La band progressive metal svedese, i Katatonia, è ormai in procinto di rilasciare City Burials, nuovo album la cui uscita è fissata per il 24 aprile (Peaceville Records). Dopo averlo ascoltato e recensito in anteprima, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il bassista Niklas Sandin, sviscerando i contenuti del nuovo album e i temi più caldi dell’attualità musicale.
Parliamo di City Burials, il vostro nuovo album. Nel comunicato stampa inviatoci sono allegate le parole del chitarrista Andres Nystrom. Parole dal taglio apocalittico e oscuro che fanno chiaro riferimento al titolo dell’album e anche al precedente lavoro del 2012, Dead End King. Come sono collegate all’eventuale concept del vostro nuovo lavoro? Qual è il legame tra City Burials e Dead End King e, soprattutto, qual è il messaggio che volete trasmettere ai vostri ascoltatori?
Il “Dead End King” è, certamente, ritratto nell’artwork di City Burials. E’ più qualcosa che sta a simboleggiare la musica che stiamo facendo piuttosto che essere ciò che ritrae ed’è la figura concettuale dell’album come lo era proprio sull’omonimo Dead End King, dove era più rappresentativo di noi stessi a causa anche della nostra scelta di vita, dove ci ritroviamo a fare qualcosa che non ci porta grande successo, ricchezze o grandi case… Ciò ci rende i “Re della nostra stessa fine” ma, a questo punto, il “Dead End King” è più qualcuno che è parte dell’universo dei Katatonia ed’è una nostra, probabilmente, figura frontale, di riferimento. Forse un poco come Eddy per gli Iron Maiden, anche se non credo che lo vedremo mai sul palco assieme a noi.
Anche in City Burials è presente il vostro sound ormai marchio di fabbrica, contraddistinto da sonorità fosche, plumbee e malinconiche. Quali sono le sensazioni che vi spingono a costruire questo particolare tipo di sonorità? Vi è dell’esperienza personale ed un bisogno di catarsi nel vostro lavoro?
E’ decisamente un miscellaneo della nostra inventiva e delle cose che ci ispirano maggiormente tratte dalla cultura popolare come musica, film e persino libri, ma possiamo anche metterlo in relazione con le nostre esperienze passate. E’ un grande miscellaneo, appunto, e non c’è niente di strettamente relativo ad una specifica canzone. Sta molto all’ascoltatore l’interpretare cosa sta ascoltando, mettendo la sua stessa esperienza in relazione con la canzone. Ciò che abbiamo scoperto è che l’ascoltatore può interpretare una canzone in molti modi diversi. Sta a lui interpretare ma le influenze arrivano da qualunque luogo, senza puntare a qualcosa di preciso. Vedi un film o ascolti un album che ti tocca particolarmente e quello può ispirarti. Questo è cio che rende quella dei Katatonia buona musica, c’è sempre qualcosa che ci ispira in un modo o in un altro.
Ci sono band e progetti, del passato e del presente, che trovate maggiormente di ispirazione?
Certamente ci sono alcuni artisti e band, come ad esempio nel primo periodo erano i Paradis Lost. Di certo vi erano anche gli svedesi Candlemass e, più tardi, artisti come Nick Drake o band come i Red House Painters e 16 Horsepower, che Jonas (Renkse) ascolta spesso. Di base c’è un ampio range di differenti generi e stili musicali e ciò è particolarmente evidente nella musica dei Katatonia. Non c’è una sola band metal o di uno specifico genere che ascoltiamo e a cui facciamo riferimento. C’è un ampio range di musica che ci ispira e spinge ad andare avanti e fare nuova musica, esplorando i confini dei Katatonia.
Una domanda per i musicisti più curiosi, qual è stato il processo che ha portato alla nascita di City Burials? Come si è svolto il processo compositivo e, soprattutto, qual è stata l’idea cardine su cui avete fatto leva per dare vita ai nuovi pezzi (se ve ne è una)?
Il processo creativo è stato, basicamente, per un lungo periodo basato su Jonas e Anders (Nystrom) impegnati a comporre le musiche nei propri home studio. Questa volta è stato Jonas a contribuire in gran parte con la musica. Ci mandava snippet delle canzoni e quando erano completate ce le inviava così che potevamo prendervi confidenza, renderle in qualche modo nostre nella nostra mente. Io, in genere, le ascolto molto per farmi un’idea generale, dopo di che inizio a studiarle allenandomi sulle linee di basso che Jonas ha scritto per me inizialmente e, poi, inizio a visualizzare ciò che posso mettere nella canzone con il mio stile personale. E’ qualcosa su cui lavoriamo molto anche quando entriamo in studio. Sia Jonas che Anders sono molto coerenti nel cogliere qualsiasi suggerimento o idea, aperti ai piccoli ritocchi degli altri.
Qual è la canzone che preferisci dell’album e su cui hai messo più del tuo stile?
Penso City Burials sia uno di quegli album più vicini alla collection di canzoni. E’ qualcosa che ascolti dall’inizio alla fine. Ogni canzone contribuisce alle alte e per questo è difficile sceglierne una in particolare, penso però che opterei per Untrodden, il pezzo di chiusura. E’ una canzone davvero forte. In genere, quando ascolto l’album per conto mio, mi piace farlo dall’inizio alla fine così, forse, è l’aver colto tutti i riferimenti precedenti per culminare poi con la canzone di chiusura, a renderla così bella.
In Dead End King narravate il profondo stato di disagio dovuto alle pessime condizioni del mondo contemporaneo a causa delle scelte della moderna politica. E’ cambiato la vostra idea a riguardo?
