I Monuments tornano sulle scene con un nuovo album, In Stasis. Dopo quattro lunghi anni di attesa il quartetto inglese torna a far parlare di sé e lo fa con grande intensità.
Innanzitutto, questo album segna due grandi cambiamenti all’interno della line-up. Rientra il batterista Mike Malyan, assente nella precedente pubblicazione del gruppo. E già non è poco, come si potrà ben udire. Ma soprattutto, entra in scena il nuovo vocalist Andy Cizek. E questo è uno di quegli ingressi che ribaltano la storia delle band, di quelli che fanno da spartiacque tra prima e dopo il loro accadere. Per intenderci, un po’ come l’arrivo di Jordan Fish nei Bring Me The Horizon o di Bruce Dickinson negli Iron Maiden.
La presenza di Andy Cizek infatti fornisce un notevole contributo alla composizione della band.
Lo testimonia lo stesso batterista Mike Malyan, affermando come il processo creativo si sia evoluto. Non avviene più l’invio di tracce strumentali su cui il vocalist realizza le parti vocali, ma una serie di scambi reciproci che arricchiscono entrambi i percorsi compositivi. Questo comporta un notevole passo in avanti, in quanto permette un totale affiatamento di tutti i membri nella creazione del disco in tutte le sue sfumature.
Inoltre, la voce di Andy Cizek è di quelle perfette per il genere dei Monuments, ossia un Metalcore molto creativo, con sfumature Djent, forti richiami Progressive, talvolta strizzatine d’occhio al Pop. In un genere così creativo e versatile, un bravo vocalist deve sapersi muovere su tanti registri differenti, e Andy ci riesce alla grande.
La sua voce in clean è squillante e penetrante, con delle sfumature particolari che lo rendono subito riconoscibile in un panorama musicale sovraffollato di cantanti uguali tra loro. La sua abilità di slanciarsi in acuti formidabili e complicati ghirigori vocali (su tutti, il ritornello di Makeshift Harmony) basterebbero per rendergli un convinto plauso.
Ma le sue doti non si fermano qui, anche perché i Monuments restano nell’area del Metalcore. E per farlo serve il growl. Nessun problema: Andy ci regala in ogni brano una sequenza di versi in growl, con alcune strutture anche particolarmente complesse a livello metrico, eppure estremamente trascinanti. E qui si vede tutta l’importanza di aver composto i brani in sintonia tra strumentisti e vocalist.
In Stasis è quindi un disco che lascia il segno e sicuramente Andy Cizek ha i suoi grandi meriti.
Ma non dimentichiamoci del resto del gruppo, perché i dieci brani che compongo l’album sono assolutamente formidabili sotto tutti i punti di vista.
Facciamo questo paragone per descrivere l’esperienza d’ascolto di In Stasis: è come se Periphery, Northlane, TesseracT e Haken si fossero uniti insieme. Abbiamo reso l’idea?
Spieghiamolo più nel dettaglio.
Le composizioni di In Stasis sono qualcosa di articolato e complesso e allo stesso tempo così naturale e spontaneo da fare invidia a una lunghissima lista di artisti Progressive e Djent. L’intro di Cardinal Red, la creatività e il groove di Arch Essence, le varie sezioni che compongono la lunga The Cimmerian sono solo alcuni degli esempi possibili. Si tratta di concentrati di idee, in ciascuno di questi brani, da cui moltissimi altri gruppi avrebbero tratto album interi, riciclandole e riadattandole in mille guise differenti. E i nostri Monuments invece ne hanno realizzato la variegata tracklist di In Stasis.
Le linee di chitarra di John Browne sono funamboliche, un qualcosa che si muove col groove dei Northlane, la creatività dei Periphery e la tecnica degli Haken. E sicuramente merita una posizione di rilievo accanto a Andy Cizek: senza quelle chitarre, l’impalcatura del disco crollerebbe, se non totalmente, quasi.
D’altra parte, per stare dietro a brani di questo tipo è necessaria una buona dose di tecnica e abilità e il comparto ritmico costituito da Adam Swan al basso e dal sopracitato Mike Malyan alla batteria dimostra di saperci fare eccome.
In particolare, il drummer condisce con un groove elegante e sobrio ogni brano di In Stasis: quasi mai quello che esegue risulta appariscente, non abbiamo per esempio l’esplosività di un Matt Halpern, ma piuttosto realizza un perfetto collante che contribuisce a sostenere la struttura dei Monuments e in particolare di Andy e John. In un panorama che straborda di batteristi esibizionisti e fini a se stessi, Mike dà una lezione a tutti, stando in secondo piano e contribuendo a impreziosire dove serve e a sostenere quando è necessario.
Non mancano anche un paio di guest all’interno di In Stasis.
Si tratta esclusivamente di partecipazioni cantate, una in No One Will Teach You da parte di Neema Askari, uno dei primi vocalist dei Monuments, e un’altra nella magnifica Arch Essence da parte di Spencer Sotelo dei già menzionati Periphery (quando si dice che la mela non cade mai lontana dall’albero). Non aggiungono granché e soprattutto nel caso di Sotelo questa è una sorpresa. Ma le notevoli doti vocali di Andy e la forza compositiva della band poteva anche fare tranquillamente a meno di questi due atti di presenza che probabilmente sono stati realizzati per motivi che esulano dalla semplice esecuzione materiale.
In Stasis è quindi un disco meraviglioso, che va assolutamente ascoltato e imparato a memoria. I Monuments sono riusciti in un’impresa titanica: nella caotica e affollata presenza di tantissime band di tutte le sfumature di Metalcore che si somigliano tra loro, il quartetto inglese ci regala questa perla realizzata con una creativa assolutamente fuori dal comune, piena di intensità e ricca di trovate di spessore. Sanno osare, hanno il coraggio di farlo e arrivano esattamente dove devono arrivare, andando oltre le nostre attese, senza tuttavia tradirle e lasciandoci arricchiti al termine dei cinquanta minuti di ascolto.
Non capita tutti i giorni di ascoltare musica così ben fatta. Peccato che con i Monuments abbiamo dovuto aspettare quattro anni, ma sarebbe stupendo ora poterli ascoltare anche dal vivo: sarà un’esperienza sicuramente travolgente.
Un piccolo plauso anche alla copertina di In Stasis, con un occhio a un passato del Metal (questa ambientazione fantasy è un vero richiamo d’altri tempi), ma i colori e il tratto dell’immagine si rifanno a uno stile assolutamente attuale. Complimenti, Monuments!
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