Si intitola Momentum il settimo album in studio dei Calibro 35 e segna una decisa sterzata verso sonorità e tecniche di registrazione più contemporanee.
Era il 2008 quando un manipolo di strumentisti d’eccezione, la crema dell’indie dell’epoca, sorprese tutti con questo progetto. Enrico Gabrielli (Afterhours, Mariposa, Vinicio Capossela) alle tastiere e ai fiati, Massimo Martellotta (Stewart Copeland, Eugenio Finardi) alla chitarra, Fabio Rondanini (Collettivo Angelo Mai, Cristina Donà, Niccolò Fabi) alla batteria e Luca Cavina (Beatrice Antolini, Zeus!) al basso e Tommaso Colliva alla produzione sono i nomi che si celano dietro il moniker Calibro 35.
Il nome della band ne segna anche la direzione artistica, una sofisticata e maniacale riproduzione di suoni e atmosfere dei film polizieschi italiani degli anni ’70.
Il poliziottesco – così era definito il genere – segnò il decennio degli anni di piombo in Italia; assieme al thriller e all’horror, e grazie a nomi come Dario Argento, Sergio Martino, Umberto Lenzi il cinema di genere conobbe un’età dell’oro ancora studiata in tutto il mondo. La parola Calibro richiamava quindi una quantità di titoli – Milano Calibro 9 in particolare, capolavoro minore tratto da Giorgio Scerbanenco – mentre il numero 35 si rifaceva al formato in millimetri delle pellicole dell’epoca.
Il primo lavoro sorprese un po’ tutti, probabilmente anche gli stessi musicisti che intendevano dare vita a un divertissement e si ritrovarono tra le mani un progetto che nel tempo ha superato per importanza le loro prestigiose collaborazioni.
E così, dodici anni dopo, i Calibro 35 sono giunti al settimo lavoro, Momentum.
Tante le soddisfazioni, tra colonne sonore e riconoscimenti specie all’estero, con brani campionati da big mondiali come Dr. Dre e Damon Albarn. Negli anni la band ha affiancato alle cover dei polizieschi sempre più brani originali, acquisendo mano a mano una personalità propria sempre più spiccata. In questo nuovo Momentum un ulteriore passo avanti, con l’utilizzo di tecniche digitali e molta post produzione – pur rimanendo un lavoro completamente suonato, e da Dio – oltre a commistioni con generi più urbani e moderni, come l’hip hop.
E sono proprio le due tracce che propongono collaborazioni con artisti rap quelli a rimanere più impressi.
Stan Lee, con l’intervento di Illa J e Black Moon con la londinese MEI, sono eccellente hip hop della vecchia scuola. Per capirci, non ci sono azzardati abboccamenti con trap, vocoder e quant’altro. Siamo più dalle parti del bellissimo progetto Blakroc di qualche anno fa, quando i Black Keys tentarono un bizzarro crossover tra rock blues e rap. Un disco assolutamente rock a livello strumentale, con grandi nomi a rappare sulle basi; un bellissimo risultato purtroppo rimasto senza seguito.
Il resto del repertorio di Momentum, pur suonato benissimo, è apprezzabile per lo sforzo di cambiare, ma rimane un po’ sfumato nei contorni.
Permane l’amore per le colonne sonore – Tom Down, 4X4, la stessa Stan Lee e l’ipnotica Automata – e per il groove, come nella bella Fail It Till You Make It. Tuttavia quella che a tratti pare un po’ mancare in Momentum è la personalità caratterizzante dei primi lavori, e rimane da vedere se il loro pubblico sarà disposto a seguirli su nuovi e più moderni tracciati.
In sostanza, di fronte a un progetto come quello dei Calibro 35, al netto dell’incredibile pertinenza dei musicisti, il giudizio rimane sempre sospeso tra l’ammirazione e la tentazione del gioco è bello quando dura poco; pertanto la sterzata era necessaria, in un percorso ormai spendibile a livello internazionale, ma per adesso sembra ancora che la band sia alla ricerca della centratura perfetta.
Non rimane che aspettare la resa live dei nuovi pezzi – da sempre valore aggiunto dei Calibro 35 – e in prospettiva i nuovi esiti del percorso inaugurato da Momentum.
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