioco del Doodle) e il saggio di Vera Minazzi che presenta il futuro del software Flow Machine.
Eleonora Turli
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