Hellfire dei Black Midi – Recensione

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L’estetica degli inglesi Black Midi è vintage, antica, e ripercorre la psichedelia anni 70, di gruppi storici come Gong e Genesis. Dopo la follia delirante di Cavalcade e le sue sonorità acide e travolgenti, si narra un nuovo percorso graffiante e sensazionale.

Il nuovo capitolo in studio, Hellfire, nasce come concept album, ambientato durante la guerra; in esso si muovono un insieme di personaggi immaginari, che collegano i testi poetici in un viaggio pirotecnico. Il disco viene prodotto e distribuito per l’etichetta londinese Rough Trade.

hellfire black midi recensione
La cover di Hellfire dei Black Midi

Il primo assaggio audace e frenetico dell’album inizia da subito segnando uno stacco netto col passato, con un vortice dissonante e fuori dagli schemi. La title track “Hellfire” viene azionata da una scarica di adrenalina rumorosa e narra il rapporto di una coppia omosessuale, in fuga dal servizio militare. Segue “Sugar/Tzu”, ultimo singolo rilasciato e il suono di una campana, per l’inizio leggero e orchestrale, cullati da un incontro di boxe tra, due pesi massimi leggeri. Qui il sound accenna ad attimi furiosi di jazz fusion, ma vibrazione intensa spazzia insieme via il tutto. Invece in “Eat Men Eat” si torna in modo eccellente ai ritmi tribali etnici, per poi lasciare spazio a un’atmosfera rilassata e intima, che solo nell’atto conclusivo del brano si abbandona al sassofono aggressivo.

“Welcome to Hell” è una composizione importante, che si avvicina ad una dichiarazione politica scorretta e di protesta. Dove il frontman cantante Geordie Greep, distorce e cambia forma alla sua voce, con un testo diretto e caotico, per poi incastrare i tempi e le ritmiche irregolari, sorretto da un tappeto dinamico e di grande qualità. Le note country di “Still” calmano gli animi caotici, in una sensazione divertente e accogliente, che ci invita ad un abbraccio collettivo e silenzioso. La trasmissione radio, poi, viene interrotta dal segnale disturbato di “Half Time”, che collega la seguente “The Race is About to Begin”, uno dei brani più lunghi e profondi di questo disco. Qui un miscuglio di emozioni comiche si evolvono in un cammino progressive da brividi, per un racconto che tocca tutti i sensi. Nella parte centrale, infine, si inserisce un tocco selvaggio, che rallenta in maniera soffusa negli ultimi due minuti.

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L’ultimo trittico di brani si apre con le melodie noir di “Dangerous Liaisons” e il proprietario di un bordello, che colora una notte calda, sognante e ipnotica, sopra un tiro tecnico e complesso. Le percussioni corpose giocano alla perfezione con il sassofono, quasi erotico, e la linea vocale maligna, per una delle tracce più emblematiche. Mentre l’arpeggio di chitarra in chiave acustica su “The Defence”, inserisce delle ritmiche bossanova, per una cavalcata di trionfo verso un’infanzia perduta e dolorosa. La conclusione finale viene, poi, affidata ai rintocchi oscuri di “27 Questions”, un brano sperimentale con una buona dose di inventiva, che si arresta nel caos più totale lasciando l’amaro in bocca.

I Black Midi riescono a combinare tutte le influenze accumulate, disegnando un vero e proprio spettacolo di cabaret. In questo nuovo Hellfire, si ha la sensazione definitiva che il tutto vada fuori controllo, ma il risultato è realizzato con pregevole cura, dando il via libera a un’improvvisazione geniale.

Voto: 7,5

Link Utili:

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/blackmidi

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