L’artista Kandinskij è considerato il padre fondatore dell’Astrattismo, ma non è esattamente così. Sicuramente ne è uno dei principali esponenti, ma sarebbe più corretto considerarlo la punta dell’Iceberg di un ricerca iniziata già prima da altri artisti e intellettuali
Questo artista mosso da varie passioni, prima di diventare un pittore, intraprende la carriera giuridica e studia fin da bambino pianoforte e violino. Questo dettaglio, apparentemente insignificante, cela l’interesse dell’artista per la musica, intesa come linguaggio.
Proprio sulle note di Wagner, Kandinskij si accorge della grande forza evocativa che la musica esercita sulla sua mente; dirà che durante l’ascolto, si accorse di poter vedere un panorama della sua città: Mosca. Kandinskij inizia, così, un percorso di ricerca che durerà per tutta la vita e che lo vedrà impegnato nei numerosi tentativi di trasporre la musica in immagini e colori.
Nel 1911 a Monaco, l’artista conosce l’autore Arnold Schönberg e per la prima volta riesce a dipingere le emozioni provate durante un concerto su tela. L’arte di Kandinskij vuole unire da una parte i principi della pittura espressionista, che prevedeva la trasposizione su tela delle suggestioni ed emozioni dell’artista e, dall’altra, imitare la musica in un aspetto molto specifico: riuscire a trasmettere forti emozioni, senza aver bisogno di legarsi a oggetti concreti della realtà.
Da questo deriva l’opera Impressione III in cui alcuni elementi figurativi, sono ancora vagamente distinguibili e riconoscibili. Il musicista suona un pianoforte a coda (di colore nero) e viene ascoltato da un numeroso pubblico (il gruppo di figurette indefinite sulla sinistra dell’opera). Entrambi, sono avvolti da un alone giallo acceso. Il giallo è per Kandinskij il colore che più gli ricorda la vivacità e la vitalità, sentimenti che inevitabilmente la musica suscita in Kandinskij.
Con quest’opera approda all’Astrattismo, corrente portante dell’inizio del ‘900 in cui il legame pittura-musica, viene indagato da vari intellettuali e artisti. Tra questi, soprattutto il pianista Skrjabin, cerca un nesso tra colore e musica e associa a ciascuna nota un colore, cercando di creare una Sinestesia. Il Do è rosso, il Re è giallo, il Mi è blu biancastro, il Sol un arancio, il La è verde ecc…
Cosa è la Sinestesia?
La sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo»; quindi «percepisco assieme») è un procedimento retorico (➔ retorica), per lo più con effetto metaforico (➔ metafora), che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse.
Da “Enciclopedia dell’Italiano” Treccani
Quello che questi artisti (compreso Kandinskij) cercano di fare è dare un colore e una forma ad un suono, accostando così due sfere sensoriali differenti: udito e vista senza escludere la sfera emotiva e il trasporto interiore che solo la musica riesce a scatenare nell’animo di chi ascolta.
Prendendo spunto da questo tipo di associazioni e a seguito di un loro incontro, Kandinskij sviluppa un suo “alfabeto”, che associa i colori agli strumenti musicali e alle suggestioni emotive e le forme geometriche a contrappunti e punti musicali.
Qualche esempio:
Per Kandinskij il rosso è il colore che rievoca in noi una sensazione di dolore, associando le idee di rosso-sangue-dolore ed è associato al suono della tuba.
Il verde è assoluta immobilità in un’assoluta quiete ma appena si avvicina al giallo acquista energia e giocosità. Con il blu diventa pensieroso, attivo. Viene associato al suono del violino.
Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, la pausa finale di un’esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco (in cui il colore che vi è già contenuto è flebile) fa risaltare qualsiasi colore.
Tutti queste associazioni vengono ampiamente descritte ed esplorate nel libro intitolato “Lo spirituale nell’arte” scritto da Kandinskij e terminato nell’estate del 1910. Il testo, sebbene molto complesso, rimane testimonianza di un movimento artistico che per la prima volta nella storia dell’arte non si pone il problema di rappresentare la realtà ma, al contrario, se ne discosta totalmente.
Prospettiva, naturalismo e realismo lasciano spazio a colori e forme geometriche sotto forma di composizioni, improvvisazioni e impressioni. Questi i termini utilizzati per intitolare le tele che non hanno più per soggetto la natura.
Eleonora Turli
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