Penso vi siano entrambi ottimismo per il nostro mondo e, certamente, cose molto negative in corso attualmente la fuori. La medesima sensazione è sempre li anche se non sono sicuro City Burials sia qualcosa che ritrae nitidamente il nostro mondo. Sicuramente quel “feeling” è sempre presente e vi sono miscelati sia ottimismo che sconforto.
Un’ultima domanda su City Burials. Cosa lo rende differente, secondo te, dagli altri lavori? Ovviamente dal punto di vista dell’ascoltatore e non del “bassista”.
Penso sia un album piuttosto diretto, più orientato verso la “forma canzone”, più melodico, colpisce l’ascoltatore molto di più al suo primo ascolto, anche con momenti più dolci ed elettronici. Non è una “roller coaster experience” come The Fall of Hearts che ha tutti gli elementi per “confondere” l’ascoltatore. Abbiamo avuto un approccio molto più diretto. Al momento ci sono molti “casual listener” nel metal e nel prog e, per loro, City Burials potrebbe essere un ottimo punto di partenza. Behind the Blood potrebbe essere un ottimo singolo, assieme a Neon Epitaph.
Parliamo di attualità. La grande pandemia di Covid-19 sta influenzando ormai ogni ambito della nostra vita e l’arte non è da meno. Pensate che potranno esserci ritardi per il vostro tour? Quanto credete che l’epidemia in corso influirà nel mondo discografico?
E’ una situazione orribile. I miei pensieri vanno in primis a chi è stato colpito in termini di salute e perdite personali, ma l’industria musicale è anche pesantemente colpita con la cancellazione di tour e festival. Anche il Prognosis festival è stato rimandato e anche noi avremmo dovuto partecipare! Speriamo ancora non venga cancellato. Sto combattendo una battaglia interiore ogni giorno dal momento in cui io e i miei bandmates non ameremmo niente di più dell’uscire e suonare, ma è anche deprimente dal momento in cui questo dovrebbe essere il momento di release party e così via, il momento per promuovere il nuovo album dei Katatonia! Sto cercando di essere ottimista, tutti i concerti in fin dei conti vi saranno presto o tardi.
Cosa pensi un musicista potrebbe fare in questo particolare momento per trarre il meglio dal tempo che stiamo spendendo a casa, dal momento in cui non possono organizzare tour, concerti, incontri per prove e magari composizione?
Penso sia una cosa piuttosto individuale, dalla band in cui sei. Un esempio chiave è lo streaming di concerti, per band che non stanno vivendo i paesi in una stretta quarantena, o persone come i Cattle Decapitation, che hanno registrato se stessi suonando a casa dando vita poi ad un videoclip davvero divertente per un singolo. E’ un modo per tirare su le persone! Ho visto altri musicisti rispondere alla situazione sedendosi con i propri vinili a casa, ascoltando attentamente nuova e vecchia musica, cercando di migliorarsi come musicisti. Di base, facendo cose che in genere non hai il tempo di fare, traendo il meglio da quello che hai tra le mani.
La musica, negli ultimi anni, è cambiata drasticamente, specie nel suo approccio all’ascolto, alla fruizione e, soprattutto, su quelle che sono le piattaforme dove ormai è principalmente destinata a fluire. L’elemento di grande cambiamento viene, in particolar modo, da un panorama di industria musicale sempre più “internet-centrico”. Come vedete questa nuova disposizione? E soprattutto, in che modo vi siete cambiati a questo nuovo che, tra pro e contro, avanza inesorabilmente?
Credo sia allo stesso tempo una cosa negativa e positiva dal momento in cui puoi esplorare molta nuova musica che, normalmente, non avresti la possibilità di scoprire. Ma penso anche che le persone in generale stiano ingurgitando musica molto più di quelle del passato. La situazione economica non è più un limite sulla tua esperienza ed esplorazione musicale. E’ praticamente gratis ora. Nel passato, in ogni caso, quando compravano un nuovo CD erano determinati ad ascoltarlo, creando una connessione molto profonda con la musica. Ora puoi ascoltare venti CD al giorno senza magari “incastrarti” davvero su nessuno di essi. Penso questo sia il lato negative. Le persone guardano alla musica come qualcosa di gratuito, dimenticando che, un tempo, le persone pagavano per goderne di più. Non penso che al giorno d’oggi, ad ogni uscita di un nuovo album della propria band preferita, si corra a comprarlo al negozio di musica. Era una sensazione davvero molto forte…
Questo nuovo approccio come ha cambiato il rapporto tra artisti e labels? Ho la sensazione che ora, quando una label va a scegliere su quale artista investire, lo faccia su parametri molto differenti rispetto al passato.
Penso che al giorno d’oggi di competere per guadagnarsi spazio nella loro propria scena musicale. Quando sei in una band e stai per creare un album, è molto come se sia tu stesso a doverlo registrare e produrre dal momento in cui non vi è più molto supporto dalle case discografiche, principalmente perché non c’è più un grande guadagno di soldi dal semplice rilascio di un nuovo lavoro. Fai uscire l’album per poi andare in tour.Un tempo, era il contrario. Guadagnavi molti soldi da un release, un budget per registrare il nuovo album , dopo di che, uscivi fuori a suonare. Ora sei in primis un business man e poi un musicsita. Le cose più tecniche con la Peaceville per noi sono gestite da Anders e Jonas (il primo beccandosi il grosso dei mal di testa), io semplicemente esco e vado a suonare.
Ok Niklas, sei stato gentilissimo! Grazie per la disponibilità. Speriamo di vedervi presto a Roma, quando tutto sarà finito e potremo tornare alla normalità!
A cura di Lorenzo Natali e Giulia Della Pelle
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