Prog italiano: alle radici del genere

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Il prog italiano, all’epoca chiamato semplicemente pop, è stato il momento di massimo fulgore del rock in Italia.

Il genere anglosassone per eccellenza, infatti, non ha mai prodotto grandi risultati nel nostro paese, ancor più se si considera il fattore esportabilità; al di là di fenomeni più di costume che musicali, come Vasco Rossi o Ligabue, l’unico periodo in cui fummo capaci di produrre materiale proponibile negli altri mercati e che – contemporaneamente – riusciva timidamente a smarcarsi dagli stilemi anglofoni, fu proprio quello a cavallo di 1972 e 1976 circa.

Tra decine di band che vissero una breve estate prima di sciogliersi e artisti che hanno saputo riciclarsi in altri generi, l’Italia fu in grado di tirar fuori una serie di dischi di culto.

In alcuni paesi – Giappone, Brasile e in parte USA – si tratta di album che ancora oggi vantano nicchie di fedelissimi. Tra i più celebri New Trolls, Alan Sorrenti e Le Orme, poi riciclatisi in generi stucchevoli come il pop radiofonico e la disco music; Franco Battiato e Ivano Fossati, assurti a baluardi della canzone d’autore; PFM e Banco del Mutuo Soccorso, che hanno continuato in ambito rock seppur lontani dai fasti degli anni settanta.

Per cercare le radici del prog italiano bisogna partire da lontano. Il secondo dopoguerra è il periodo in cui tutti i grandi protagonisti hanno avuto i natali.

Si tratta di una generazione che visse forse il periodo più sconvolgente dell’Italia moderna, nel bene e nel male, quello del boom economico. La ricostruzione e il progresso tecnologico improvviso avrebbero prodotto un devastante gap generazionale tra vecchie e nuove leve; la ribellione al modello patriarcale ottocentesco e le grandi novità importate dalla controcultura americana – i teddy boys e il rock’n’roll – avrebbero dato vita a caratteristiche come la ribellione sociale, la curiosità per il nuovo, il senso critico. Ma anche abbandono delle radici familiari, creatività e spirito comunitario.

Negli anni sessanta tutto trovò sublimazione nel fenomeno del beat, che in Italia poté godere in un certo senso di due nascite. Nel 1964, prettamente imitativo e sulla scia dei Beatles e del loro incredibile successo. Nel 1966 col fenomeno dei beatnik, sul modello dei grandi della beat generation, quei Kerouac, Ferlinghetti, Ginsberg e Corso, peraltro assidui frequentatori del nostro paese.

A livello musicale nacquero i grandi pionieri del beat: Rokes, Equipe 84, Nomadi, Corvi, Camaleonti e Giganti. Tutti complessi che, sebbene quasi del tutto derivativi, portarono avanti anni luce il discorso musicale, proponendo anche temi mai affrontati prima. A questi si abbinavano anche i primi grandi cantautori impegnati socialmente, su tutti Luigi Tenco e Fabrizio De André.

Il contemporaneo boom edilizio, con la spersonalizzazione dei quartieri e la perdita di abitudini sociali sedimentate, la crisi delle vocazioni religiose e le rivendicazioni sindacali sempre più dure e strutturate, portarono alla nascita di fenomeni unici. Tra questi le cosiddette messe beat – specie nel ’66 – la blanda affermazione del movimento psichedelico e la successiva fioritura dell’underground.

I dischi che nacquero da questo periodo di sconvolgimenti non furono tantissimi ma comunque seminali.

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Le Stelle di Mario Schifano

Il movimento psichedelico ebbe effettivamente poche possibilità di prosperare in Italia: troppo lontano il nostro paese dal centro culturale in California e troppo bigotto il substrato di una società ancora fortemente legata a un modello cattolico e conservatore. Solo un esponente internazionale della Pop Art, il pittore Mario Schifano, sulla scia dei Velvet Underground di Andy Wharol, diede vita alla fondamentale esperienza de Le Stelle di Mario Schifano nel ‘67.

L’estemporaneo gruppo diede vita all’album più psichedelico della musica italiana. Nel 1968 si imposero all’attenzione due future stelle del prog italiano: i New Trolls e Le Orme. I primi si misero in luce col seminale Senza Orario Senza Bandiera, primo vero concept album italiano, basato su poesie di Riccardo Mannerini musicate da Fabrizio De André; il lavoro è ben lontano dal vero prog, presentando atmosfere ancora affini a un beat spruzzato di ingenua psichedelia, tuttavia era diverso da qualsiasi altra cosa si fosse mai ascoltata in Italia.

Le Orme infilarono una serie di singoli di successo che già proponevano suoni e break ritmici anticipatori dei futuri fasti.

Prog italiano: alle radici del genere 2
Le Orme, Ad Gloriam

Una miriade di altre band minori cercava di farsi notare, ricordiamo Gli Astrali, il cui lavoro rimase purtroppo inedito fino agli anni ’90 e Chetro & Co., capaci di musicare alcuni componimenti di Pasolini con uno stile affine all’underground e perfino l’uso di strumenti di loro invenzione. Nello stesso anno si ricordano alcune altre uscite peculiari che, pur non avendo praticamente riscontro commerciale, contribuirono al salto in avanti del pop coevo.

La bizzarra proposta degli Jacula, In Cauda Semper Stat Venenum, sorta di sabba satanico cantato in latino che suona come una specie di heavy metal prima che esistesse; lo stupefacente Follia di Fabio Celi e gli Infermieri, viaggio psichiatrico con atmosfere che anticipano assolutamente il prog, tanto che alcuni lo datano più verosimilmente al 1973; l’esordio degli Stormy Six, gruppo tra i più impegnati politicamente e il curioso Happening di Guido Bolzoni.

Alla fine dell’anno, il 12 dicembre del 1969, il terribile attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, dà l’inizio al periodo delle stragi di Stato e della strategia della tensione.

Le atmosfere musicali si inaspriranno e il nascente prog italiano sarà spesso schierato politicamente, molto più che in tutti gli altri paesi.

Il 1970 è un florilegio di band che fanno a gara per innovare, favoriti anche da una rete editoriale che inizia a dare molto spazio alla musica diversa e al proliferare dei primi festival pop, sulla scia di Woodstock e Isola di Wight. I principali lavori dell’anno sono all’insegna del superamento del beat, non ancora in senso progressivo ma con un approccio hard blues nel caso di Blues Right Off e Gleemen, ma anche del Balletto Di Bronzo che però inserisce nel suo Sirio 2222 il concetto di suite rock. Più all’avanguardia The Trip, band italo inglese, Fourth Sensation e Circus 2000. Riusciti a metà i tentativi di Equipe 84 e Formula 3.

Ma il tempo del prog è quasi maturo e il 1971 sarà l’anno in cui usciranno i primi veri lavori ascrivibili al genere.

Andrea La Rovere
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