Le Leggende del Rock, qui per restare

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È uscito da qualche mese, per Diarkos, Le Leggende del Rock, qui per restare, di Luca Garrò, sorta di piccolo breviario per gli appassionati della musica rock.

Il rock è morto, secondo molti e, per inciso, anche per chi sta scrivendo queste note.
Non è evidentemente questa la convinzione di Luca Garrò, che sciorina in bello stile la storia di ben quarantacinque tra solisti e band del genere.

Si parte – e non poteva essere altrimenti – da Elvis Presley, per arrivare a Jack White.
Per ogni capitolo viene raccontata una storia inerente al personaggio scelto, vicende legate a un momento della carriera o vere e proprie piccole biografie.
Si passa così dal rock’n’roll degli albori, quello di Elvis ma anche la controparte nera e più genuina di Chuck Berry; si affronta il country di Johnny Cash e la rivoluzione poetica di Bob Dylan; gli anni delle rivalità beat tra Beach Boys, Beatles e Rolling Stones.

Grande rilievo viene dato agli anni del Flower Power e del grande sogno della Summer of Love, ma anche al suo declino, che passa attraverso l’affermazione di Doors, Lou Reed e David Bowie.
Ci sono i grandi chitarristi, da Jimi Hendrix a Eric Clapton, da Van Halen al citato Jack White; ma anche gli anni Settanta si ritagliano uno spazio da protagonisti, con Led Zeppelin, Pink Floyd e Deep Purple, bizzarramente descritti in uno dei loro periodi più deboli, quello di Perfect Strangers.

Le correnti un po’ più di nicchia vengono solo sfiorate, come per il progressive di Emerson, Lake & Palmer, o completamente ignorate come nel caso di psichedelia e blues britannico, generi seminali.

Largo spazio invece agli anni Ottanta e Novanta, con sfilata di artisti spesso non troppo affini al genere – Michael Jackson e Prince, per dire – e alla rivoluzione grunge di Nirvana e Pearl Jam.

Luca Garrò, che ha scritto per numerose testate, da Rolling Stone a Jam, passando per Onstage, Rock Hard e Classic Rock, si propone dunque di tracciare una storia per sommi capi del rock.
I capitoli sono scritti in modo semplice e accessibile, risolvendo piuttosto velocemente carriere che meriterebbero lunghe trattazioni. Una scelta intelligente che rende il volume un piacevole vademecum per i più avvezzi al mondo del rock, ma che si rivela vincente per il vero target della pubblicazione, ovvero il folto gruppo di lettori neofiti del genere che si vogliono approcciare al rock.

Una vera e propria chicca è costituita inoltre dalla prefazione scritta da Eugenio Finardi:

“Non ho mai conosciuto Star che non siano intimamente timide e fragili, possedute dalla fretta di inseguire il proprio personaggio e dal timore di perderne il controllo”.

Per alcuni il rock è morto, per altri è qui per restare.
Voi come la pensate?

Andrea La Rovere
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