Gio Evan, all’anagrafe Giovanni Giancaspro, è un artista poliedrico, scrittore e poeta, filosofo, umorista, performer, cantautore e artista di strada, ha pubblicato il suo nuovo doppio album “Natura Molta”. Dieci canzoni e dieci poesie per raccontare l’urgenza della felicità. Scambiamo quattro chiacchiere con lui durante una pausa delle sue prove che lo stanno impegnando molto dato il tour imminente in avvio.
Ciao Gio, sei scrittore, poeta, umorista, performer, cantautore e
artista di strada. In quale ruolo ti vedi meglio, oppure ognuno di loro
contribuisce a tutti gli altri? Come ti sei trovato a switchare dalla quinta
(poesia) alla seconda arte (musica)?
Ciao Lorenzo, un saluto a tutti i
lettori di Shockwave Magazine! Beh direi che ognuno di loro contribuisce a una
parte di me analizzata in passato e in presente, sono tutti fondamentali per
costruire il me totale. Mi son ritrovato passare dalla poesia alla musica
perché ho percepito il bisogno di evolvermi, ho cominciato a scrivere e ho
notato che c’erano alcuni elementi diversi da altri, più divertenti,
simpatiche, dinamiche…quindi le ho cantate!
“Il poeta della storia d’amore
di Matteo Salvini ed Elisa Isoardi”. Un viaggio nell’arte – e sugli scaffali di
librerie e negozi di dischi – che ha inizio nel 2008, eppure la tua popolarità
arriva solo un decennio più tardi grazie ad una nota vicenda di politica e
gossip: come l’hai vissuta?
Di primo impatto mi son detto
speriamo che non se ne accorga nessuno, però in realtà non l’ho vissuta poi
così male, la poesia è di tutti e quando esplose il caso avevo già alle spalle
tre anni di teatro e due libri, quindi quando son venuti a chiedere di me, non
mi sono fatto trovare impreparato proprio perché avevo più di qualcosa da dire
e da presentare per poter gestire bene la situazione. Inoltre ho avuto anche
modo di conoscere Elisa ed è veramente una bellissima persona.
Ma torniamo al presente: dal 25 ottobre è disponibile il tuo ultimo
lavoro discografico “Natura molta”. Dieci canzoni, dieci poesie, un inno alla
semplicità, ciò che più manca alla iperconnessa società odierna: ti va di
raccontarci la sua genesi?
“Natura molta” nasce da una voglia di
ripresentare il genere “Natura morta”, arte che nel Seicento venne
riconfermata, ma che in realtà affonda le sue radici nella cultura ellenica,
come testimoniano i graffiti su roccia e le incisioni su pietra raffiguranti la
cacciagione, la frutta…insomma una sorta di prime indicazioni di vita, quasi un
ricettario. La definizione di “Natura morta” è un oggetto inanimato
protagonista estrapolato dal suo habitat, “Natura molta” invece è l’esatto
contrario, un soggetto animato nella propria comfort zone: sono io ad andare a
vedere come sta quella vita.
Parliamo del brano Klimt, dedicato “ai sovrumani, agli acrobati di
vita, che in un mondo educato al cerchio e al quadrato, salgono sul trapezio e
si invitano ai salti mortali”. Qual è il più audace salto mortale che si può
fare ai giorni nostri?
Dipende sicuramente dall’età, se
parliamo di un diciottenne il salto mortale è anzitutto immortale e può essere
rappresentato a mio avviso dalla scelta del viaggio, quella di intraprendere un
viaggio non solo per partire ma anche per tornare dentro di sé, compiendo una
gita scolastica interiore. Se invece parliamo di un quarantenne i salti mortali
possono essere quelli di riconsiderare sé stessi e di rimettersi in gioco.
Il tuo è un successo esploso tutt’altro che immediatamente, quale
valore attribuisci alla vecchia e ormai sconosciuta – grazie ai talent e alla
tv- gavetta?
Credo di parlarne quasi tutti i
giorni della gavetta, penso che sia un percorso fondamentale, una scuola di
ossa. Il mio è stato un percorso molto lento ma molto solido, è da sette anni
che mi cimento nel teatro, nella musica e nei libri. Quando ti solidifichi,
ormai sei un albero, hai le radici e quindi il vento non può spostarti, ma al
massimo soltanto pettinarti le foglie.
“Ama chi ti odia e quell’odio non ti toccherà”, è proprio così che
bisognerebbe porsi nei confronti degli haters? Che rapporto hai con i
cosiddetti leoni da tastiera?
Io sono per gli “eoni” da tastiera,
l’emanazione principale divina…bisognerebbe diventare “eoni” da tastiera! Ad
ogni modo mi sento troppo distante da quel contesto per poterlo sia giudicare,
sia indirizzare verso nuove luci…hanno bisogno di un grande percorso e di
sicuro dovrebbero partire!
Di recente sei stato reclutato, insieme ad altri tuoi colleghi, da Le
Coliche per uno dei loro geniali videoclip sull’indie: senti di appartenere a
questa classe di “purosangue indie”?
Ti dico la verità, non saprei…se me
l’avessi chiesto un anno fa ti avrei risposto assolutamente no, oggi ho bisogno
più che di appartenere a un gruppo o riconoscermi in qualcosa sono pronto a
diventare qualsiasi cosa: oggi forse ti direi anche di sentirmi parte di gruppo
di ballerine di tip-tap.
Dal 27 novembre sarai in tour in varie città italiane. Il 30 toccherai
il Common Ground di Napoli per la rassegna Noisy Club, dove ci saremo anche
noi. Cosa dobbiamo aspettarci da questi live e in particolare da quello
partenopeo?
Da amico vi direi di non aspettarvi
niente, ma se proprio volete avere delle aspettative, dovete aspettarvi un
spettacolo molto più aggiornato, maturo, concreto, biodinamico, sano, salutare,
biologico e a km 0 (nonostante viaggiamo tanto). Troverete di tutto un po’, dai
monologhi alla poesia, passando per la musica…insomma un varietà!
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